Dresda, la verità sul bombardamento può attendere

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Dresda, la verità sul bombardamento può attendere

15 Febbraio 2009

Sono passati ormai più di cinque mesi da quando a Dresda, nel contesto della 47ma edizione delle giornate degli storici tedeschi, vennero presentati verbalmente i primi risultati delle ricerche promosse per dare una risposta finalmente certa alla domanda circa il numero dei morti causati dai bombardamenti inglesi ed americani del 13 e 14 febbraio 1945 sulla città sassone. Secondo quanto divulgato allora dalla “commissione”, voluta dalla municipalità locale e costituita da tredici tra storici, archivisti ed esperti militari guidati da Rolf-Dieter Müller, le vittime sarebbero state non meno di 18.000 e non più di 25.000. Un numero dunque che, se risultasse vero, risulterebbe lontano anche dalla cifra calcolata fino ad oggi dalle stessa autorità cittadine (35.000). Data per certa la nuova stima, non sono stati pochi coloro che, soprattutto fuor di Germania, accolsero la notizia come una seconda “liberazione”: finalmente si sarebbero messi a tacere tutti coloro che, in virtù di una oggettiva difficoltà a stabilire numeri inoppugnabili, avevano azzardato fino ad oggi cifre a dir poco spropositate (dai 250.000 ai 500.000 morti).

Non avendo la pretesa di emettere sentenze sulla natura di quei bombardamenti (crimine di guerra alleato o legittima azione militare), ciò che preme qui è valutare l’effettiva attendibilità dei messaggi (perché solo di questo si è trattato fino ad oggi) lanciati dalla cosiddetta “commissione Müller”. Insieme con le citate, approssimative cifre, il professore onorario della Humboldt-Universität di Berlino aveva infatti annunciato per i primi mesi del 2009 la presentazione di un resoconto dettagliato delle ricerche. Vorranno presentarlo in occasione della ricorrenza dei bombardamenti, pensarono in molti. E così, appena si è diffusa la notizia che la commissione si sarebbe riunita a Dresda il 26 gennaio scorso, si è pensato che questa fosse la data decisa per rendere finalmente noti, con relativa documentazione, i risultati della lunga e faticosa ricerca (dal 2004 sarebbero stati consultati 750 metri lineari di patrimonio archivistico, studiati i documenti di 25 cimiteri, lette le relazioni di 1500 testimoni e realizzate 40 interviste ad altrettanti sopravvissuti). Al contrario, nulla è emerso pubblicamente da quella seduta, se non che i membri della stessa commissione non sono stati ancora in grado di redigere e sottoscrivere un documento conclusivo unitario e che tale documento verrà reso noto “entro la fine dell’anno”.

Per quel poco che trapela dagli ambienti degli studiosi, le materie del contendere sono due: il numero dei tedeschi fuggitivi dai territori orientali presenti a Dresda in quei giorni (almeno alcune decine di migliaia, per alcuni, ma alla commissione ne risulterebbero solo alcune decine) e l’effettivo calore della tempesta di fuoco provocata dai bombardamenti (la commissione sosterrebbe non ci fossero le condizioni perché i corpi umani potessero uscirne completamente distrutti, dunque non più rintracciabili). Ciò che è strano, oltre a questo continuo rinvio di conclusioni messe nero su bianco, è che ad inizio 2007, dunque con la ricerca ancora in corso, il coordinatore scientifico Müller non esitò a dichiarare pubblicamente che il numero delle vittime era stato di circa 25.000, con un’approssimazione per difetto del 20% (dunque all’incirca le stesse cifre fatte cinque mesi fa). Non pochi sollevarono già allora dubbi sul metodo scientifico adottato da Müller e dall’intera Commissione. Rüdiger Prose, redattore della rubrica “Panorama” per il canale televisivo statale ARD, scrisse allora che per quei ricercatori “non era importante la scienza storica […], piuttosto l’intento pedagogico, nel senso di un’ideologia ben precisa: l’uso improprio della scienza per fini politici.” Oggi più che mai, dopo l’ennesimo rinvio e per fugare qualsiasi sospetto di “adeguamento” della ricerca a malcelati fini politici, la comunità scientifica esige ed attende dalla commissione Müller, all’interno di quello che sarà il rapporto finale, una lista dei deceduti, con notizie relative alla loro vita e ai loro destini. Così, finalmente, si saprà a quali fonti si è attinto e, soprattutto, si sarà reso un bel servizio alla verità storica. Ma per ottenere questo, come detto, bisognerà ancora attendere.