Caro Paolo, il mondo globalizzato di Google sminuisce l’informazione

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Caro Paolo, il mondo globalizzato di Google sminuisce l’informazione

Caro Paolo,

visto che in pratica riguarda anche noi e la nostra infante rubrica, mi sono letto avidamente l’articolo apparso proprio su L’Occidentale di Maurizio Stefanini, “In America i grandi giornali tramontano sotto la spinta di Internet”. Tratta della crisi dell’editoria, non tanto dal punto di vista delle ingerenze statali e limitazioni della loro indipendenza, ma per il crollo vero e proprio delle vendite a causa dell’avvento di Internet. 

Fra i vari consigli proposti per la risoluzione del problema, alla fine dell’articolo ne annovera una che, da ultima, scorre via quasi senza rilievo. Propone di arrivare a un accordo con Google per farsi pagare i contenuti che il motore di ricerca mette in circolazione. In pratica, ogni citazione o link dovrebbe avere il suo proprio copyright.

Questa idea mi ha colpito non tanto nella circoscrizione dell’articolo ma perché rivela una necessità molto più generale:  la globalizzazione di ciò che si può trovare in internet – e quindi anche dell’informazione e dei relativi divulgatori di notizie –, infatti, da una parte ne amplifica la cassa di risonanza ma dall’altra ne provoca un livellamento.

Mi spiego. Mettere tutto su Internet per me è una “prostituzione”, una svalutazione vera e propria del lavoro e dell’ingegno che sta dietro a ciò che troviamo, sia dal punto di vista più profondo che quello più economico della questione. E’ come esporre un prodotto più o meno buono fra le numerosissime offerte di un mercato abnorme al quale oramai “devi” sottostare. Quindi il valore dell’informazione in sé e quello di chi la rielabora e la interpreta viene sminuito di fronte alla “fredda” analisi – meramente linguistica – del motore di ricerca, in questo caso Google.

Magari stiamo cercando informazioni su una legge o su un fatto in particolare. Ebbene, una volta digitate la parole chiave otterremo dati e pareri più o meno degne di nota che, il più delle volte, non ci diranno niente del loro autore. Agli occhi del lettore, infatti, gli autori ci appaiono tutti uguali.

La pubblicazione di un articolo cartaceo fra le pagine di un settimanale o di un quotidiano autorevole o una rivista di gossip, era già un biglietto da visita immediato del percorso che c’era dietro alla notizia e di chi l’ha commentato. Anche l’autorevolezza e il peso che poteva meritare un pezzo veniva dettato dal nome del giornale. Nel bene e nel male, in Internet invece non c’è alcun tipo di “verticalità”.

Proprio per questo credo che la situazione debba essere regolata. Secondo me si tratta dello stesso problema del download della musica e dei programmi da “emule”. Anche l’informazione è un prodotto e, in quanto tale, dovrebbe  essere “venduto” e tutelato. Sia per il valore in se stesso, che altrimenti andrebbe sminuito, sia per il riscontro economico. E il copyright mi sembra il minimo che si può fare dato che il rischio è che col tempo tutte queste attività “digitalizzabili” andranno scomparendo sempre di più.