Gas, la corazzata Eni difende l’Italia nel Mediterraneo
30 Settembre 2022
Il lungo inverno energetico che attende un’Europa scossa e più che mai divisa potrebbe vedere l’Italia meno sofferente di altre nazioni. Questo grazie ai progetti sviluppati negli ultimi 15 anni dall’Eni nei paesi del Bacino del Mediterraneo.
E’ notizia di ieri che la Germania, sganciandosi nei fatti dal progetto di un tetto al prezzo del gas, sia in procinto di lanciare un mega piano da 200 miliardi per scudare imprese e famiglie dal caro bollette. Una decisione che sta scuotendo Bruxelles e l’Europa.
La crisi è alle porte e l’Italia ci arriva probabilmente attrezzata meglio di altri. Nelle settimane successive all’invasione russa dell’Ucraina, Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ha dato il via a una serie di viaggi mirati verso paesi africani potenziali fornitori di gas. Algeria, Angola, Egitto, Repubblica Democratica del Congo: nel corso di queste missioni, l’Eni e il Governo Draghi hanno impostato una prima strategia di risposta alle nubi che si addensavano sul fronte energetico. L’obiettivo, infatti, era proprio quello di sfruttare i rapporti di fornitura esistenti con quelle nazioni, per assicurarsi gas extra in sostituzione dei volumi provenienti dalla Russia, fino ad allora principale fornitore di Roma. Una risposta rapida, improntata al pragmatismo, che però non tutti i paesi europei sono stati in grado di fornire.
Tra questi, la Germania. Berlino è da sempre sinonimo di strapotere economico, influenza politica e diplomatica e pianificazione prudente. Eppure, di fronte alla crisi energetica, è stata colta impreparata. Oggi la Germania si trova sull’orlo della recessione, il sistema industriale deve fare i conti con la necessità del razionamento di gas ed elettricità e ha appena nazionalizzato una grande utility.
La prossimità con i paesi del Bacino del Mediterraneo, ma anche una certa familiarità con crisi economiche e risposte resilienti hanno contribuito a mettere l’Italia in una posizione meno ansiogena su gas ed energia.
Grazie alla strategia dell’Eni nel Mediterraneo, il nostro Paese si è assicurato forniture aggiuntive di gas e può coltivare la più che fondata speranza di non aver bisogno di razionare l’energia.
Gran parte dell’Europa è stretta nella preoccupazione di un inverno difficile: in prima linea ci sono Germania, Ungheria e Austria, fortemente dipendenti dalle forniture russe. Le nazioni meno colpite includono Francia, Svezia e Gran Bretagna, tradizionalmente meno legate al gas di Mosca, ma anche l’Italia, grazie alla porta aperta sul Mediterraneo. Questo nonostante negli ultimi decenni, l’Italia non abbia mai messo in discussione il ruolo della Russia come suo principale fornitore di gas. I legami di lunga data con i fornitori africani hanno però posto l’Italia in una posizione più agevole, rispetto ad altri paesi, nella risposta all’eventuale stop delle forniture russe.
La strategia però viene da lontano. Da tempo Eni è impegnata nel consolidamento della cooperazione energetica con i Paesi nordafricani. A oggi è presente in 14 nazioni, ha investito già 37,1 milioni di euro per lo sviluppo locale e 14,3 milioni in attività di sviluppo infrastrutturale. E’ il più grande investitore upstream, con 7 progetti in corso e 4 attivati o in fase di sviluppo nel fotovoltaico.
Lo scorso anno l’Italia ha consumato 29 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia, pari a circa il 40% delle sue importazioni. Secondo Eni, gradualmente, verranno sostituiti circa 10,5 miliardi di metri cubi di materia prima russa, aumentando le importazioni da altri paesi. La maggior parte del gas extra arriva dall’Algeria. Il Paese guidato da Aimen Benabderrahmane ha assicurato che aumenterà le consegne totali in Italia di quasi il 20%, con 25,2 miliardi di metri cubi forniti. Algeri diventa quindi il primo fornitore di Roma, con il 35% delle importazioni totali. Intanto la quota di gas russo scende inesorabilmente.
A partire dalla primavera del 2023, un flusso crescente di gas naturale liquido inizierà ad arrivare verso l’Italia da paesi come Egitto, Qatar, Congo, Nigeria e Angola, consentendo al nostro Paese di sostituire altri 4 miliardi di metri cubi di gas russo.
Per aggiungere ulteriori elementi all’analisi della strategia perseguita dall’Eni, è nuovamente utile il confronto con la Germania. Nel 2006, era l’Italia a correre senza indugi tra le braccia di Mosca. In quell’anno, Eni siglava l’accordo più massiccio mai sottoscritto da un’azienda europea con il colosso energetico Gazprom per la fornitura di gas.
Negli ultimi otto anni, però, Germania e Italia hanno preso strade diverse. Berlino ha raddoppiato il consumo di gas russo ed è diventata sempre più dipendente da Mosca, mentre Roma ha cercato di aprire al Mediterraneo per esplorare nuove possibilità.
A partire dal 2014, con l’arrivo di Descalzi alla guida dell’Eni, l’azienda ha iniziato a tracciare un percorso nuovo. L’ad, forte di esperienze di supervisione di progetti in luoghi come Libia, Nigeria e Congo, si è concentrato sull’area di cui aveva un’ampia conoscenza: l’Africa e il Bacino del Mediterraneo. Competenze ed esperienze che, in sinergia con il Governo Draghi, hanno consentito all’Italia di impostare una strategia per rispondere in maniera più agile ed efficace al ricatto russo.