Fatto così il tempo pieno non serve proprio a nessuno
05 Marzo 2009
I giornali di qualche giorno fa denunciavano come fatto grave la richiesta di molti genitori, soprattutto romani, del tempo pieno nella scuola elementare. Nel raccontare il fatto, si cavalcava il sovrannumero di richieste per rilevare al ministro l’inefficacia della proposta educativa del suo governo.Poco più di qualche polemica giornalistica. E’ invece opportuno fare un po’ di chiarezza sul tempo pieno nella nostra scuola elementare.
Queste due parole, “tempo” e “pieno”, messe insieme, sono state per anni , sia per gli insegnanti sia per i genitori, rassicuranti. Sembra che questo tempo sia pieno di tutto e faccia la felicità dei ragazzi. Sembra possa dare: istruzione, educazione, formazione, serenità, tutela dalla strada, dalla tv. Insomma una panacea. Analizzando con attenzione, forse pochi, o solo “gli addetti ai lavori”, sanno com’è organizzato questo tempo e la poca utilità che ha per gli alunni. Mentre ne ha sicuramente per gli insegnanti, i quali hanno il grande vantaggio di un tempo dilatato, nel quale poter lavorare con meno alunni, con due ore a settimana di presenza simultanea con il collega, più le compresenze con inglese e religione. Soprattutto rispetto a un modulo, l’insegnante ha la metà degli alunni. Rispetto a un tempo corto ha meno materie e meno responsabilità della classe, poiché condivisa con il collega.
Vediamo nello specifico il funzionamento del tempo pieno: si entra alle 8.30 e si esce alle 16.30. Si fanno due ricreazioni, a metà mattina e dopo pranzo. Il pranzo dura un’ora, le due ricreazioni circa mezz’ora, a discrezione del buon senso dell’insegnante. In tutto sei ore di lezione. Poiché di lezione si tratta. Infatti, nella mattina, c’è un insegnante che cura un’area, ad esempio logico matematica, che può comprendere matematica, scienze, geografia, informatica,musica; nel pomeriggio, l’area linguistica,che comprende italiano, storia, educazione all’immagine,educazione motoria. Poi c’è religione e inglese. Tutte le diverse materie insieme alla religione e all’inglese possono essere divise a discrezione degli insegnanti tra di loro. Tutte queste materie, sono quindi insegnate e gli alunni ascoltano, apprendono?
In pochi casi isolati, gli alunni si esercitano anche sulla spiegazione dell’insegnante. Non c’è spazio per i compiti fatti da soli e per lo studio, poiché nel pomeriggio come già detto, si fa lezione. Purtroppo nella maggioranza dei casi questi ragazzi non raggiungono, dopo cinque anni di scuola elementare, la capacità di saper studiare da soli e fare i compiti. Arrivano alle medie con grandi difficoltà e non riescono ad affrontare i compiti il pomeriggio da soli. Il vero paradosso è che la maggior parte di loro va a ripetizione in quasi tutte le materie. Emerge che da quest’organizzazione di lavoro, escono ragazzi impreparati, che non sanno pianificare il loro lavoro nel tempo e che non hanno un metodo di studio. Non riescono a tramutare il bagaglio di nozioni in competenze e abilità che permettono il passaggio dalla conoscenza alla competenza. Si è sempre detto che il tempo pieno fa socializzare; ma quando dovrebbe accadere questa socializzazione? Nelle nostre scuole siamo ancora lontani dall’insegnamento cooperativo e di gruppo; inoltre i laboratori per i lavori esperienziali nella maggior parte delle scuole non esistono, e solo in poche scuole ci sono giardini che permettono di fare giochi all’aperto.
Se consideriamo con attenzione i ragazzi di oggi, un tempo scuola così pensato è superato e poco utile. Essi, infatti, hanno difficoltà a concentrarsi, a stare fermi. Sono informatissimi, ma in modo superficiale. Presentano una forte differenza tra l’informazione e la maturità emotiva; quindi spesso, l’eccesso di nozioni e notizie li rende solo più agitati. Infatti, con un orario così lungo c’è un accumulo di nozioni che non può essere elaborato. Rimanere fermi per sei sette ore stressa questi ragazzi, che in tal modo non hanno il loro tempo di riflessione, di silenzio, nel quale si possono elaborare concetti e fare riflessioni. Abbiamo di fronte un nuovo alunno, complesso, e più difficile da raggiungere, irrequieto, che a volte è più informato dell’insegnante. Sono aumentati i disturbi di attenzione e di apprendimento, ed anche per questo un’eccessiva permanenza nella scuola con quest’organizzazione non è efficace. Questo tempo pieno non funziona neanche se pensato come servizio sociale, poiché sono davvero pochi i genitori che lavorano fino alle 16.30, dunque quale genitore aiuta?
Pertanto, anche se la scuola, cosa che non dovrebbe essere, potesse sostituire: la famiglia, la baby sitter, la televisione, la strada; neanche in questi casi il tempo pieno così com’è servirebbe. Allora avrebbe più senso una scuola, dove la mattina dalle 8.30 alle 13.30 s’insegna e il pomeriggio si fanno i compiti, assistiti dagli insegnanti, poi il resto del tempo si potrebbe occupare con sport, giochi e laboratori artistici. In questo modo si avrebbe un vero tempo pieno, dove sarebbe possibile realizzare l’istruzione e la formazione dei ragazzi che avrebbero in questi spazi di scuola, lavoro e studio, anche la reale possibilità di conoscersi e imparare a collaborare studiare e giocare insieme. In tal caso ne beneficerebbero tutti ma soprattutto le fasce più deboli.