Crescita e riforme o saranno guai, la ricetta dell’Fmi per l’Italia

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Crescita e riforme o saranno guai, la ricetta dell’Fmi per l’Italia

Crescita e riforme o saranno guai, la ricetta dell’Fmi per l’Italia

02 Agosto 2022

Crescita e riforme o saranno guai. Questa la sintesi del documento elaborato dagli ispettori del Fondo monetario internazionale dopo la visita annuale in Italia. Anche per gli economisti di Washington l’economia italiana è davanti a un bivio.

Il nostro Paese è ripartito in modo “vigoroso” dopo la pandemia. Si è impegnato per ottenere i fondi europei da investire nel Pnrr. Il numero degli occupati sale (23 milioni a giugno). Le banche si sono rafforzate. Ma il combinato disposto tra la guerra di Putin, l’inflazione con le sue ricadute nell’economia reale, il costo dell’energia e la minaccia di un taglio netto delle forniture russe, le problematiche nelle catene di approvvigionamento, sommato all’alto debito mettono a rischio la tenuta dell’economia.

Le stime del Fondo monetario internazionale

Secondo le stime dell’FMI il Pil italiano è destinato a scendere tra 2022 e 2023 dopo il rimbalzo del 2021. Dal 6,6% al 3% allo 0,75. L’inflazione media annua dovrebbe raggiungere il picco al 6,7%, poi potrebbe scendere se non ci sarà un’impennata dei costi energetici. Il rapporto tra deficit e Pil stimato nel 2022 è del 5,6%, meglio del 7,2% dell’anno scorso. Nel 2023 potrebbe essere al 3,9%. In questo scenario il livello del debito pubblico sarebbe al 147,7% (6,6 punti in meno rispetto al picco del 155,3%) del 2020, ma lontano dal 134,1% del 2019. Nel 2023 la stima del rapporto debito Pil è del 146,3%.

Il peso del debito sull’economia

L’indebitamento del nostro Paese resta la mannaia sulla testa di ogni possibile futuro Governo, ecco perché bisogna continuare a crescere e per farlo occorre tenere i conti sotto controllo. E’ necessario completare le riforme, fisco, Pa, giustizia, concorrenza. In questo modo, secondo gli ispettori dell’Fmi, riusciremmo a “centrare un considerevole surplus primario”, e “a mantenere il debito in una solida traiettoria di calo”. Nel documento si mette anche in guardia dalla minaccia dei rendimenti sui bond che salgono e dagli spread che “si sono ampliati sulla prospettiva di politiche monetarie più stringenti e di incertezza politica in un quadro economico globale che si è indebolito”.

La sfida per la politica

L’incognita maggiore resta quella dei costi energetici che se aumentassero ancora porterebbero a una “rapida stretta delle condizioni finanziarie con ripercussioni sulla crescita e sugli sforzi di risanamento dei conti”, con ricadute su investimenti, ritardi nei finanziamenti europei e nell’applicazione del Pnrr. Dopo aver fatto cadere Draghi ed essere entrati in campagna elettorale, mentre si piazzano bandierine nei collegi, si aprono i tavoli dei programmi e definiscono le coalizioni, i leader politici e i partiti dovranno rispondere presto alla domanda su come “rinvigorire il trend di crescita” alla base di tutta l’analisi dell’Fmi.