Caro Economist, altro che Britaly. Roma ha fatto i compiti meglio di Londra
21 Ottobre 2022
Liz Truss si è dimessa: dopo soli 45 giorni vissuti pericolosamente, la premier britannica prepara le valigie per lasciare per sempre Downing Street. Una notizia già di suo sconcertante, che getta un’ombra sulla qualità della classe dirigente britannica emersa dalla Brexit in poi. Se non fosse che c’è chi si era spinto più in là, aggiungendo un po’ di pepe a una parabola politica che non fa onore alla maturità del sistema politico Uk.
L’Economist, infatti, poche ore prima della conferenza stampa in cui la Truss annunciava la sua uscita di scena, annusando l’imminente ko della premier conservatrice, usciva con l’ormai famigerata copertina “Britaly”. Una commistione tra le parole “Britain” e “Italy”, accompagnata da un’illustrazione in cui la Truss brandisce comicamente spaghetti e pizza a mo’ di armi, per suggerire che la cara, vecchia Albione si sta ormai italianizzando, con le continue crisi di governo e i colpi di mano decisi dal palazzo.
L’infelice paragone, a tutto danno dell’Italia, non ha mancato di suscitare polemiche e dure risposte istituzionali. Tra queste, quella dell’ambasciatore italiano a Londra, Inigo Lambertini. Il nostro rappresentante diplomatico ha parlato di vecchi stereotipi da rispedire al mittente. “Sebbene spaghetti e pizza siano il cibo più ricercato al mondo – ha scritto Lambertini rivolgendosi al direttore dell’Economist – , per la prossima copertina vi consigliamo di scegliere” tra “i nostri settori aerospaziale, biotecnologico, automobilistico o farmaceutico. Qualunque sarà la scelta, punterà un riflettore più accurato sull’Italia, anche tenendo conto della vostra non tanto segreta ammirazione per il nostro modello economico”. Una staffilata che ha suscitato l’approvazione di Giorgia Meloni, premier in pectore, che ha ritwittato il messaggio di Lambertini.
Le critiche al tono e al contenuto della copertina dell’Economist però non arrivano solo da casa nostra. L’irritazione e lo sdegno per quanto avvenuto in Inghilterra dall’uscita di scena di Boris Johnson a oggi, e la scarsa capacità di autocritica di Londra, hanno portato nientemeno che il Financial Times a prendere le difese dell’Italia irrisa dall’Economist.
“Usando vecchi stereotipi – si legge sul quotidiano politico – finanziario – si accomuna l’instabilità politica del Regno Unito a quella in Italia, potrebbe essere quasi un auspicio per Londra”. Secondo Ft, infatti, da tempo Regno Unito e Italia sono Paesi che vengono messi sullo stesso piano per il rendimento dei loro titoli obbligazionari. La dissolutezza fiscale, però secondo il quotidiano britannico, è stata una realtà che ha contrassegnato molto più il Regno Unito che non l’Italia negli ultimi vent’anni. I titoli di Stato britannici sono crollati dopo gli annunci fiscali del mese scorso, agitando i mercati, e questo mentre in Italia il nuovo governo che si appresta a ottenere l’incarico non sarà costretto a pagare gli interessi sul debito, una consuetudine che proseguiva da almeno due decenni. L’esatto opposto della situazione del Regno Unito. Senza il pagamento degli interessi sul debito pubblico, l’Italia ha registrato un avanzo di bilancio simile a quello della Germania e mostrato una frugalità maggiore non solo di quella vista a Londra ma anche della media dei paesi industrializzati. Insomma, l’Italia è messa meglio perché fa avanzo primario, mentre gli inglesi incrementano disavanzo corrente e debito.
C’è ben poco da ridere, quindi, a Londra. Se c’è qualcuno contro cui puntare il dito per aver dato un pessimo esempio nella gestione delle finanze e delle dinamiche politiche in frangenti delicati, è proprio la classe dirigente del Regno Unito.