I centristi puntano al partito liberale dei cattolici

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I centristi puntano al partito liberale dei cattolici

I centristi puntano al partito liberale dei cattolici

26 Febbraio 2008

Dopo la
rottura tra Berlusconi e Casini, gran parte della stampa nazionale ha
dedicato commenti e analisi (più o meno condivisibili) sull’operazione di
riaggregazione del centro che vede tra i principali attori proprio l’UDC di
Casini e la Rosa Bianca
del duo Pezzotta-Tabacci.

È
indubbio che a più di quattordici anni dallo scioglimento del partito dei
cattolici per eccellenza (la Democrazia Cristiana), l’operazione centrista
rappresenti un fatto politico significativo. Ciò che lascia quantomeno
perplessi è però l’immagine caricaturale che si è cercato di dare all’idea di
un centro moderato di matrice cattolica alternativo sia al Partito Democratico
che al Popolo della Libertà.

Ma chi
l’ha detto che il partito di centro cui pensano Casini, Buttiglione e Tabacci
debba necessariamente essere un partito fotocopia (e peraltro notevolmente più
piccolo) della vecchia DC? Perché anziché ridicolizzare la sfida centrista
riducendola ad una disinvolta operazione di ritorno al passato non si cerca di
comprendere lo sforzo culturale ed ideologico su cui si fonda?

Negli
ultimi mesi sono nati due nuovi (pseudo) partiti: il Partito Democratico e il
Popolo della Libertà. È chiaro però che al di là delle operazioni di facciata,
nello sforzo di semplificazione del quadro politico portato avanti tanto da
Veltroni quanto da Berlusconi c’è un grande assente: la cultura e l’identità
politica. Qualcuno dovrebbe infatti spiegarci quali sono i criteri ordinatori
di natura politica ed ideologica su cui si fondano i due nuovi partiti, così
come dovrebbero spiegarci come sia possibile che in una stessa lista siano
presenti candidati espressione di forze politiche aventi visioni economiche e
valoriali eterogenee e talora antitetiche.

Cari
dirigenti del PD e del PdL, per cambiare l’Italia (rialzarla, rilanciarla, che
dir si voglia) serve un progetto politico fondato su una chiara e realmente
condivisa visione dell’economia e della società, frutto di elaborazione e di
confronto dialettico. Proprio ciò che sia a destra che a sinistra (o almeno nel
PD) oggi manca clamorosamente.

Torniamo
da dove siamo partiti e cioè dalle analisi e dai commenti dei giornali di
questi giorni su quello che potrà essere il “centro” cattolico cui pensano
Casini e Tabacci. Se uno stimato editorialista del Corriere come Ernesto Galli della Loggia
definisce quella centrista come una disinvolta operazione volta a “gettarsi il
passato dietro le spalle e far finta che ciò che è successo non sia successo o
non voglia dire nulla” (riferendosi chiaramente alla DC) vuol dire che i
centristi devono seriamente investire risorse per spiegare all’opinione
pubblica e non solo che, diversamente da PD e PdL, il partito dei cattolici può
essere molto più di una lista elettorale o di un partito “soft”.

L’opportunità
storica di riaggregare le forze di centro presenti nel nostro panorama politico
può non essere, come vorrebbero farci credere, un ritorno nostalgico alla
Democrazia Cristiana, a quel “centro” cioè dedito al consociativismo che
purtroppo abbiamo conosciuto nel corso della prima repubblica.

Sono
ormai maturi i tempi per un’analisi critica dell’esperienza democristiana, per
comprendere cioè, con obiettività e rigore, i pregi e limiti di una stagione
che ormai non c’è più. Il tentativo di dar vita ad un nuovo partito dei
cattolici potrà, infatti, avere successo solo se sarà in grado di far tesoro
del bagaglio dei valori custoditi dalla tradizione democristiana e di
affrontare i problemi nel nostro tempo con libertà di pensiero e curiosità
intellettuale; perché è solo dalla rielaborazione critica della propria storia
e da uno sforzo ricostruttivo che possono venire idee autenticamente “nuove”,
destinate a durare nel tempo e ad appassionare gli animi e i cuori della gente.

Il
“centro” che immagino e su cui spero convergano tutti i cattolici impegnati in
politica, è una forza che si rifà non tanto e non solo alla storia della
Democrazia Cristiana, ma alla tradizione cattolica, a quella visione
antropologica e sociale ancor’oggi straordinariamente attuale. Per questo,
immagino un “centro” capace di richiamarsi con autorevolezza e credibilità
all’identità ed alla tradizione cristiana e, sul terreno squisitamente
politico, a quel popolarismo sturziano che ha mirabilmente coniugato
l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa con la visione liberale
dell