Buon 2025 ai giovani italiani
31 Dicembre 2024
Considerando che siamo nell’anno del Giubileo della speranza e che tanti giovani arriveranno da tutto il mondo per celebrarlo, c’è da augurarsi che qualcosa cambi nel 2025 anche per i giovani italiani. Gli under 30, per intenderci. Perché dopo i trenta “giovane” non lo sei più, perlomeno anagraficamente.
La condizione giovanile in Italia come sappiamo non è delle migliori, tra inverno demografico, scarsa incidenza nella popolazione giovanile attiva in età da lavoro, contratti a termine e part-time soprattutto per le donne, salari bassi. Un insieme di ragioni economiche e sociali che spingono molti a lasciare il Paese in cerca di opportunità. Cosa che non sarebbe un male se qualcuno tornasse o se riuscissimo ad attrarre altri giovani stranieri con alte competenze.
Il calo delle nascite e le sue conseguenze
Il combinato disposto tra demografia e lavoro, in particolare, preoccupa se guardiano al futuro. Il recente Rapporto Cnel Demografia e Forza Lavoro descrive con chiarezza il declino di un Paese che, nonostante un record storico di 24 milioni di occupati, ha visto diminuire di oltre due milioni il numero di lavoratori under 34 negli ultimi vent’anni. Questo fenomeno si inserisce in un quadro segnato da una denatalità cronica: il tasso di fecondità è ben al di sotto dell’1,5 figli per donna e la situazione non sembra destinata a cambiare.
Sin dagli anni Novanta, in Italia il numero di anziani ha superato quello dei bambini. Oggi, la popolazione over 65 non solo supera quella degli under 15, ma è maggiore persino rispetto agli under 25. Secondo le previsioni, entro pochi anni gli anziani saranno più numerosi di tutta la popolazione under 35, con evidenti conseguenze sulla tenuta del sistema previdenziale e di welfare.
Questo squilibrio generazionale non è solo un dato statistico ma alimenta un circolo vizioso in cui precarietà lavorativa e denatalità si tengono. A questo va aggiunto un grumo di ragioni ideali, culturali, antropologiche, per cui si può dire che non solo in Italia stia cambiando l’atteggiamento giovanile rispetto a famiglia, figli, lavoro.
Il mondo accademico è lo specchio dei problemi giovanili
La situazione dei giovani nel mondo accademico è un buon esempio per capire come si intrecciano questi fenomeni. In un momento storico di enorme trasformazione tecnologica, che presuppone un salto in avanti nella ricerca e nella innovazione, la mancanza di opportunità e di incentivi adeguati contribuisce alla cosiddetta “fuga dei cervelli” dalle nostre università.
La carriera accademica in Italia è poco attrattiva: stipendi bassi, percorsi di carriera lenti e appesantiti da una burocrazia eccessiva scoraggiano molti giovani talenti, spingendoli verso professioni alternative o verso l’estero. Paesi come il Regno Unito o la Germania offrono condizioni nettamente migliori, sia in termini di remunerazione che di percorsi di carriera. Nel Regno Unito, ad esempio, i ricercatori godono di stipendi elevati, percorsi di carriera rapidi e meritocratici e un forte sostegno alla ricerca. In Germania, sebbene l’ingresso nel sistema accademico sia più lento, i ricercatori beneficiano di posizioni permanenti, stipendi competitivi e un discreto prestigio.
L’Italia esporta giovani cervelli
La mancanza di componenti variabili nella remunerazione, come premi di produttività e indennità legate alle condizioni familiari o geografiche, rappresenta una delle maggiori carenze del sistema italiano. Questo fattore, unito alla rigidità burocratica e alla scarsità di investimenti in ricerca e sviluppo, spinge i migliori ad abbandonare il Paese. L’Italia insomma è diventata un esportatore di manodopera intellettuale.
Buoni propositi per l’anno venturo
Qualche buon proposito per l’anno che verrà. Questo governo sta facendo delle cose buone sulla natalità , un capitolo di spesa che anche quest’anno ha “tenuto” nel generale clima di vacche magre imputabile alle ragioni di bilancio. Si può fare di più coinvolgendo il mondo delle imprese, visto che lo Stato, da solo, non ce la fa, in particolare sul fronte del welfare aziendale. I giovani che mettono al mondo figli vanno sostenuti non solo finanziariamente ma offrendo loro più servizi.
In secondo luogo, gli under 30 dovrebbero impegnarsi di più politicamente e nella società per colmare lo svantaggio competitivo che hanno a livello di rappresentanza, nelle istituzioni, nelle parti sociali e nelle associazioni di categoria. Negli ultimi anni in politica qualcosa si è mosso ma troppo poco. I giovani devono difendere di più i propri interessi e gli adulti dovrebbero smetterla di rinchiuderli nelle riserve indiane dei partiti.
La sfida della trasformazione digitale e ambientale
Le famiglie che ancora possono permettersi di finanziare la formazione dei figli, insieme a tutto il sistema della istruzione, debbono capire che di fronte a una doppia transizione tecnologica e ambientale epocale o si daranno da fare per scegliere percorsi di studi orientati alla innovazione, alla IA, alla sostenibilità, oppure le aziende non troveranno i lavoratori che cercano (mezzo milione all’anno quelli stimati), e l’Italia perderà il treno della modernizzazione. Le questione delle competenze tecnologiche e complementari oggi è importante almeno quanto l’inglese e conoscere le lingue.
Auguri agli under 30, sperando che l’anno a venire vada in questa direzione.