Adesso i perbenisti scoprono che l’Iran condanna a morte i gay

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Adesso i perbenisti scoprono che l’Iran condanna a morte i gay

Adesso i perbenisti scoprono che l’Iran condanna a morte i gay

07 Settembre 2022

Tra una dose di allarme fascismo e una fiala di cancel culture, ogni tanto arrivano dal mondo delle notizie che mettono in difficoltà il politicamente corretto. È di queste ore la notizia che un tribunale dell’Iran ha condannato a morte due attiviste gay: la loro identità è incompatibile con la teocrazia islamica.

I fatti

Zahra Sedighi Hamedani ed Elham Chubdar, rispettivamente di 31 e 24 anni, sono diventate improvvisamente due icone della lotta LGBT+.  Le attiviste sono state condannate dal tribunale della città nord-occidentale di Urmia. L’accusa specifica? “Diffusione della corruzione sulla terra”. In sintesi, hanno violato le leggi della sharia che vigono in Iran.

La sentenza è storica. È la prima volta che una donna viene condannata a morte in Iran per colpa del proprio del suo orientamento sessuale. Le ong che si stanno occupando del caso hanno colto l’occasione anche per ricordare la storia di Sedighi Hamedani, attivista arcobaleno arrestato 11 mesi fa con la stessa accusa.

Islam e omosessualità

In Europa c’è sempre preoccupazione, legittima e giusta, verso le discriminazioni che le persone LGBT+ subiscono, anche a causa di visioni religiose integraliste. Per qualche motivo, tuttavia, sono in pochi a parlare del difficile rapporto tra Islam e omosessualità. Ma che solo adesso si scopra qual è il rapporto tra la teocrazia iraniana e l’omosessualità, e ci si indigni dopo che da anni gli attivisti sono costretti a lasciare il proprio Paese e cercare asilo in Europa, fa riflettere sui problemi che il politicamente corretto crea al dibattito pubblico occidentale. Ovviamente non è questione di demonizzare l’Islam né di sostenere che ogni islamico sia omofobo, ma parlare di fatti e ricordare che i problemi di queste persone hanno anche origine dall’integralismo islamico.

In Arabia Saudita, Iran, Nigeria, Mauritania, Pakistan, Somalia, Yemen e Afghanistan, ovvero paesi a maggioranza islamica, essere gay significa meritare la pena di morte. In Qatar, Algeria e alle Maldive, l’omosessualità è punita con il carcere, pene pecuniarie o corporali. Anche la situazione in Turchia non è delle migliori. È di un paio di anni fa la notizia dell’incriminazione di Melike Balkan e Özgür Gür, attivisti colpevoli di aver organizzato un corteo nel Pride Month poi premiati dalla Roosevelt Foundation di Middelburg e dal Roosevelt Institute di New York.