Il 2 giugno una parata (quasi) perfetta

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Il 2 giugno una parata (quasi) perfetta

Il 2 giugno una parata (quasi) perfetta

04 Giugno 2010

E’ sempre emozionante assistere alla parata militare del 2 giugno ai Fori Imperiali, anche se quest’anno è stata fatta all’insegna dei tagli, a cominciare dalla mancata partecipazione da parte della leadership della Lega Nord, cosa che ha scatenato qualche polemica. Nessun tipo di polemiche, invece, sui tagli ad altre bazzecole, di cui nessuno ha parlato.

Tagli alle tribune? No. Ogni volta che vedo quello schieramento impressionante di tribune lungo tutta la via dei Fori Imperiali non posso fare a meno di ricordare che dieci anni fa le tribune erano la metà, vent’anni fa erano un quarto di adesso, trent’anni fa erano un ottavo e quarant’anni fa erano un sedicesimo. Fra altri dieci anni saranno sicuramente il doppio di oggi. La tribuna proliferante è uno status symbol, una metastasi indicativa dell’Italia odierna che si nutre di ridondanza, di inutilità e di spreco e il fenomeno non è riscontrabile altrove su tutta la faccia dell’orbe terracqueo. E non posso fare a meno di ricordare quando, a Vienna, ho assistito alla parata militare per la festa nazionale austriaca. La gente guardava la sfilata delle truppe stando tranquillamente sul marciapiedi. Quando è giunto sul posto il Presidente della Repubblica Austriaca, si è sistemato sul marciapiedi in mezzo a noi, come se fosse un comune mortale (e probabilmente lo era). Niente tribune, niente corazzieri, niente trombe, inni, tappeti rossi. E l’indomani nessuno ha bloccato il traffico di Vienna per smontare centinaia di inutili tribune.

Tagli ai commentatori? Nemmeno. Quest’anno i commentatori televisivi erano tre, più il Generale Fogari in qualità di esperto. I primi tre si parlavano addosso contemporaneamente sovrapponendo i loro discorsi, e ogni tanto chiedevano un parere all’ufficiale, salvo prontamente interromperlo perché nel frattempo stava accadendo qualcos’altro. E così anche quest’anno abbiamo sentito le consuete perle. “Ecco l’ascensione delle autorità lungo la scalea dell’altare della patria”. Ohibò, io sapevo che nel caso della Madonna si parla di “assunzione” mentre il termine “ascensione” è riservato a Gesù. Va bene il massimo rispetto per le più alte cariche dello stato, però…
“I Granatieri sono la forza armata più anziana”. Che siano anziani non c’è dubbio, ma non sono una forza armata, o perlomeno non ancora.
“Sono passati sessantaquattro anni di pace”. E la parola “pace” mi ha fatto tornare alla mente la guerra di Corea, la guerra del Congo, la guerra in Libano, la guerra in Somalia, la guerra in Bosnia, la guerra in Kosovo, la guerra in Iraq, la guerra in Afghanistan, e tutti i Soldati italiani che in quelle guerre hanno lasciato le loro vite.
Sorvoliamo su “Questi cani sono pastori belga” ma è più difficile sorvolare su “Le crocerossine portano la croce rossa come quella della bandiera della Svizzera, dove la Croce Rossa è nata”. E se facessimo parlare solo Fogari? Scommettiamo che il taglio alle corbellerie sarebbe drastico?

Tagli ai telefoni cellulari? Neanche. Il telefonino l’ha fatta da padrone come e più degli anni scorsi. Telefonineggiare con chissà chi mentre passava una Bandiera di guerra onusta di decorazioni al valor militare in questo 2 giugno è stato tipico di ogni inquadratura sulle autorità e affini, in maniera assolutamente bi-partisan.

Tagli ai motti? Giammai. Ricordate i bei tempi in cui i paracadutisti erano gli unici a far tremare le vestigia degli antichi fori con il loro possente grido “Folgore”? Ebbene, tempi passati. Parallelamente alla proliferazione della tribuna ha avuto luogo la moltiplicazione incontrollata del motto gridato, da parte di tutti, a costo di dare i numeri. Non che la cosa sia negativa, anzi, rinsalda lo spirito di corpo e crea coesione e fierezza. Purché il motto sia breve, fulmineo e di alto significato. Ma quando il motto gridato arriva a quattro o cinque sillabe, tipo“Po-li-zi-a!” o “Tre-di-ce-si-mo!”, c’è qualcosa che non torna. Peggio ancora quando le sillabe sono addirittura sei come nel caso di “Ven-ti-quat-tre-si-mo!”. Roba da far venire l’orticaria.

Tagli alle immagini? Quelli sì. Quest’anno non si sono viste, quantomeno alla tivù, le macchinette raccoglitrici (o sparpagliatrici?) di escrementi equini dopo il passaggio dei reparti a cavallo. Poco male, perché la scena non è delle più edificanti o fotogeniche. Però bisognerebbe trovare la soluzione tecnica per eliminare anche il rumore, perché è inutile e anche un po’ imbarazzante inquadrare le tre più alte cariche dello stato col sottofondo della colonna sonora inconfondibile che tradisce il passaggio delle suddette macchinette.
Un’altra scena che in tivù non si è vista è quella degli incursori di Marina del Comsubin che marciano col tradizionale “passo pinnato”. Forse a qualcuno dà fastidio un passo che ricorda quello detto “dell’oca” usato da nazisti e fascisti ottant’anni fa? In tal caso a quel qualcuno sfugge che il passo dell’oca appartiene molto più -politicamente parlando- al mondo rosso che a quello nero.

Tagli alle buonuscite? Quelli anche. I Soldati eccezionali (nonostante chi li guarda dalle tribune, direbbe Elio Germano) che hanno sfilato il 2 giugno non sapevano ancora, ma lo sapranno presto, qualora ciò che si dice sulla manovra da 25 miliardi si rivelasse vero, che quando lasceranno il servizio attivo le loro buonuscite le vedranno col binocolo. In base ad anticipazioni apparse sulla stampa, le buonuscite non saranno più liquidate in unica soluzione entro novanta giorni dal congedo ma verranno diluite nel tempo. Un quarto dopo mezzo anno, un altro quarto dopo un anno e il rimanente dopo due anni. Un furto vergognoso, perché si tratta di soldi loro, che loro stessi hanno meritato col sudore e col sangue. E invece lo stato li tratterrà per sé, sperando che l’interessato nel frattempo muoia, nel qual caso nulla gli sarà dovuto.

Diceva Luigi Einaudi che l’inflazione è la tassa più iniqua. Lo diceva solo perché non immaginava che sessant’anni più tardi qualcuno avrebbe inventato qualcosa di ancor più vergognoso.