Caro Don Sciortino, alla coscienza del Cav. ci pensa Dio non Scalfari
24 Giugno 2009
di Carlo Meroni
Era già successo a fine maggio, in pieno “caso Noemi”. Una bella bacchettata sulle nocche dell’allievo discolo Silvio Berlusconi da parte sua, irreprensibile maestro Don Sciortino. Dalla tribuna di “Famiglia Cristiana” (ormai non sarebbe opportuno ribattezzarla “Famiglia Democratica”?) rampognava Silvio-Franti affinché facesse chiarezza: “Non si può sottrarre alla legittima richiesta che viene dai media, perché non esiste per nessuno l’immunità morale. Non si può rappresentare il popolo col velinismo; sono i cittadini, gli elettori a chiedere chiarezza e il premier non si può esimere dall’essere chiaro e trasparente. Vi sono incongruenze e contraddizioni che vanno chiarite tra quanto il premier ha affermato in diverse occasioni e quanto, invece, si sta appurando. Ad una decina di giorni dalle elezioni europee, di Europa non si parla affatto. Siamo prigionieri delle veline”.
Caro don Sciortino, mi pare che già allora inanellò una serie di topiche sesquipedali: innanzitutto la “legittima richiesta” non veniva dall’intero mondo dei media o dall’intero corpo dei cittadini, come sembrava Lei volesse far intendere (a me, per esempio, di quello che succede nel letto di Berlusconi mi importa assai poco), ma solo da un ben preciso quotidiano notoriamente avverso al premier e dal suo stuolo di lettori antiberlusconiani “a prescindere”.
In merito a “quanto si sta appurando”, vorremmo capire cosa intendesse, visto che tutto il caso di “papi” e la relativa montagna di accuse e calunnie varie sono poi svanite nel nulla come una bolla di sapone.
Ed “a una decina di giorni dalle europee”, se il Suo intento era più che altro quello di sputtanare per bene l’avversario politico, alla luce dei risultati elettorali direi che è stata una mossa controproducente, visto il 35% di italiani che hanno votato PdL. Sono certo che a Lei ed alla Sua vocazione nuocerebbe assai il restare “prigioniero di una velina” per qualche ora, però non tutti possono pensarla come Lei, conviene?
Non pago, lei ci riprova in questi giorni. Mette in stampa un altro bell’editoriale al pepe, cimentandosi nuovamente nel Suo sport preferito: il tiro al Berlusconi.
“L’autorità’ senza esemplarità di comportamenti non ha alcuna autorevolezza e forza morale. E’pura ipocrisia o convenienza di interessi privati. Chi esercita il potere, anche con un ampio consenso di popolo, non può pretendere una zona franca dall’etica. Né pensare di barattare la morale con promesse di leggi favorevoli alla Chiesa: è il classico «piatto di lenticchie , da respingere al mittente. (…) Chi ha l’onore e l’onere di servire il Paese (senza servirsene), per di più con una larga maggioranza, quale mai si era vista nella storia della Repubblica, è doveroso che si dedichi a questo importante compito senza distrazioni, che un capo di Governo non può permettersi. L’alta responsabilità comporta restrizioni di movimenti e comportamenti adeguati alla carica, per servire a tempo pieno il Paese e dedicarsi totalmente al bene comune dei cittadini. (…) I cristiani (come dimostrano le lettere dei nostri lettori) sono frastornati e amareggiati da questo clima di decadimento morale dell’Italia, e attendono dalla Chiesa una valutazione etica meno disincantata. Non si può far finta che non stia succedendo nulla, o ignorare il disagio di fasce sempre più ampie della popolazione, e dei cristiani in particolare. Il problema dell’esempio personale e’ inscindibile per chiunque accetta una carica pubblica”.
Caro Don Sciortino, le rispondo sinceramente da uomo, cristiano e peccatore affidato dalla nascita alla Divina Misericordia, unica mia speranza di salvezza.
Posso essere d’accordo con Lei che un buon esempio personale sia assai cogente con l’assunzione di una pubblica carica, ma Lei fa un po’ di confusione quando relaziona le alte responsabilità con quel fondamentale “bene comune” di cui hanno parlato nelle loro encicliche sia Giovanni XXIII (Pacem in terris) sia Giovanni Paolo II (Centesimus annus) e perfino la costituzione pastorale postconciliare “Gaudium et spes”.
Cosa viene prima, l’agire del singolo o il bene comune? Meglio un capo del governo come Berlusconi, di cui io per primo posso disapprovare la condotta morale, ma che si oppone (ad esempio) a leggi sull’eutanasia o sulle unioni omosessuali, o meglio un sobrio e fedele marito che mi legalizza su due piedi le suddette norme?
Capisco però la sua confusione di uomo di Chiesa: nonostante la mia giovane età, ricordo bene che la legge sull’aborto venne firmata da un presidente del consiglio che, più avanti, confessò di “ricevere l’Eucaristia da anni tutti i giorni”. Forse il 18 maggio 1978 era arrivato in chiesa a Messa ormai finita.
I cristiani sono frastornati ed amareggiati da questo clima? No, mi creda. I cristiani hanno ben presente in che mondo vivono, e pur non seguendone le linee guida, devono imparare a conviverci. Inutile fare finta di stare sulla luna se si è sulla terra. Siamo nel mondo, ma non del mondo, non se lo ricorda? Giovanni 15, 19, vada pure a controllare, se crede. E c’è scritto anche che quaggiù le cose non sono mai andate e non andranno mai proprio esattamente come vorremmo noi cristiani. Quindi, da parte mia, più che essere amareggiato, cerco di essere (sempre evangelicamente) pacifico come una colomba e furbo come un serpente. Se Berlusconi mi dà quel che chiedo per l’avvenire dei miei figli, viva Berlusconi.
I cristiani, per dirla con le parole dell’attuale Pontefice ( e Suo diretto superiore), hanno la fortuna di saper coniugare fede e ragione, in un perfetto mix sapienziale. Non ci sfugge, ad esempio, che tutta l’orda progressista che ora si indigna per le puttane berlusconiane è la stessa che da anni sventola le bandiere del sesso libero, dei preservativi ovunque, delle pillole abortive a colazione, dell’educazione sessuale alle elementari, del divorzio breve, dell’emancipazione della sessualità, del celibato dei sacerdoti, della castità come inutile costume residuato dei secoli scorsi.
E ora Lei, sacerdote che bene dovrebbe conoscere in che mondo ci avete portato dal ’68 in poi, scende dalle nuvole e mi parla di “comportamenti adeguati, e di “zone franche dell’etica”? Chi semina vento…
Se noi cattolici dobbiamo proprio essere sconcertati per qualcosa, allora lo saremo per l’incredibile faccia tosta di questa gente, che prima inneggia al vitello d’oro e poi, appena ne trova uno lo vuole ammazzare perché mette in atto tutto quello che loro predicano da anni, ma dalla parte sbagliata della barricata.
Per Noemi, Patrizia, Veronica e compagnia bella, il premier non deve vedersela certo né con me né con Lei o chi altri. Al massimo con la sua coscienza. Se come molti credono, non possiede ormai più nemmeno quella, allora stia certo che non potrà mancare all’appuntamento col Padreterno. Lui, si dice, per ognuno di noi tirerà delle somme e stilerà dei giudizi assai più equilibrati e consoni rispetto a quelli di Travaglio o Scalfari. Quindi, se a Lei fa tanto piacere, nemmeno Berlusconi potrà esentarsi da tale passo. Ma lasciamo fare a Dio quel che è di Dio, per carità!
Lei poi sollecita la Chiesa ad una “valutazione meno disincantata”. Ma valutazione di che? Del comportamento personale del singolo amministratore della cosa pubblica? Beh, allora la regola vale per tutti, mica solo per Berlusconi: prendendo in esame l’intera classe politica nostrana, credo non basterebbe tutta la biblioteca vaticana per contenere tutte le segnalazioni e le scorrettezze messe in atto da questo o da quell’altro ministro, presidente, sindaco e così via. Se invece la “valutazione” che Lei chiede è politica, sappia che siamo ancora più lontani dall’obiettivo. La storia ha ampiamente dimostrato che la Chiesa ha sempre da guadagnarci quando sta a debita distanza dalla politica spiccia e di bassa lega, mentre ritiene lecito intervenire allorché si rischi di legiferare secondo delle logiche contrarie ai principi cardine che costituiscono il suo magistero.
Concludo col Suo esempio dei figli di Isacco e Rebecca: Esaù il primogenito e Giacobbe. L’episodio del libro della Genesi, cap. 25, è famosissimo: Esaù torna dalla campagna stremato e vede il fratello che si sta godendo una bella zuppa di lenticchie. La vuole, ma Giacobbe chiede in cambio la primogenitura. Esaù, sfinito, accetta disprezzando il dono della primogenitura.
Non mi è chiara però la connessione con gli odierni fatti, ed il senso della Sua citazione: chi sarebbe Esaù? Alcune interpretazioni del Talmud suggeriscono che Esaù, gran cacciatore, quel giorno era sfinito in quanto tornava dalla campagna non solo per una caccia particolarmente faticosa, ma anche per alcune prodezze amatorie. Un perfetto ruolo per Berlusconi! O forse il presidente del consiglio personifica meglio lo scaltro Giacobbe pronto ad approfittare del fratello e guadagnarsi facilmente la primogenitura? E il “piatto di lenticchie”? Nel racconto biblico si disapprova severamente Esaù, perché per un po’ di misera zuppa, disprezza un’investitura di grande importanza come la primogenitura. Qui il “piatto” è un po’ più succulento, se stiamo parlando di “leggi favorevoli alla morale della Chiesa”, non trova?
Una Chiesa “Mater et Magistra”, della quale anche Lei sono certo faccia parte con grande orgoglio e somma gratitudine, visto che nonostante tutto Le viene concesso di restare a svolgere comodamente il Suo ministero nella grande parrocchia antiberlusconiana d’Italia, e senza prendere nemmeno una bacchettata sulle nocche come quelle che Lei tanto ama distribuire agli avversari politici.