All’Apocalisse mancano 90 secondi ma, di crisi in crisi, il mondo non finirà nemmeno stavolta
25 Gennaio 2023
Quanto manca alla fine del mondo? Secondo il Bollettino degli Scienziati atomici, il giorno dell’Apocalisse non è mai stato tanto vicino a noi. Al punto da aver spostato le lancette del simbolico orologio, che tiene il conto dei giorni e delle ore che mancano alla fine, a 90 secondi dalla distruzione. La mezzanotte che segnerebbe la fine dell’umanità è quindi a un passo.
Le lancette dell’orologio, che il Bollettino descrive come una “metafora di quanto l’umanità sia vicina all’auto-annientamento”, erano state a 100 secondi a gennaio 2020. Si trattava dell’alba dell’emergenza sanitaria globale. Oggi, però, l’orizzonte appare ancora più incerto che nel 2020. Ed ecco che la voce degli scienziati del Bollettino, che include tra gli altri 10 premi Nobel, prova a lanciare l’allarme.
L’accelerazione delle catastrofiche lancette è dovuta in gran parte all’invasione russa dell’Ucraina e all’aumento del rischio di escalation nucleare. “Le minacce sottilmente velate della Russia di usare armi nucleari ricordano al mondo che l’escalation del conflitto, per caso, intenzione o errore di calcolo, è un rischio terribile”, scrivono gli scienziati.
Apocalisse e crisi globali
Un simbolo della vulnerabilità globale di fronte a guerre, crisi economiche e sanitarie, minacce nucleari e, adesso, anche ambientali e climatiche. L’orologio dell’Apocalisse è nato su iniziativa degli scienziati che, nel 1945, avevano dato vita al Bollettino. Tra questi Albert Einstein e J. Robert Oppenheimer che avevano dato vita al Progetto Manhattan.
L’orologio aveva già in passato vissuto le sue improvvise accelerate: la crisi dei missili di Cuba, l’11 settembre e, più recentemente, la pandemia. Quindici anni fa venne calcolato che, se il movimento delle lancette fosse proseguito alla stessa velocità, la fine del mondo sarebbe arrivata nel 2157. Oggi invece il ritmo dice che non sopravviveremmo al 2030. Il mondo, che non è finito allora e, probabilmente non finirà nemmeno tra 7 anni, è invece passato da una crisi all’altra. Del resto cosa può esserci di più resiliente di un sistema in grado di sopravvivere a quella che Adam Tooze, in un saggio sul Financial Times, ha definito “l’epoca delle policrisi”?
In Ucraina nuova fase del conflitto
L’intensificarsi dell’allarme sul rischio della degenerazione nucleare del conflitto in Ucraina avviene del resto in concomitanza con la notizia che Kiev sta finalmente per ricevere i tank che il presidente Volodymyr Zelensky chiede da mesi. Germania e Stati Uniti si apprestano infatti a inviare i carri armati – Leopard 2 e Abrams – attesi per la nuova fase della guerra con la Russia. Dopo settimane di pressing e polemiche, Olaf Scholz ha detto sì. Con una decisione che segna uno spartiacque nella storia del paese e probabilmente del conflitto in corso, la Germania fornirà i tank all’Ucraina. Non solo: Berlino, che manderebbe almeno una compagnia di tank A6 Leopard 2 attualmente in dotazione alla Bundeswehr, consentirà anche ai paesi “clienti” di inviare i carri armati di fabbricazione tedesca a Kiev. La prevedibilmente rabbiosa reazione di Mosca che, per bocca del viceministro degli Esteri Ryabkov, parla di “schiacciare” tutte le armi e i mezzi militari che gli occidentali forniranno a Kiev.
Che si stia aprendo una nuova fase del conflitto è evidente, non solo per gli allarmi legati all’imminente Apocalisse. Secondo il capo di Stato Maggiore dell’esercito Usa, generale Mark Milley, “nel 2023 è difficile che l’Ucraina possa cacciare tutte le forze russe dal suo territorio. Non dico che sia impossibile ma credo realisticamente che quest’anno si potrà stabilizzare il fronte, si potranno montare operazioni tattiche per liberare al massimo territorio possibile”.