Forlani: “Le politiche assistenziali deprimono le competenze e non sconfiggono la povertà”
24 Giugno 2022
“E’ sacrosanto che le persone vogliano trovare condizioni di lavoro migliori, ma questa giustificazione sulle aspettative spesso rispecchiano una situazione in cui, se non hai le competenze, o ti mantiene lo Stato o ti mantiene la famiglia. Non c’è nulla di valoriale dietro questi comportamenti”. La pensa così Natale Forlani, membro del Comitato scientifico della Fondazione Magna Carta, interpellato dall’Occidentale sulla carenza di forza lavoro e di stagionali denunciata dalle imprese a causa del Reddito di Cittadinanza.
Secondo Forlani, che dal 2010 al 2012 è stato a capo della Direzione dell’Immigrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e che ha ricoperto la carica di segretario confederale della Cisl, “il Reddito di Cittadinanza nasce da un equivoco di fondo: quello di soppiantare uno strumento residuale, come il reddito d’inclusione, ed estendere genericamente a tutti i disoccupati una sorta di sussidio generalizzato, rafforzando lo strumento con politiche vagamente destinate al reinserimento lavorativo. Oggi però, se si guarda la mappa della povertà assoluta realizzata dall’Istat, l’indigenza dei singoli riguarda circa l’8% della platea, mentre la mappa delle erogazioni Inps segnala che il 42% dei destinatari del Rdc sono single. Le famiglie numerose e gli immigrati poveri restano esclusi a causa del meccanismo per la selezione. Uno strumento che punta a combattere la povertà è tale se esclude nuclei familiari e immigrati? Io non credo”.
Il Reddito di cittadinanza, secondo le intenzioni del governo gialloverde che portò in Parlamento la misura, è nato per combattere la povertà. Eppure, spiega Forlani “pur considerando che la pandemia ha peggiorato la situazione, oggi viviamo uno scenario di ampliamento dei sussidi generalizzati. Nonostante questo, però, nel 2021 i poveri in Italia sono secondo l’Istat 5,6 milioni, un milione in più rispetto ai dodici mesi precedenti. La lotta alla povertà è stata un pretesto per disperdere soldi”. E se lo strumento non ha sortito effetti dal punto di vista del riequilibrio economico e sociale, sul fronte del reinserimento lavorativo sembrano ben pochi i passi avanti. “Semplicemente – continua – il Reddito di Cittadinanza non ha aiutato le persone a trovare lavoro. Ma qui si evidenzia un equivoco di fondo. Le politiche di welfare devono contribuire a prevenire le situazioni di indigenza non diventare strumenti di sussidio generalizzato. Laddove esistono, negli altri paesi, i sussidi sono strumenti assolutamente residuali”. Intervenire oggi su uno strumento diventato base di consenso politico “è molto difficile”, secondo Forlani, che anzi prevede che “sarà più facile ampliarlo che intervenire per restringerne gli effetti”.
Oggi l’Italia vive un paradosso: la convivenza tra uno strumento come il Reddito di Cittadinanza, che dovrebbe sostenere e incentivare al lavoro i disoccupati percettori, e la voce delle imprese che grida la carenza di personale, in particolare nel settore dei servizi. Basti pensare ai 300mila lavoratori che mancano nel settore turistico. “Questo problema ha a che fare con diverse dinamiche legate a domanda e offerta”, segnala Forlani. “Uno – continua – è legato alle competenze: anche pagandole bene, si fatica a trovarle. Basti pensare al settore pubblico dove vediamo spesso i concorsi fallire. Poi c’è tutta la fascia della bassa qualificazione sulla quale indubbiamente l’aspetto delle politiche assistenziali pesa eccome”.