
Dalle catene whatsapp al ritorno all’ordine, il self publishing all’epoca del Generale Vannacci

28 Agosto 2023
Dalle colonne della Gazzetta del Mezzogiorno, Gaetano Quagliariello fa due osservazioni precise sul caso politico ed editoriale estivo, ovvero il libro del generale Vannacci. La prima considerazione è di natura più storico-politica e attiene all’opportunità di certe uscite che s’intonano poco a chi indossa una divisa. La seconda riguarda invece il funzionamento del sistema editoriale (ma può valere anche per stampa, media e intrattenimento) ed è su questa che vogliamo soffermarci.
Quagliariello mette in guardia i lettori da concetti quali il self-publishing e la disintermediazione, per cui in pochi giorni sfruttando la Rete Vannacci ha venduto qualche decina di migliaia di copie. Il clamore di web e social media, spiega il presidente della Fondazione Magna Carta, rischia di mortificare chi studia e il sistema editoriale tradizionale.
“Sorge spontaneo il dubbio che se l’auto-produzione libraria dovesse ammazzare l’editoria tradizionale, alla fine le idee non eclatanti, il pensiero più sedimentato, gli studiosi in possesso solo del loro ingegno, avrebbero ancor meno possibilità di oggi per farsi sentire e influenzare l’andamento delle cose. Il libro si accosterebbe a un qualsiasi contenuto della rete e, inevitabilmente, il mondo delle idee diverrebbe ancora più uniforme, conquistato da opposti estremismi. Conviene, dunque, finché si è in tempo, fare tutto ciò che serve affinché questa deriva non si affermi. Per non trovarci, tra qualche anno, a dover tristemente constatare che non c’è più nessuno che possa veramente aprirci gli occhi sul come e sul perché il mondo stia andando alla rovescia”.
Il rischio evocato da Quagliariello c’è e sarebbe stupido negarlo. Va fatta però qualche considerazione aggiuntiva. La prima è che i self-publisher di successo perlomeno in Italia sono davvero pochi rispetto al gran mondo delle opere pubblicate. La seconda, come indicano diversi casi nella realtà anglosassone, è che un buon numero di questi autori che si autoproducono quando poi raggiungono una certa notorietà si affidano a editor professionisti (servirebbe al libro di Vannacci al di là dei contenuti espressi) e ripiegano, diciamo così, sulla grande editoria se gliene viene data l’occasione. Self-publishing ed editoria tradizionale possono essere vasi comunicanti non per forza avversari irriducibili.
La terza riflessione è collegata alla precedente e riguarda il sistema politico culturale. La disintermediazione come è successo per il libro del generale, ma anche per tanta politica degli ultimi anni urlata sui social con la rincorsa a chi la sparava più grossa e il traffico utenti modellato da algoritmi e campagne promozionali targettizzate, può sconvolgere strutture di potere e modelli di comunicazione consolidati, amplificando il presunto comune sentire della ancora più presunta maggioranza silenziosa. È la fase della ‘rottura’ del discorso pubblico con profluvio di commenti social grondanti odio, repressione e invidia sociale.
Poi però l’onda si abbatte sulla spiaggia, con il passare del tempo il fervore cala, i duri e puri che non avrebbero mai dato una intervista ai disprezzati giornaloni si attovagliano nei talk show, persino Trump torna a ritwittare. Qualcuno ti invita a presentare il libro a un evento come nella migliore tradizione editoriale, qualcun altro a fondare un nuovo partito che più a destra non si può, e anche chi aveva organizzato un’ottima catena whatsapp per bypassare il sistema editoriale ‘politicamente corretto’ deve riconoscere che il mondo non può funzionare al contrario, che il caos ostacola ogni idea di progresso pure quelle che col sistema consolidato vogliono rompere. Insomma anche in editoria si nasce incendiari, si muore pompieri, per dirla con il buonsenso che tanto piace al generale Vannacci.