Cosa avrebbe detto Geert Wilders se il Regno Unito non l’avesse espulso
14 Febbraio 2009
Geert Wilders, il leader del partito della libertà olandese, non è un uomo simpatico, il suo atteggiamento è spesso sopra le righe e appositamente provocatorio. Il film che ha prodotto, Fitna, e per cui è perseguito penalmente anche nel suo paese, non è un bel film: piuttosto è un assemblaggio di immagini violente, attentati, decapitazioni, lapidazioni, accompagnate dalla lettura di versetti del Corano. Eppure tutti questi motivi non ci sembrano sufficienti a giustificare la decisione del governo inglese di bloccarlo e trattenerlo all’aeroporto di Heatrow in modo anche piuttosto brusco per poi rispedirlo a casa con il primo volo. Wilders era stato inviato a mostrare il suo film e a tenere una conferenza nella Camera dei Lord, ma il governo di Gordon Brown ha ritenuto che le sue parole “avrebbero minacciato l’armonia della comunità e quindi la sicurezza del paese”. E in questo modo ha ricevuto il plauso del Muslim Council inglese.
Wilders non è forse neppure un campione della libertà di pensiero e di espressione poiché chiede il bando del Corano dal suo paese. Ma la decisione del governo inglese lo ha innalzato su quel piedistallo, violando i suoi diritti di cittadino europeo e di parlamentare. Anche perché lo stesso governo non ha avuto nulla da ridire quando è stato invitato a parlare a Londra, per esempio, Ibrahim Moussawi, il principale portavoce di Hezbollah. E non si può certo dire che in Inghilterra vivano e predichino sono imam moderati.
Possiamo capire che a Londra come ovunque in Europa, specie dopo l’esperienza delle vignette contro Maometto, si temano le reazioni violente delle minoranze musulmane. Ma allora viene da chiedersi su cosa poggia “l’armonia della comunità” che il governo inglese ha inteso proteggere. Se questa armonia si mantiene con il silenzio e con la resa all’estremismo, non ci pare un bene così prezioso.
Per questo motivo abbiamo tradotto e pubblichiamo il discorso che Geert Wilders avrebbe dovuto tenere alla Camera dei Lord ieri sera. Non dunque perché è un discorso che condividiamo in toto, ma perché era un suo diritto poterlo fare. E se accettiamo che questo diritto venga giorno dopo giorno eroso dalla paura delle conseguenze o semplicemente dal quieto vivere, poi non ci potremo lamentare quando sarà solo un ricordo. (g.l.)
Londra, 12 febbraio 2009
“Signore e signori, vi ringrazio molto.
Vi ringrazio per avermi invitato. Grazie a Lord Pearson e a Lady Cox per aver mostrato Fitna, e per il loro gentile invito. Mentre altri guardano altrove, voi sembrate capire l’autentica tradizione del vostro Paese, e di una bandiera che ancora sventola quale simbolo di libertà.
Questo non è un posto qualunque. Questa non è una delle tante attrazioni turistiche inglesi. Questo è un luogo sacro. Questo luogo è la madre di tutti i Parlamenti, e sento in me la più profonda riverenza nel parlare di fronte a voi.
Il Parlamento è dove Winston Churchill difese strenuamente le sue posizioni, avvertendo per tutta la durata degli anni Trenta dei pericoli che stavano arrivando. Per la maggior parte di quel periodo, sostenne quelle posizioni da solo.
Nel 1982 il presidente Reagan venne alla Camera dei Comuni, dove pronunciò un discorso che piacque a pochissimi. Reagan esortò l’Occidente a rifiutare il comunismo e a difendere la libertà. Introdusse una frase: “Impero del male”. Il suo discorso suona adesso come un fervido appello a preservare le nostre libertà. Vi dico: se la storia insegna qualcosa, è che illudersi di fronte a fatti spiacevoli è una follia.
Quello che Reagan voleva affermare è che non si può scappare dalla storia, non si può fuggire dai pericoli delle ideologie che mirano a distruggerti. Ignorare i fatti non è un’alternativa.
Il comunismo è rimasto tra le ceneri della storia, proprio come Reagan predisse di fronte alla Camera dei Comuni. Visse abbastanza da vedere il crollo del Muro di Berlino, proprio come Churchill assisté all’implosione del nazionalsocialismo.
Oggi, io sono di fronte a voi per avvertirvi di un altro grande pericolo. E’ chiamato Islam. Si presenta come una religione, ma i suoi obiettivi sono assai terreni: dominazione del mondo, guerra santa, legge della Sharia, fine della separazione tra Chiesa e Stato, fine della democrazia. Non è una religione, è un’ideologia politica. Chiede il tuo rispetto, ma non ha alcun rispetto per te.
Esisteranno anche dei musulmani moderati; ma non esiste un Islam moderato. L’Islam non cambierà mai, perché è costruito su due pilastri immutabili, un doppio credo che non cambierà mai, e mai se ne andrà. Primo, il Corano: la diretta parola di Allah, definitiva, eterna, con ordini che devono essere eseguiti in pace come in guerra. Secondo, la concezione dello
al-insal al-kamil, l’uomo perfetto, di cui il modello ideale è Maometto, la cui vita e le cui opere devono essere imitate da tutti i musulmani. E dato che Maometto era un signore della guerra e un conquistatore, sappiamo cosa aspettarci.
Islam vuol dire sottomissione, quindi non ci può essere alcun dubbio sui suoi propositi. La domanda, piuttosto, è se il popolo inglese, con tutto il suo glorioso passato, abbia intenzione di sottomettersi.
Vediamo l’Islam avanzare in Occidente con incredibile velocità. Il Regno Unito è stato testimone di una rapida crescita del numero di musulmani. Negli ultimi dieci anni, la popolazione musulmana è cresciuta dieci volte più rapidamente rispetto alle altre comunità. Ciò ha prodotto un’enorme pressione sulla società inglese nel suo complesso. Grazie ai politici britannici che si sono dimenticati di Winston Churchill, gli inglesi hanno scelto di non opporre resistenza. Si sono arresi. Si sono ritirati.
Grazie di cuore per invitarmi in questo paese. Ho ricevuto una lettera dal segretario di Stato per gli Affari interni, che mi invitava cordialmente a non venire. C’era scritto che metterei a rischio le relazioni intercomunitarie, e quindi la sicurezza interna del Regno Unito.
Per un momento ho temuto che mi venisse negato il visto d’ingresso. Ma ero fiducioso: il governo britannico non sacrificherebbe mai la libertà di parola per paura dell’Islam. L’Inghilterra domina i mari, e l’Islam non dominerà mai l’Inghilterra, così mi aspettavo che le autorità frontaliere mi avrebbero fatto passare. Anche perché, dopotutto, avete invitato creature più strane di me. Due anni fa, la Camera dei Comuni diede il benvenuto a Mahmoud Suliman Ahmed Abu Rideh, personaggio legato ad Al Qaeda. Venne invitato a Westminster da Lord Ahmed, che lo aveva incontrato tre settimane prima nella moschea di Regent Park. Il signor Rideh, sospetto di essere un intermediario finanziario per i gruppi terroristici, ebbe anche un pass di sicurezza per la sua visita al Parlamento.
Bene, se avete lasciato entrare quest’uomo, certo sarà il benvenuto anche un politico eletto in una nazione amica appartenente alla Comunità europea. Lasciandomi parlare oggi, dimostrate che lo spirito di Churchill è ancora vivo. E dimostrate che l’Unione europea sta veramente funzionando: la libertà di movimento dei suoi cittadini resta un pilastro del progetto continentale.
Ma c’è ancora tanto lavoro da fare. L’Inghilterra sembra essere diventata una nazione dominata dalla paura. Un paese dove i servitori dello Stato cancellano le celebrazioni natalizie per far piacere ai musulmani. Un paese dove le corti della Sharia formano parte del sistema legale. Un paese dove le organizzazioni islamiche chiedono di fermare le commemorazioni dell’Olocausto. Un paese dove una scuola elementare cancella una recita natalizia perché interferisce con un festival islamico. Un paese dove una scuola cancella le parole Natale e Pasqua dal suo calendario per non offendere i musulmani. Un paese dove una maestra punisce due studenti per essersi rifiutati di pregare Allah durante l’ora di religione. Un paese dove ai consiglieri eletti di un consiglio comunale viene chiesto di non mangiare in sede durante le ore diurne nel periodo del Ramadan. Un paese che si distingue per il suo odio verso Israele, che resta pur sempre l’unica democrazia del Medio Oriente. Un paese la cui capitale si sta trasformando in “Londonistan”.
Non mi definirei un uomo libero. Quattro anni e mezzo fa ho perso la mia libertà. Sono sotto scorta permanente, grazie a coloro che preferiscono la violenza al dialogo. Ma per i sinistrorsi pro-Islam, ciò non è ancora abbastanza. Hanno avviato una procedura legale contro di me. Tre settimane fa la corte d’appello di Amsterdam ha ordinato di perseguirmi penalmente per la realizzazione di Fitna, e per il mio punto di vista sull’Islam. Ho commesso quel che Gorge Orwell avrebbe definito “reato di pensiero”.
Potrete aver visto il mio nome sui titoli di Fitna, ma non sono io il vero artefice di quell film. E’ stato fatto per me. In realtà è stato realizzato da estremisti islamici, dal Corano e dall’Islam stessi. Fitna è considerato “un discorso di odio”; e allora la corte come dovrebbe qualificare il Corano, con tutti i suoi incitamenti alla violenza, all’odio verso le donne e gli ebrei?
Lo stesso Churchill paragonò il Corano al Mein Kampf di Hitler. Bene, io ho fatto esattamente lo stesso, e per questo sono perseguito.
Mi chiedo se l’Inghilterra abbia mai posto Churchill sotto processo.
La decisione della corte di Amsterdam e la lettera del segretario di Stato degli Affari interni sono due vittorie di grande importanza per chi detesta la libertà d’espressione. Fanno entrambe lo sporco gioco dell’Islam. Sharia per procura. Le differenze tra Arabia Saudita e Giordania, e tra Olanda e Inghilterra sono sempre più incerte. L’Europa sta rapidamente diventando Eurabia. E’ il prezzo che apparentemente dobbiamo pagare per l’immigrazione di massa e la multiculturalità.
Signore e signori, la più preziosa delle nostre tante libertà è sotto attacco. In Europa, la libertà d’espressione non è più una cosa scontata. Quel che un tempo credevamo fosse una parte naturale della nostra vita, adesso è qualcosa per cui dobbiamo tornare a batterci. E’ questo che è in gioco. Che io finisca o meno in carcere, non è importante. La domanda è: la libertà d’espressione finirà dietro le sbarre?
Dobbiamo difendere la libertà d’espressione.
Per la generazione dei miei genitori la parola “Londra” è sinonimo di speranza e libertà. Quando il mio paese era occupato dai nazisti, la BBC offriva un quotidiano bagliore di libertà tra le tenebre della tirannia. Milioni di miei connazionali ascoltavano, illegalmente. Le parole “Questa è Londra” erano il simbolo di un mondo migliore davanti a noi. Se solo fossero stati là i soldati inglesi, canadesi e americani.
Cosa sarà trasmesso tra quarant’anni? Sarà ancora “Questa è Londra”? O piuttosto “Questa è Londonistan”? Sarà un simbolo di speranza, o dei valori della Mecca e di Medina? Cosa offrirà l’Inghilterra, sottomissione o perseveranza? Libertà o schiavitù?
La scelta è nostra.
Signore e signori,
non ci scuseremo mai per essere liberi. Non arretreremo mai. Non ci arrederemo mai.
La libertà deve prevalere, la libertà prevarrà.
Grazie di cuore.
Traduzione Enrico De Simone