Consigli (non richiesti) al Cavaliere per la campagna elettorale
06 Febbraio 2008
di Carlo Meroni
Non ci voleva certo la sibilla cumana per intuire che le infinite consultazioni di Franco Marini si sarebbero rivelate inutili, ed il voto anticipato fosse l’unica soluzione possibile per mettere fine a questa pietosa XV legislatura, la più corta della storia repubblicana, peggio ancora di quella che venne spazzata via dallo tsunami di tangentopoli.
Archiviate anche tutte le velleità di votare con un nuovo sistema elettorale, ci tocca tornare alle urne utilizzando il sistema dell’On. Calderoli nonostante molti (me compreso) avrebbero preferito scegliere direttamente tramite la preferenza la propria rappresentanza in parlamento anziché lasciare l’incombenza alle segreterie di partito ed alle loro trame interne, spesso non limpidissime.
Ora però una domanda è d’obbligo: viste le poco felici esperienze delle due legislature, considerando il modo in cui sono spirate, è legittimo sperare vi sia qualche elemento di novità rispetto al passato? E’ possibile che la storia non abbia insegnato nulla ai tanti politici così capaci che guidano il nostro centrodestra? O rischiamo di votare le solite ammucchiate tese a recuperare il premio di maggioranza e poi “ognun per sè e Dio per tutti”?
Attenzione a dare per scontate alcune cose, come ad esempio una vittoria in souplesse, con estrema scioltezza.
Il PD, che piaccia o no (a me no), ha introdotto la novità più importante: corre da solo. Credo che molti premieranno questo atto di coraggio (qualora ai proclami seguissero i fatti) nel lasciare al proprio destino tanta zavorra. Anche all’interno del PD esistono posizioni divergenti, come è normale che sia, ma quantomeno è in atto un tentativo di darsi una costituente, un manifesto di valori, una linea guida. Che poi questa linea venga tracciata attorno al pacioso irenismo di Veltroni, così carico di retorica, questo non è affar nostro ma cavoli loro. E comunque attenzione a questi spiriti così apparentemente calmi e ben disposti: spesso in realtà si tratta solo di ottime maschere utili a nascondere una determinazione ed una cattiveria senza pari. Ma guardiamo a casa nostra.
Senza dubbio non si può prescindere dalla leadership di Berlusconi. Sarà l’ultima volta, credo, ma oggi è giusto che sia così perché, mutuando Luigi XIV, dietro di lui, per ora, c’è solo un gran diluvio.
Ed allora sarebbe il caso di preparare una buona strategia difensiva nei confronti di tutti quegli attori, cantanti, showman, scrittori, giornalisti ed opinionisti vari che sono stati mestamente zitti per due anni e che ora, debitamente scongelati dai freezer dove erano riposti, torneranno a fare quella che loro chiamano “satira politica”, cioè in pratica sparare all’unisono sull’orso Silvio nel luna park mediatico, in modo da convincere un po’ di italiani che “si stava meglio quando si stava peggio”.
Sarà loro godimento ricordare all’elettorato intero i racconti dell’orco Berlusconi, che fa politica solo per gli interessi suoi e non per quelli del Paese, che difende solo le sue televisioni, che vuole dare tutto ai ricchi e lasciare gli operai con le pezze al culo e via discorrendo, di clichet in clichet. Ce l’hanno già fatta due volte, e sperano nel “non c’è due senza tre”.
Ma oltre agli attacchi dall’esterno, sarebbe il caso che Silvio si corazzi contro gli attacchi intestini e ritrovi quello smalto che ha fatto innamorare milioni di italiani nel 1994. Lo stesso prestigioso “Time”, a firma Jeff Israely, nota che Berlusconi “burst onto the political scene in 1994, has become a shadow of his former self, talking obscure Roman political jargon and cutting deals with anyone who will help him win back power”. Un potere che poi si rivela sempre più sospeso su un sottile filo, ed infatti “Italians have now learned that mere survival, which Berlusconi achieved for a post-war record of five years until 2006, is not the same thing as stability”.
Ed il magazine termina il suo pezzo sulla situazione politica italiana sostenendo che “it’s time that someone showed a little of the courage Italy needs”.
Questo coraggio, questa determinazione, questa serietà e ciò che molti elettori di centrodestra si aspettano da Berlusconi e da chi lo vorrà accompagnare per questa nuova sfida elettorale.
A volte mi chiedo: lo stesso Cavaliere a che gioco stia giocando, o quali siano le mosse che una mente arguta e sapiente come la sua sta architettando. In parole povere: Berlusconi, ci è o ci fa?
Durante la rivoluzione del predellino di Piazza San Babila, accusò gli ex alleati della CdL di averlo fatto governare per cinque anni con le mani legate, continuando a mettergli bastoni fra le ruote ed anteponendo gli interessi dei partiti a quelli della coalizione e della Nazione, citando pure diversi esempi: aliquote fiscali, separazione giudici/pm, coop bianche, Alitalia.
E non è tutto. In seguito alle esternazioni berlusconiane, Fini definì “proposta plebiscitaria e confusa”, nonché “una scorciatoia personalistica” la scelta di dare vita al “Popolo della Libertà”. E non si fece nemmeno scrupoli ad affermare che “è stato solo Berlusconi ad archiviare il centrodestra”. Mentre Matteoli ribadiva che“la Cdl non c’è più, Berlusconi ha fatto saltare le incrostazioni e adesso il quadro è tutto in movimento, e lo è anche per noi”.
Per ora, l’unico movimento degli adepti di Fini, è quello di andare a Canossa da Silvio III.
Poi in AN ci fu la querelle relativa a Storace ed alla sua “Destra”, con le relative accuse a Berlusconi e gli immancabili “o noi o loro”. Ora abbondano il miele ed i segnali di pace, ma a Milano da dove scrivo, abbiamo appena notato una massiccia campagna di affissione murale lanciata ad AN. Non sarebbe certo una novità, peccato però che questa volta i manifesti di LaRussa e & co. siano finiti tutti proprio sopra quelli appena affissi da “La Destra” per la prima volta in modo così imponente a Milano.
Capitolo UDC. Quei simpatici discoli di “Blob” non perdono l’occasione di mandare in onda ogni giorno l’intervista di Casini ospite a “Otto e mezzo”, dove sostenne che “la casa delle libertà è un ectoplasma” ed il modo con cui Berlusconi parlò in Piazza San Babila non si addiceva nemmeno a quello dei padroni settecenteschi abituati a impartire ordini ai loro schiavi. Inoltre denunciò l’irreparabile “schiaffo” ricevuto, avanzò seri dubbi sulla validità della raccolta di firme proposta dai circoli e sarcasticamente chiese a Berlusconi di avvisarlo quando fosse “arrivato al 101%” dei consensi.
Ora, anche nell’UDC, hanno capito che forse è meglio spartire un pezzetto di torta col Silvio piuttosto che restare senza niente sotto i denti.
La Lega quantomeno è sempre rimasta dello stesso parere: ha sempre identificato il leader in Berlusconi, pur restando ferma nelle sue richieste politiche di tipo decentratore e federalista. Ma si sa che da Bossi ed i suoi seguaci è sempre lecito aspettarsi qualche colpo di teatro.
E senza contare i vari UDEUR, DC di Rotondi, LD Dini, Pensionati e tutti quei gruppi e gruppuscoli che potrebbero orbitare attorno al Re Silvio.
Ed eccoci qua: ancora “tutti insieme appassionatamente”.
Cosa è cambiato quindi? Su quali basi Berlusconi cercherà di edificare un nuovo Paese? E se si lascerà ancora “legare le mani” dai medesimi alleati, di chi sarà stavolta la colpa? Ed il coinvolgimento “della gente” che Berlusconi aveva promesso in San Babila che fine ha fatto? Scegliere semplicemente via internet il nome del partito, mi sembra un po’ poco, Cavaliere!
Questi atteggiamenti potrebbero creare fra gli elettori il dubbio che i “nostri” siano un po’ contagiati dallo stesso spirito che animava chi ha appena lasciato il posto. Potrebbe sorgere nel cittadino italiano davanti a queste schizofrenie politiche (lo stesso Berlusconi si presenterà alle urne come “Forza Italia” o come “Popolo della Libertà”?) il sospetto che l’amore per lo scranno e la fretta di rioccuparlo celermente vengano prima di ogni altra cosa.
D’altro canto è indiscutibile che non ci sia tempo da perdere: al Paese Italia urgono serie politiche di sviluppo legate a infrastrutture, agevolazioni fiscali, liberalizzazioni non posticce, aiuto a piccola e media impresa, difesa della famiglia, difesa della vita, sostegno alle nostre radici cristiane, anteposizione del bene comune ai diritti individuali. Ed a differenza di Prodi, l’ultimo governo Berlusconi con questi alleati è durato ben cinque anni. Ma come ricordava Israely, la sopravvivenza è cosa assai diversa da una stabilità di governo che fa progredire una nazione.
Ecco che giungiamo al punto. Perché non creare, all’interno del centrodestra un manifesto comune di valori, di intenti, di programma, di punti saldi attorno ai quali convogliare l’elettorato e governare poi per il tempo dovuto attuando le scelte necessarie al Paese? Chi ci sta, ci sta. Gli altri stiano pure fuori. Invece siamo ancora ancorati sempre e soltanto al carisma del leader. Grande carisma, per carità, e con tutta franchezza, nostra unica salvezza. Ma allora perché Berlusconi non utilizza questo carisma e cerca seriamente una volta per tutte di far sedere gli altri attorno ad un tavolo, mettendo nero su bianco tutto ciò che accomuna milioni di italiani, conservatori e liberali? Perché nel PD lo possono fare e noi no? Il “Popolo delle Libertà” esiste o no? E se esiste, perché non si parla di questioni concrete che costituiscano la sua ossatura?
Meglio preoccuparsi di cosa faranno Mastella e Dini, fare la conta dei probabili senatori o spiegare agli italiani cosa intende fare, ad esempio, il futuro premier Berlusconi con Alitalia e Malpensa? Possiamo sapere già da ora che ne pensa AN, così legata al bacino di voti della compagnia nazionale e alla roccaforte di Fiumicino, o dovremo assistere alle solite beghe politiche italiane, con l’unica differenza di avere Berlusconi contro Fini, Storace, Cesa o Baccini anziché Prodi contro Giordano, Diliberto, Mastella o Dini?
Possiamo sapere già da ora cosa intende fare Berlusconi rispetto alle tematiche relative a vita, famiglia, matrimoni omosessuali? Meglio che la componente “laica” di FI parli ora, o taccia per sempre, piuttosto che litigare dopo. E Fini cosa ne pensa? Il leader del partito conservatore per antonomasia, che pochi giorni fa è arrivato a sostenere un’assurda apologia del ’68 italiano anziché denunciarne gli effetti devastanti che pagano anche i quindicenni di oggi, e ad elogiare i giovani di allora che “mettevano in discussione l’ordine capitalistico e rifiutavano la vita borghese”, ha capito che sta in una coalizione votata in larga parte da imprenditori più o meno piccoli, famiglie tradizionaliste e borghesi?
Sarebbe davvero così utopistico pensare che nel terzo millennio la gente desideri votare coloro che li deputano in parlamento seguendo delle ben precise idee, dei chiari valori, un forte spirito che li rappresenti e non semplicemente dei volti più o meno comunicativi?
Ringraziamo sentitamente la premiata ditta Romano Prodi & Co. I danni perpetrati al paese in due anni saranno il vero, trainante e decisivo spot elettorale per un centrodestra che rischia di mettere in atto la bella copia dell’Unione 2006. Forse staremo in sella per i prossimi cinque anni, e me lo auguro. Ma all’Italia serve ben altro.