Com’è andata la Conferenza di Roma sullo sviluppo e le migrazioni

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Com’è andata la Conferenza di Roma sullo sviluppo e le migrazioni

Com’è andata la Conferenza di Roma sullo sviluppo e le migrazioni

24 Luglio 2023

Alla Conferenza di Roma sullo sviluppo e le migrazioni il presidente del consiglio Meloni chiede nuovi rapporti e “un dialogo tra pari, basato sul rispetto reciproco”, tra Paesi europei e africani di origine e transito degli immigrati. Un vertice al quale partecipano i leader di venti Paesi, i rappresentanti della Ue, del Fondo Monetario e della Banca Mondiale. Si parla delle misure necessarie a favorire lo sviluppo del Mediterraneo e dell’Africa, che deve andare di pari passo con il contrasto alla immigrazione clandestina. A Roma ci sono anche la presidente della Commissione europea von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Michel.

Davanti ai capi di Stato di Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Mauritania, Libia e Cipro e ai primi ministri di Libia, Etiopia, Egitto, Malta, Giordania, Nigeria, Algeria e Libano, Meloni osserva che con il ‘processo di Roma’ si avvia un percorso “in grado di attuare misure concrete per la crescita e lo sviluppo del Mediterraneo allargato e l’Africa, per affrontare le cause profonde dei flussi irregolari e per sconfiggere l’attività criminale dei trafficanti di esseri umani”.

“Il partenariato” con i paesi di provenienza dei migranti deve “essere paritario, non predatorio, multidimensionale, di lungo periodo, deve essere fondato sul rispetto e non su un approccio paternalistico, sulla solidarietà, sul rispetto della sovranità di ciascuno, sulla condivisione di responsabilità, sulla tutela della legalità , perché questo è l’unico modo serio di rafforzare il nostro legame, di fidarci l’uno dell’altro sempre di più e di favorire lo sviluppo e la prosperità dei nostri popoli”.

“So che per molti di voi in passato l’Europa non ha sempre considerato come propri i problemi del resto del mondo e che, più in generale, l’Occidente ha, a volte, dato l’impressione di essere più attento a dare lezioni piuttosto che a dare una mano”. Ma “l’immigrazione illegale di massa danneggia tutti. Nessuno ne trae vantaggio se non le organizzazioni criminali che si arricchiscono sulla pelle dei più deboli, dei più fragili e che poi utilizzano la loro forza anche contro gli Stati, condizionandone le istituzioni, mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini, l’economia, la stabilità politica, l’equilibrio democratico”.

Ma “prima ancora degli Stati, tutto questo riguarda le persone, perché al centro dei flussi migratori ci sono soprattutto loro, le persone: vite, speranze, paure, sofferenze”. E queste persone, ha proseguito Meloni, sono “usate, sfruttate da organizzazioni criminali che seguono solamente la logica del profitto” ed “è nostro dovere occuparci anche del loro destino. Ecco perché penso che dobbiamo iniziare insieme un percorso di dialogo che però deve portarci a centrare obiettivi concreti”. Serve quidi “un impegno comune e più collaborazione per contrastare la rete dei trafficanti”.

Dunque contrasto all’immigrazione illegale, governo dei flussi legali di migrazione, sostegno ai profughi e ai rifugiati e “la cosa più importante di tutte, perché altrimenti tutto quello che facciamo sarà insufficiente, una cooperazione ad ampio raggio per sostenere lo sviluppo in Africa e più in generale nei Paesi di provenienza delle rotte dei migranti, affrontando alle radici le cause profonde delle grandi migrazioni”.

Riguardo al tema del contrasto all’immigrazione illegale, “io penso che la nostra priorità dovrebbe essere quella di rafforzare la collaborazione operativa tra le nostre forze di polizia, le autorità giudiziarie dei differenti Stati, l’impegno a perseguire i trafficanti, gli esseri umani, di aggiornare le legislazioni quando fossero carenti, così che il lavoro fatto da una nazione non venga poi reso vano da una dimensione delle reti di trafficanti che ormai è estremamente estesa”, spiega Meloni.

La conferenza è stata un’iniziativa italiana con Roma che si presenta come un leader nella risoluzione delle questioni aperte nel Mediterraneo, oltre a sostenere centinaia di nuovi arrivi giornalieri al confine meridionale dell’Europa. Sul piatto anche la questione dell’energia, visto che l’Europa guarda all’Africa e al Medio Oriente per sostituire in modo permanente le forniture russe.

I gruppi per i diritti umani temono che la linea europea stia virando verso politiche antimigranti, chiedendo ai governi africani di tenere chi parte lontano dall’Europa. Sullo sfondo, le drammatiche immagini dei migranti respinti dalla Tunisia verso la Libia, dove sono bloccati nel deserto.

“La migrazione nei secoli passati era da nord verso sud ed era normale, si tratta di colonialismo anche se possiamo dare un nome diverso a questo fenomeno. Oggi da alcuni decenni vediamo una migrazione da sud verso nord questa migrazione non è forse un risultato dell’altra migrazione che ci fu all’epoca del colonialismo?” ha detto il presidente tunisino Saied, intervenendo alla Conferenza, e addossando quindi sulle spalle dell’Occidente la responsabilità delle migrazioni verso l’Europa.

“La schiavitù oggi ha assunto una forma nuova. L’umanità può davvero accettare alla luce della Dichiarazione universale dei diritti umani di vivere questa nuova forma di schiavitù? La Tunisia ha cancellato la schiavitù dal 1847, noi non lo possiamo accettare. Tutti dobbiamo far fronte a questo fenomeno, non possiamo accettare di essere Paese di passaggio di persone nell’illegalità e la nostra Guardia costiera proteggerà le nostre coste, il popolo tunisino ha dato lezioni ad altri per il rispetto dei valori umani”.

“Ringrazio la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per questa iniziativa dove possiamo discutere tutti insieme delle soluzioni a questo fenomeno che non può essere approcciato in modo singolo o bilateralmente”. “Negli ultimi anni l’immigrazione clandestina si è trasformata in una tragedia umana. L’Onu deve instaurare un fondo internazionale nuovo per gettare la base per un nuovo sistema umano per creare speranza e benessere a favore di tutti”.

“Non avremo stabilità se non c’è giustizia e non si trova una soluzione per le cause dietro questa ingiustizia, non avremo pace e sicurezza di fronte a questi cadaveri. La speranza non può nascere dalle case delle persone morte, dalle loro famiglie. Ci sono tante organizzazioni che hanno un ruolo umanitario ma che non hanno fatto nulla e si accontentano di fare dichiarazioni che non hanno nessun valore”, sempre Saied.

Al di là delle rivendicazioni, Tunisi e le capitali del Nordafrica sanno che Roma sta cercando di ridare centralità alle politiche Ue rivolte alla sponda Sud del Mediterraneo; giovedì il presidente Meloni ne parlerà con il commander in chief della Casa Bianca, Biden, confermando l’impegno italiano per l’Ucraina e quello transatlantico riguardo alla Cina. All’orizzonte c’è la presidenza italiana del G7, mentre a settembre partirà il Piano Mattei per l’Africa.

La questione africana passa, secondo il ministro Tajani, attraverso una più ampia strategia di investimenti. “Non vogliamo essere predatori. Dobbiamo aiutare a creare aziende e un tessuto industriale, anche attraverso delle joint venture, senza sfruttare i Paesi che hanno materie prime. Solo così si può risolvere alla radice il problema migratorio,” ha detto Tajani.

I finanziamenti per investimenti nelle rinnovabili in Tunisia, coinvolgendo il Nord Africa nella transizione verde vanno in questa direzione. Le democrazie occidentali possono aiutare molto l’africa e il Medio Oriente sulla strada dello sviluppo economico. In cambio, la Tunisia e i suoi vicini nordafricani dovrebbero condividere con l’Europa l’importanza del tema dei diritti, perché in tanti scappano per salvarsi la vita o per avere libertà.

“Grazie al governo italiano per quello che ha fatto negli ultimi giorni, ho veramente apprezzato tutto quello che hanno fatto,” ha detto se pur tardivamente il ricercatore Zaki arrivando in Italia. Al tempo stesso i Paesi nordafricani dovrebbero garantire maggiore sicurezza per i migranti, senza sconfinare nell’autoritarismo e nella repressione interna.