Che cosa fece Dio l’ottavo giorno
05 Aprile 2015
di redazione
Sei giorni per creare l’universo. Il settimo per riposare. Secondo alcuni biblisti si trattò dell’esito felice dell’ultimo di ventisette tentativi.
E poi? Che cosa fece Dio l’ottavo giorno?
E inoltre, dopo averla creata, doveva Egli cessare di partecipare a quella vita, la vita dell’uomo, che era uscita dalle Sue mani? Come dare il quotidiano senso del divino al tempo dell’uomo? Certo, aveva creato l’uomo a Sua immagine, cioè Suo testimone, ma bastava questo a rendere divino il tempo dell’uomo?
“Ci vado”, disse.
E si lasciò esplodere.
Ecco che una infinita costellazione di frammenti di Dio si sparse sulla Terra e ciascuno fu un’anima.
Come una piccola goccia di profumo ne porta per intero la fragranza, ogni frammento di Dio, reso anima dell’uomo, ne porta per intero la divinità. E come una moderna carta magnetica in cui è in memoria tutto quel che si vuole, l’anima umana assimila da allora tutto il valore dell’esistenza dell’uomo in cui ha dimorato. Poi, a vita compiuta, torna di là, da dove è giunta. Così, frammento dopo frammento, si ricompone. E l’uomo, nato a Sua immagine, sarà “la” Sua immagine per Sua volontà. Tranne il male, che resterà nell’ombra.
Ecco che cosa fece Dio l’ottavo giorno e come impiega il Suo tempo ancora oggi.
Forse.
Il che lascia le maiuscole alla discrezione del lettore.
*da Il Venditore di Pensieri, ediz. NovantaCento, 2010