C’è orgoglio e orgoglio

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C’è orgoglio e orgoglio

15 Giugno 2007

C’era da aspettarselo! Oramai l’orgoglio per qualcosa non ha più freni e meno ne avrà in futuro. Tutto per un discutibile esempio che è stato dato anche con il contributo della politica e del mondo della cultura. Si ritiene, a ragione, che le manifestazioni di provocazione siano le spinte più dirompenti al dilagare dei tentativi di legittimazione dei fenomeni più disparati: alcuni, come nel caso in questione, di orrido spessore. Se si vuole provocare il sorgere di una fazione non c’è che da ostentarne l’appartenenza ad un’altra: diventa un richiamo per coloro che desiderano legittimare condizioni e persino vizi e devianze. Non si è invece diversi, come individui, solo se si hanno gusti diversi. Si offre l’immagine della diversità al contrario se si volesse, rendere evidente la condizione diversa e su quest’ultima reclamare l’orgoglio della propria scelta. Di questo passo lo si potrà fare anche per i gusti in cucina e reclamare l’orgoglio per una pietanza o per un piatto tipico, o per un modo di assumere un cibo come può essere, ad esempio, per chi gradisce il pesce crudo.

Non si è diversi nella società, che ha altri valori da far emergere, se si preferisce la compagnia di una persona dello stesso sesso piuttosto che dell’altro. Si è invece diversi nella società se ci si organizza per marcare una separazione tra coloro che hanno gusti e tendenze differenti. La diversità è data dalla mancanza di integrazione, come avviene spesso per gli immigrati. Io non mi sento diverso da coloro che preferiscono la montagna ed il fresco, al mare ed al caldo, pur amando fortemente il mare ed il tepore del sole da non saperci rinunciare per nessuna cosa al mondo. Non sentirei mai, però, il bisogno di andare in piazza, vestito da sub magari, o sventolando una vela,  ad ostentare il mio orgoglio per essere nato e vissuto in località marina.

Sembrano considerazioni semplicistiche. Qualcuno dirà che il problema è più complesso e che nella società ci sono sacche di remore e di contraddizioni. Si dirà anche che il perbenismo bigotto spingeva l’omosessualità a nascondersi, alla clandestinità, ai complessi di colpa, spesso alla vergogna. Anche le famiglie respingevano ed ostacolavano le scelte “diverse” dei figli. Perché ora cosa è cambiato? Se qualcuno aveva fastidio per la presenza di omosessuali e travestiti e quant’altro, continuerà ad avvertire questo senso di fastidio. Nessuno può imporre a nessuno di frequentare chi non gradisce. Le famiglie continueranno a provare vergogna per i figli che escono la sera con le calze a rete, e le manifestazioni volgari di ostentazione e provocazione saranno sempre definite disgustose da chi non gradisce che le scelte individuali, nella sfera sessuale, siano ostentate con sfarzoso cattivo gusto.

Dal “Gay Pride” al passo dell’orgoglio pedofilo il tragitto è stato breve. Se la normalità è l’eterosessualità, e questo lo ha stabilito la natura, tutto ciò che non è normale non ha motivo di rappresentare orgoglio. Ciò non toglie che si debba avere comprensione e ritenere le scelte di ciascuno, purché non siano violente e non coinvolgano minori o meno dotati, come legittime e tollerate.

Per la pedofilia c’è qualcosa di diverso, di più marcato, perché invece coinvolge proprio i minori ed il concetto di violenza.

Il 23 giugno è stata stabilita la giornata per l’orgoglio pedofilo, il “Boy love day”, e si è intrapresa la prevedibile strada in discesa per cattivo gusto e per l’ostentazione di “patologie” di ogni tipo. La pratica sessuale di un adulto con un minore, è bene ribadirlo con fermezza, è di una gravità estrema perché è violenza alla stato più infame e vile, violenza ai danni di coloro che non hanno la forza per difendersi, il carattere per imporsi e la maturità per compiere le loro scelte.

Non c’è assolutamente da soffermarsi sui mille modi per carpire la fiducia e la remissività dei minori e, pertanto, anche coloro che cercano attenuanti parlando di partecipazione e di accondiscendenza non possono pensare di giustificare alcunché.

In passato anche uomini della cultura e della politica, in particolare tra i fautori del pensiero debole e diverso, si sono lasciati andare ad aperture pedagogiche in cui si asseriva il diritto dei minori a vivere la loro sessualità. Questo tentativo è stato stroncato sul nascere da un’ondata di disapprovazione e di disgusto. I politici, si sa, cavalcano solo l’onda lunga del consenso, anche a discapito del loro intimo istinto. I voti sono sempre voti ed i vantaggi delle poltrone sempre più appetibili di quelli dell’ostentazione pubblica di un’indole privata. Hanno fatto marcia indietro, ma a chi non dimentica ed è più attento sono rimasti tutti gli interrogativi.

La preannunciata iniziativa nel mondo virtuale, il “Boy Love Day”, sta destando molte perplessità e catene di indignazione e protesta. E’ bene che sia così, perché sia evidente e forte lo sdegno di tanti. Gli orchi, è risaputo, sono dappertutto e penso anche tra coloro che hanno ruoli nella società e deleghe rappresentative degli elettori. Si presentano spesso come persone gentili e delicate, persino con le parvenze di persone dolci e colte, sono invece ipocriti e violenti, sono solo e soltanto feccia dell’umanità. E’ necessario smascherarli per spezzare le catene dell’omertà che si creano intorno: individuarli e renderli inoffensivi, perché è spesso dal condizionamento del loro potere che deriva la debolezza della lotta al fenomeno. Lo strumento democratico più idoneo a difenderci da questa piaga che prepotente emerge dalle barriere delle omertà, anche grazie al pluralismo ed al moltiplicarsi delle fonti di diffusione delle informazione, è la denuncia e la rinuncia alla rassegnazione, ma è anche il grido di disgusto che deve salire dalle coscienze di tutto il genere umano.