Colasanti (WellMakers): “I giovani cercano equilibrio e benessere nel lavoro”
26 Novembre 2024
di Ilaria Rizzo
Il 20 e 21 novembre si è svolta a Milano la sedicesima edizione del Forum Risorse Umane, il principale evento italiano dedicato ai temi People & Culture. Durante l’evento, che ha visto la partecipazione dei Chief HR Officer di grandi aziende e multinazionali, si è molto discusso dell’impatto dell’IA sul mondo del lavoro. Al centro del dibattito anche temi cruciali come il corporate welfare, il benessere organizzativo e lo sviluppo sostenibile. Abbiamo avuto l’opportunità di approfondire alcuni di questi argomenti con Stefano Colasanti, Head di WellMakers by BNP Paribas, a margine del suo intervento.
Dottor Colasanti, come sta evolvendo il rapporto tra giovani e HR nell’era dell’Intelligenza artificiale?
Il people management sta attraversando una fase di profonda trasformazione. Da un approccio prevalentemente ‘amministrativo’, quasi funzionale, la gestione delle risorse umane sta diventando un vero motore di innovazione e valorizzazione delle persone. Oggi, grazie a strategie avanzate di people analytics e all’intelligenza artificiale, possiamo comprendere in modo più approfondito i comportamenti e le esigenze degli Under 30. Questi giovani non percepiscono più il mondo in maniera monolitica, ma si esprimono attraverso una pluralità di canali: dai social media alle interazioni che si sviluppano al di fuori delle piattaforme digitali. Comprendere questa complessità è essenziale per costruire relazioni lavorative significative.
Quali strumenti e metodologie si rivelano più efficaci per creare una connessione autentica con i giovani?
L’ascolto attivo è un elemento fondamentale. Oggi non è sufficiente offrire posizioni ideali in settori di punta, come quello dei data scientist, o fare leva esclusivamente sulla retribuzione. Ciò che davvero fa la differenza è il dialogo, la capacità di instaurare una connessione autentica. Strategie avanzate di people analytics, sostenute da una misurazione accurata e dall’applicazione di modelli statistici, permettono di comprendere i bisogni individuali, prevedere i comportamenti e offrire soluzioni che vadano oltre il mero ambito lavorativo, abbracciando l’intero stile di vita delle persone. Questo approccio non solo arricchisce i giovani, ma consente alle aziende di assumere un ruolo educativo, in collaborazione con le istituzioni, contribuendo al benessere collettivo.
Parliamo di WellMakers. Quanto hanno inciso l’ascolto attivo e l’attenzione alle istanze sociali nello sviluppo della piattaforma di BNP Paribas?
La generazione degli Under 30 è molto più attenta al benessere e all’equilibrio tra lavoro e vita privata rispetto alle precedenti. WellMakers nasce dall’esigenza di BNP Paribas di adottare un approccio integrato, con una visione unitaria che risponda a queste nuove sensibilità. Grazie alle ricerche condotte su circa 18mila dipendenti in Italia, abbiamo compreso che molti investimenti in favore delle persone – come le convenzioni o la gestione del tempo durante lo smart working – non erano sempre percepiti appieno. L’approccio, sebbene apprezzato, era troppo top-down: stabiliva le necessità a priori, senza considerare la diversità di bisogni legati all’età, al genere e alle caratteristiche personali. Abbiamo quindi sviluppato un modello che personalizza i servizi, nel rispetto dei valori del Gruppo, segmentando i dipendenti in cluster e avviando un dialogo “one-to-one”. Questo approccio consente di riconoscere il valore unico di ogni persona, migliorare l’employee loyalty e creare un ambiente lavorativo più accogliente e familiare.
Ma non dovrebbe essere lo Stato a offrire servizi di welfare adeguati?
In Italia sarebbe opportuno costruire un’alleanza tra lo Stato e le imprese che offrono servizi di supporto alle persone. Solo così potremo affrontare queste sfide in modo condiviso e rafforzare il benessere collettivo.
Come percepite il cambiamento di mentalità dei giovani che entrano nel mercato del lavoro? Si può parlare di una cultura del rifiuto del lavoro in alcune frange del mondo giovanile?
Non credo che si possa parlare di rifiuto del lavoro. Al contrario, la maggior parte dei giovani continua a vederlo come un percorso di crescita personale e professionale, una realizzazione progressiva delle proprie competenze. La vera discriminante è il contesto lavorativo: oggi sono necessari ambienti che valorizzino le persone, rendano il lavoro appassionante e favoriscano un senso di appartenenza. Detto questo, è innegabile che il rapporto tra lavoro e tempo libero sta cambiando. Alcune aziende permettono ai dipendenti di lavorare da remoto, recandosi in ufficio una sola volta alla settimana, con risultati straordinari in termini di performance e riduzione del turnover. Sempre più giovani sono disposti a rinunciare a vantaggi economici in cambio di tempo, servizi per sé e per la propria famiglia, e un maggior benessere complessivo. Il cambiamento non passa dal rifiuto del lavoro, ma da una richiesta di nuovi ambienti professionali che consentano ai giovani di esprimersi al meglio e trovare un equilibrio tra vita privata e professionale. È tempo di ripensare il concetto tradizionale di lavoro per rispondere a queste esigenze.