Castellani (Luiss): “Italia difenda riforma Gentiloni su Patto Stabilità, ma occhio ai conti pubblici”
16 Novembre 2022
“La proposta Gentiloni – Dombrovskis di riforma del Patto di stabilità punta a semplificare e rafforzare la condivisione degli obiettivi sui bilanci pubblici. Ma si spinge molto in avanti e dubito che, nel lungo iter di approvazione, rimanga con queste caratteristiche”. La pensa così Lorenzo Castellani, docente di Storia delle istituzioni politiche della Luiss, interpellato dall’Occidentale sulle recenti proposte di modifica del Patto di stabilità presentate dalla Commissione europea.
“La riforma – spiega Castellani – per certi aspetti punta a creare delle regole su misura dei vari paesi. La mia impressione è che la Commissione punti a presentare in prima istanza una serie di modifiche radicali. Su queste però si dovrà poi trattare con i diversi paesi per arrivare a una sorta di via di mezzo. Il documento finale non resterà così, ma quasi certamente saranno fatti dei piccoli o grandi passi indietro, per entrare in un territorio più vicino al vecchio Patto”.
Forti i dubbi sulle possibili resistenze dei Paesi del Nord, a partire da Germania e Olanda, da sempre favorevoli ad approcci più austeri e rigorosi. E’ anche vero, però, spiega Castellani, che “non si può rimanere ancorati al Patto di Stabilità del 2012. Quei parametri, come quelli del Patto di Maastricht, oggi sono difficilmente rispettabili dagli Stati membri, fatta eccezione per la sola Germania”.
“La stessa Francia – continua – ha un rapporto debito pubblico/pil superiore al 115%, per non parlare di Italia, Grecia e altre realtà. La soluzione andrà quindi verso uno strumento a metà tra il vecchio patto fiscale, per dare garanzie alla cintura del Nord, e un percorso di maggiore respiro e nuovi paradigmi economici nei confronti degli altri paesi”.
Ancora una volta si parla di necessità di riforme strutturali ma, secondo Castellani, “sono vent’anni che si lega il dibattito relativo alle politiche fiscali Ue alla necessità che gli Stati membri realizzino riforme strutturali. A volte questo richiamo appare come un paravento. Lo stesso Recovery plan è sottoposto alla logica delle riforme strutturali. Ma non si capisce quali obiettivi e fisionomia debbano avere”.
Gli aspetti innovativi di questa prima ipotesi di riforma risiedono “nella possibilità di avere commisurazioni maggiormente legate alle diverse situazioni nazionali – sottolinea Castellani – . Parliamo di 17 Stati estremamente eterogenei per economia, demografia, debito”.
Una riforma del Patto di stabilità che ne adegui strumenti e funzioni al contesto, profondamente modificato, in cui devono operare i diversi paesi, farà bene anche all’Italia?
“Al nostro Paese – sottolinea Castellani – conviene difendere la proposta Gentiloni a tutti i costi e in tutte le sedi. Con la consapevolezza, però, del lungo iter e della difficile mediazione che ci attende. L’Italia deve sedersi dal lato di chi propone una politica economica più integrata, perché i cambiamenti di scenario, pensiamo alla pandemia e alla guerra, richiedono più flessibilità e pragmatismo”.
L’Italia deve però fare i conti anche con il suo debito pubblico, il che richiede, secondo Castellani, “un approccio comunque prudente. Da questo punto di vista, non abbiamo una grande sovranità economico-finanziaria. Se vogliamo migliorare lo scenario, non bisogna perdere il controllo. Non possiamo andare avanti solo spendendo soldi dello stato”.