Cambiamo l’Italia con il Pnrr per far tornare grande l’Europa
05 Agosto 2022
Il Pnrr fino ad ora è rimasto sullo sfondo della campagna elettorale. Eppure il Piano nazionale di ripresa e resilienza è strategico per due ragioni. La prima legata al futuro della nostra economia. La seconda al processo di integrazione europeo, alla tenuta dell’Europa stessa. Andiamo con ordine.
Per l’Italia il Pnrr è una sorta di secondo Piano Marshall. Il piano che permise di ricostruire il nostro Paese distrutto dalla Seconda Guerra mondiale. Si tratta di uno strumento unico che sarebbe folle sprecare. Il Pnrr vale il due per cento del nostro Prodotto interno lordo all’anno, per cinque anni. Una montagna di soldi. Per il Nord Italia è l’occasione di connettersi fino in fondo alle grandi reti più evolute ed economicamente avanzate dell’Europa centro-occidentale. Grazie a queste risorse, gli imprenditori delle regioni che crescono di più e sono più produttive, come Lombardia e Veneto, potranno sprigionare tutto il loro dinamismo.
Il Pnrr per colmare il gap Nord Sud
Per il Mezzogiorno, la sfida del Pnrr è ancora più importante. Praticamente dall’Unità d’Italia a oggi sentiamo ripetere che bisogna colmare il divario economico tra il Nord e il Sud dell’Italia. Un divario che purtroppo continua ad allargarsi. Il Meridione ha un terzo della popolazione italiana ma produce solo un quarto del Pil. E’ una terra prigioniera di quella che è stata definita la ‘lentocrazia’.
Un insieme di burocrazia eccessiva, lentezza nelle decisioni e nei processi autorizzativi. Politica disfunzionale, inefficienza amministrativa, interventismo giudiziario, spesso sull’onda di una malintesa idea di ambientalismo che blocca tutto. Il Sud soffre anche di altri mali storici. C’è il ritardo strutturale di una parte del suo sistema imprenditoriale. Ci sono scarse infrastrutture e non si fanno quelle opere fondamentali per integrarsi con il Nord, l’Europa e il bacino del Mediterraneo. C’è il peso enorme della criminalità organizzata.
Tutti questi fattori mettono a rischio la realizzazione del Piano Nazionale di ripresa e resilienza nel Sud. I progetti vanno chiusi entro il 2023. Le risorse economiche prestate o concesse gratuitamente dall’Europa vanno spese entro il 2026. Ma le regioni del Mezzogiorno troppo spesso sono incapaci di sfruttare i fondi europei. Quest’anno una relazione della Corte dei Conti ha mostrato che la Regione Sicilia è riuscita a utilizzare solo un terzo dei 757 milioni di euro previsti dai Fondi Fesr.
Il centrodestra e il Ponte sullo Stretto
Insomma, solo se il Sud riuscirà a ottimizzare gli investimenti previsti dal Pnrr potrà ridurre il divario storico con il Nord e mettere il turbo all’economia italiana. In questo senso, bene ha fatto il Centrodestra a rimettere nel suo programma di Governo il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina (insieme all’Alta velocità). Se non ora che abbiamo il Pnrr, quando?
Sono anni che si fanno studi di fattibilità per il Ponte sullo Stretto. Abbiamo consumato tonnellate di carte sulla sismicità dell’area, sui vantaggi e gli svantaggi economici, come se non fosse chiaro l’impatto economico che avrebbe unire la Sicilia al resto dell’Italia e dunque ai corridoi europei ed extraeuropei.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha anche altri scopi necessari a creare una Italia più moderna. Sono le riforme che l’Europa continua a chiederci in cambio dei soldi che sono arrivati e che arriveranno. Il nuovo governo dopo il 25 Settembre dovrà metter mano a una vera sburocratizzazione e semplificazione delle norme perché il livello che ha raggiunto la burocrazia in Italia è mostruoso, insopportabile per chi fa impresa.
Ci giochiamo il futuro dell’Italia
Bisognerà completare la riforma della Pubblica amministrazione e continuare a investire nel digitale per renderla meno costosa e più efficiente. Dovremo rendere meno complesso il nostro sistema giudiziario perché è una delle ragioni principali per cui gli investitori internazionali scappano dall’Italia o non vengono a investire. Insomma, considerando tutto quello che abbiamo detto fino adesso sul Piano di ripresa e resilienza anche il più abile propagandista politico ci penserebbe due volte a usarlo demagogicamente in campagna elettorale. Il rischio che qualcosa vada storto è grande. Se dovessimo fallire sul Pnrr non ci giocheremo solo il futuro dell’Italia.
Il “Recovery Plan” europeo rappresenta probabilmente il più ambizioso programma di intervento economico in Europa nel Ventunesimo secolo. 800 miliardi di euro per superare la pandemia e affrontare la transizione ecologica e digitale creando un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Bloomberg ha scritto che in gioco c’è la possibilità per l’Europa di conservare un ruolo di protagonista tra le grandi economie globali insieme agli Usa e alla Cina.
Il nostro Paese non può fallire
Ebbene, l’Italia sta incassando la parte più consistente del Recovery. Circa un quarto del totale di questo fiume di denaro. Perché sta avvenendo? Perché siamo la terza economia europea ma anche l’anello debole della catena. Siamo uno dei Paesi fondatori dell’Europa ma anche uno dei più instabili politicamente. Il più indebitato. Quello che finisce puntualmente sotto la lente di ingrandimento della Banca centrale europea. Soprattutto, siamo il Paese europeo che negli ultimi decenni è cresciuto meno rispetto agli altri.
La Grecia poteva essere salvata, nonostante la ‘cura lacrime e sangue’ sia costata tanto al popolo greco. Se salta l’Italia, il rischio che si rompa anche l’unità economica del continente – l’Euro – è molto elevato. Ecco perché il Pnrr è così importante.
Può generare crescita, lavoro, investimenti, può innescare quel processo riformatore per modernizzare il Paese. Se ci riusciremo non avremo solo fatto un favore ai nostri figli ma alle nuove generazioni in tutta Europa. Dimostrando che, uno, piani come il Recovery possono rafforzare il processo di integrazione europeo. Due, colmare l’altro gap, quello tra l’Europa più ricca e forte e le aree meno prospere del Continente.
Facciamo tornare grande l’Europa
Dopo il 25 Settembre le forze politiche dovranno mostrare di avere senso di responsabilità e grande coesione. Prima avremo un Governo in grado di proseguire sulla strada tracciata da Draghi realizzando il Piano di ripresa e resilienza, più cresceremo. Più cresceremo, più l’enorme debito pubblico che abbiamo sarà sostenibile. Più il debito sarà sostenibile, più guadagneremo la fiducia dei mercati e degli investitori internazionali.
“L’Italia ha la responsabilità di mostrare i vantaggi che possono venire dall’utilizzo delle risorse europee per tutti i paesi membri dell’Unione Europea”, ha detto il presidente Visco nelle sue considerazioni finali all’ultima relazione annuale della Banca d’Italia. Cambiamo il nostro Paese con il Pnrr per far tornare grande l’Europa.