AsiaNews ci ricasca e punta la pistola su Stati Uniti e Israele

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AsiaNews ci ricasca e punta la pistola su Stati Uniti e Israele

AsiaNews ci ricasca e punta la pistola su Stati Uniti e Israele

17 Luglio 2010

Le due principali agenzie di stampa missionarie italiane, MISNA e AsiaNews, continuano a proporre irresponsabilmente versioni parziali della crisi mediorientale, mirando a incolparne Stati Uniti e Israele, complice l’Unione Europea.

MISNA da sempre offre ampio spazio a notizie e commenti che presentano Israele come uno stato spietato che, con il sostegno incondizionato degli Stati Uniti, infierisce sui palestinesi, inermi e indifesi, violandone i diritti fondamentali: e naturalmente, per MISNA, la barriera eretta da Israele per difendersi dagli attacchi kamikaze palestinesi è il “muro della vergogna”. Quanto ad AsiaNews, pur non ignorando le violenze del regime degli ayatollah, l’agenzia ospita ed evidenzia commenti in cui si mette in dubbio che l’Iran stia procedendo all’arricchimento dell’uranio per dotarsi di armi atomiche. Il 22 giugno, ad esempio, ha pubblicato un’analisi di Maurizio d’Orlando sulla situazione mediorientale, intitolato Aumenta la pressione militare americana nel Golfo Persico, in cui, come già in un precedente articolo alcune settimane prima, l’autore si dice convinto che la crisi internazionale di cui l’Iran è protagonista – crisi a suo avviso suscettibile di degenerare in conflitto armato tra fine luglio e inizio agosto – è in realtà un espediente per la creazione di un consenso interno di cui, per ragioni diverse, l’Iran e soprattutto gli Stati Uniti hanno bisogno.

“Montare una minaccia esterna, un conflitto per coagulare il fronte interno – scrive d’Orlando – è una tecnica antica e ben collaudata”. Sul fronte iraniano c’è la necessità di contenere lo scontento delle nuove generazioni, nate dopo la rivoluzione khomeinista del 1979, riattizzando l’odio nei confronti degli USA. Washington da parte sua, con il pretesto di un pericolo esterno, cerca di mantenere il controllo politico e di preservare la tradizionale struttura bipartitica del proprio sistema di potere minacciato da una situazione economica disastrosa a causa di un debito pubblico e privato astronomici. Ecco quindi che Teheran alza la voce e i toni e che gli Stati Uniti concentrano nel Golfo Persico una forza militare aerea e navale smisurata (altre 12 navi da guerra, inclusa la portaerei Harry Truman, hanno attraversato il canale di Suez e sono andate ad aggiungersi alle squadre navali già presenti nel Golfo Persico) alla quale Israele ha contribuito con una corvetta e tre sottomarini muniti di missili a testata nucleare: “Si completa così – scrive ancora d’Orlando – un dispositivo pronto al bombardamento dei siti in cui gli iraniani, secondo gli USA e Israele, starebbero per approntare la propria bomba nucleare”.

Va sottolineato l’uso del condizionale e il fatto di attribuire soltanto a Stati Uniti e Israele la convinzione di un pericolo incombente: invece, secondo d’Orlando, l’Iran garantisce l’impiego civile dei propri impianti nucleari, da anni permette agli ispettori dell’Aiea (l’Agenzia internazionale ONU per l’energia atomica) di visitare le proprie installazioni e verificare che non vi siano impianti a uso militare e comunque tutt’al più si appresterebbe a costruire “alcuni, pochi, ordigni nucleari” a fronte delle quantità possedute da altri paesi.

In realtà USA e Israele, come è noto, non sono affatto gli unici a non fidarsi delle dichiarazioni iraniane. Ad esempio, dopo aver espresso a fine giugno preoccupazione sull’effettiva capacità del regime iraniano di costruire bombe atomiche, il 15 luglio il presidente russo Dimitrij Medvedev, nel corso di un incontro con il cancelliere tedesco Angela Merkel, ha affermato che la Russia è in possesso di informazioni dalle quali risulta evidente che l’Iran continua a sviluppare il suo programma nucleare. Che anche Mosca si allinei all’allarmismo americano preparandosi a montare una molto opportuna minaccia esterna? Al di là delle battute, in questo momento minimizzare il pericolo iraniano e contribuire a formare in Italia un’opinione pubblica convinta che siano Stati Uniti e Israele i colpevoli dell’attuale crisi internazionale, che in effetti rischia di portare a uno scontro militare, è, come si diceva in apertura, una scelta decisamente irresponsabile.