E se la difesa della vita fosse una mission tutta italiana?
10 Febbraio 2008
di Daniela Coli
Dopo la notizia degli esperimenti all’università di Newcastle dello scienziato iraniano Karim Nayernia sulla trasformazione delle cellule staminali di midollo osseo femminile in spermatozoi, l’università inglese comunica di avere ottenuto un embrione umano da tre genitori diversi, usando il Dna di un uomo e due donne. Il professor Patrick Chinnery di Newcastle dichiara che in futuro con questo metodo potranno essere evitate al nascituro malattie come l‘epilessia o patologie muscolari, intervenendo sui mitocondri, particelle intracellullari di Dna che possono trasmettere queste patologie. Il feto creato in vitro ha ereditato i geni materni e paterni, ma anche i mitocondri di una terza persona femmina e pure il suo Dna. L’università informa anche che i sei embrioni ottenuti sono stati distrutti. Siamo dunque sia di fronte alla possibilità di produrre in laboratorio figli da due persone dello stesso sesso senza alcun intervento maschile, sia davanti alla realtà di feti di una coppia etero con molteplici Dna, disegnati secondo gli standard estetici e professionali desiderati dai “93 genitori”.
L’ equipe della dottoressa Irina Kerkis del Butantan Institute di San Paolo in Brasile ha inoltre annunciato di essere riuscita a produrre sperma e uova da cellule staminali maschili di topo. Se tutti questi esperimenti vanno avanti, la Kerkis prevede si arriverà alla fase in cui un uomo potrà donare cellule della propria pelle, che potranno essere usate per fabbricare uova, essere fecondate dallo sperma di un partner o anche con il proprio sperma e piazzate in un utero affittato di qualche donna.
Il fenomeno delle ricerche per ottenere la vita umana in vitro non è dunque circoscritto al Regno Unito, sui cui scienziati aleggia la fama di imprevedibili Frankenstein dai tempi della clonazione della pecora Dolly e dai successivi e attuali esperimenti su embrioni umani e animali. In molte parti del globo, non certo solo nel Regno Unito, gruppi di scienziati stanno freneticamente cercando la formula della riproduzione umana, come il medievista pazzo Ligh Teabing del “Codice da Vinci” era alla ricerca del misterioso Graal, che avrebbe distrutto la Chiesa cattolica. Come è noto, per la Chiesa cattolica l’embrione è persona fin dal concepimento, mentre non lo è per il Talmud, il libro sacro dell’ebraismo dove l’embrione diventa persona nel secondo mese di gravidanza, e per gli islamici l’anima entra nel corpo dopo quaranta giorni dalla procreazione. La chiesa anglicana britannica è comunque decisa a non ordinare vescovi gay e a non approvare il matrimonio omosessuale. Sulla questione del matrimonio gay l’anglicanesimo si allea col cattolicesimo: la pubblicità data dai media inglese alla conversione di Tony Blair, paragonato addirittura al cardinale Newman, dimostra che quando è in gioco la natura umana l’anglicanesimo – come le altre chiese cristiane – si unisce alla Chiesa cattolica di Roma. Le associazioni britanniche per la difesa della vita inoltre hanno commentato il nuovo comunicato di Newcastle dichiarando che sono esperimenti eticamente censurabili e pericolosi per l’umanità, perché l’obiettivo è arrivare al bambino su misura, con caratteristiche fisiche e intellettuali desiderate da chiunque lo richieda presso i centri Frankenstein sparsi in tutto il mondo.
Il problema posto da queste ricerche è la distruzione della natura umana e per la tradizione cristiana è impossibile rinunciare alla sua difesa. Se gli uomini sono qualcosa di cui può essere scoperto il mistero della generazione sessuale sarà anche possibile creare – come hanno fatto gli zoologi con gli animali – qualsiasi “uomo” e qualsiasi incrocio tra “uomo” e “animale”, fino a tornare allo scimmione dal quale secondo Darwin siamo evoluti, è chiaro che stiamo per diventare una specie in via di estinzione. Non occorre ricordare quanto l’agnostico Hobbes, il padre della filosofia britannica, che fondò sulla fisica la sua antropologia e sul diritto naturale il “Leviathan”, abbia sottolineato le differenze tra uomo e animale, fissando l’unicità umana sulla capacità di linguaggio, di dare nomi alle cose e sul potere cognitivo della mente.
Queste ricerche sembrano fantasie apocalittiche di scienziati alla ricerca di fama e denaro in cliniche private sparse un po’ dovunque per il mondo, pronti a sfruttare la sofferenza di coppie eterosessuali alla ricerca del figlio mai avuto o del bambino personalizzato secondo le voglie del momento. Per quanta riguarda i gay, sempre tirati in ballo quando si parla di nuove scoperte su embrioni, non vediamo masse di gay e lesbiche nelle strade a chiedere alla scienza e ai governi di fare il miracolo di renderli genitori. Queste ricerche sono la spia della cultura che si è gradualmente imposta e diffusa in Occidente nel ‘900 e mira a scardinare non solo la famiglia – o quel che n’ è rimasto – e non solo i caratteri dell’ uomo occidentale, ma la stessa essenza dell’ uomo, ridotto a prodotto su misura fabbricabile per chiunque, come se un essere umano fosse un bambolotto di plastica, da una cultura malata di delirante volontà di potenza.
Secondo una indagine del NHS (National Health System) riportata recentemente dalla Bbc, nel Regno Unito da metà degli anni ‘90 il numero di bambini nati da madri britanniche è molto minore di quelli British nati da madri non britanniche. In Central London su 10 bambini, 6 sono nati da una madre straniera: nel 2006 secondo i dati dell’ Office for National Statistics sono nati 15.000 bambini dell’ Europa est di più rispetto alla nascite della precedente decade. Le statistiche mostrano inoltre che più di 11.000 bambini sono nati da madri indiane e più di 8.000 da madri africane. Il tasso di nascita British è alto, ma a renderlo tale sono i bambini nati da madri non britanniche. Le statistiche inglesi mostrano chiaramente che siamo noi occidentali a non fare figli, mentre altre culture – come quella araba, indiana, africana – continuano a fare figli. Gli arabi, gli indiani, gli africani, anche se vivono in Occidente, continuano a comportarsi come gli inglesi degli anni ‘ 40 descritti da Roger Scruton in “The Moral Birds and the Bees” , dove ha ricordato come per i suoi genitori fosse chiara la differenza tra “morale” e “immorale” rispetto al sesso. Per Scruton la malattia dell’ Occidente è cominciata con la rivoluzione francese che introdusse il matrimonio civile, togliendo alle nozze il carattere religioso ed è esplosa negli anni ‘ 60 col rapporto Kinsey, le ricerche di Margaret Mead fabbricate con i racconti sessuali degli indigeni di Samoa, con le teorie di Fromm, Reich e Norman O. Brown.
Per secoli la cittadella occidentale è andata avanti con tabù come credere che il sesso fosse innocente solo se santificato dal matrimonio e fosse immorale slegato dall’amore e dall’impegno di condividere vita, figli, fortune, nella buona e nella cattiva sorte, fino alla morte. Forse non è proprio come pensa Scruton e le vetrate istoriate e colorate della cittadella occidentale sono crollate prima degli anni ‘ 60. Come ha osservato Luciano Mecacci, uno dei più autorevoli storici della psicologia italiana, è stata la psicoanalisi a infrangere le vetrate della cittadella della psiche occidentale, a mostrare vizi, angosce, sogni e incubi con i quali la ragione europea era riuscita a coesistere per secoli. Da sempre l’ uomo occidentale è stato consapevole dei propri limiti e ha avvertito il bisogno di un mondo sovrannaturale per spiegare la propria inadeguatezza rispetto all’ immagine ideale, al proprio Supergo, avrebbe detto Freud nel ‘900. Per Cartesio, Dio ha impresso nell’ uomo, l’ unica creatura fatta a immagine di sé stesso, l’ aspirazione alla perfezione e proprio l’ aspirazione alla perfezione, questa impronta divina in esseri imperfetti come noi umani può condurre a errare, a credere di potere superare i propri limiti, di diventare Dio, di divenire figli di sé stessi, di essere onnipotenti. “L’ interpretazione dei sogni” di Freud esce nel 1900, l’ anno della morte di Nietzsche, le cui intuizioni secondo Sigmund coincidono sorprendentem ente con i risultati faticosamente raggiunti dalla psicoanalisi. Freud e Nietzsche, spiriti inquieti, allucinati, tormentati, hanno in comune l’ ammirazione per il mondo greco, la tragedia, il dionisiaco: Zarathustra è orientale, al di là del bene e del male, il fondatore di una nuova religione, che invita gli uomini a diventare ciò che inconsciamente sono. Quanto a volontà di potenza, Freud è il capolavoro di Nietzsche. Nel ‘900 si rompono le tavole del bene e del male, si vuole vivere al di là del bene e del male. Tutto sembra possibile dopo l’ elettricità, i treni, gli aerei, la fotografia, il cinema, il nuovo mondo: il progresso tecnico-scientifico dà l ‘ illusione di essere onnipotenti e questa illusione fa diventare il ‘900 il secolo delle catastrofi.
La celebrazione della “morte di Dio” è la caratteristica di tutto il secolo, convinto che tutto sia lecito per una nuova umanit à senza più padroni, signora del mondo e del suo destino tanto da programmare nichilisticamente anche la propria fine. L’uomo diventa il prodotto di un cocktail chimico, non più il frutto dell’ amore e della passione di un uomo e una donna, carne e sangue della loro carne e del loro sangue. I guru del ‘900 hanno giocato con la morte di Dio e con la morte dell’uomo e siamo arrivati a un paganesimo feroce che chiede in continuazione sacrifici umani. In questo caos ferino lasciatoci in eredità dal ‘900 non è un caso sia il vescovo di Roma, “una città segnata da un destino divino”, come la definì Thomas Hobbes nel “Discourse of Rome”, a difendere la vita umana anche prima della nascita, specialmente se fragile. L’ Italia, come affermò Augusto Del Noce quando osservò che era stata la prima terra in cui si era manifestato il suicidio della rivoluzione di Marx, è un paese con un destino speciale. Qualcosa che ha a che fare con ciò che Huzinga definì semplicemente la civiltà italiana, una civiltà diversa dalla Kultur e dalla Zivilisation, perché improntata dal cristianesimo, che ha appunto alla sua base il principio della difesa della vita anche dei più deboli. Una cultura che non è estranea all’ Europa che ha conservato le chiese nel proprio skyline, né alle cristiane isole britanniche.