Dopo il voto in Sardegna, Conte è sempre più il terzo incomodo

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Dopo il voto in Sardegna, Conte è sempre più il terzo incomodo

Dopo il voto in Sardegna, Conte è sempre più il terzo incomodo

02 Marzo 2024

Trarre da un voto amministrativo tendenze nazionali risulta alquanto rischioso: la scelta dei candidati, tematiche specifiche, la miriade di liste civiche contribuiscono ad assolutizzare ancor più – come dicono sociologi e politologi, “l’elettore liquido” che utilizza il voto alla stregua di una lattina “usa e getta”. Non a caso, come emerge da tanti studi, lo stesso elettore liquido può votare nella stessa giornata elettorale uno schieramento per le politiche e quello opposto per le amministrative.

L’esito delle elezioni in Sardegna, almeno ad oggi, non appare come uno spartiacque, come un passaggio di fase, di dietrofront dell’opinione pubblica. Il centrosinistra ha vinto, e ha ragione a festeggiare perché il successo interrompe una tendenza a scendere negli inferi che si protraeva dall’esplosione dell’effetto-Giorgia. La destra fa i conti con un insuccesso imprevisto, inatteso, che fa emergere divergenze che non mancano nella coalizione che, comunque, era stata finora molto brava a nascondere sotto il tappeto.

Da un lato, la tendenza della premier a volere prendere in mano tutto il piatto, imponendo un suo candidato. Un errore che “mamma Dc” non commetteva con socialdemocratici, liberali e repubblicani. Un tentazione che pare non sarà ripetuto per le prossime regionali in cui il centrodestra dovrebbe candidare i governatori uscenti. Poi, è ovvio, alle Europee, col voto proporzionale, ognuno per la sua strada.

A sinistra si brinda. Ma forse è prematuro parlare di “cambiamento di vento”. Poiché in Sardegna ha vinto una esponente del M5S, rilanciando la contesa tra Conte e Schlein per la leadership di quel campo che il Pd definisce “largo” e il Movimento “giusto”. Non è solo una differenziazione semantica ma indica due linee. Si vedrà se convergenti o parallele.

Ma se per la leader del Pd l’alleanza è una strada obbligata – anche a rischio di emarginare l’ala riformista – per Conte non appare un “destino”. Le divergenze restano sulla politica estera, sul pacifismo “contiano” contro l’atlantismo del Pd; sulle politiche industriali, ambientali, sulla resurrezione o meno del reddito di cittadinanza. Pur essere sufficiente solo la individuazione del nemico per dare contenuto ad una coalizione? E poi, chi guida la carovana? Conte spera di tornare a Palazzo Chigi; la Schlein vorrebbe giocare le sue carte. Tema tutt’altro che secondario.

Meloni e Schlein in questi mesi hanno teso a legittimarsi reciprocamente come leader. Non a caso il duello televisivo in programma è tra Giorgia ed Elly. Ma forse entrambe hanno sottovalutato il “terzo incomodo”.