Il Giro d’Italia 2008 ricostruisce la storia del Paese

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Il Giro d’Italia 2008 ricostruisce la storia del Paese

14 Maggio 2008

“Dia retta a me, signor Ministro: mandi una circolare in tutte le scuole e disponga che il Giro d’Italia diventi materia di studio. Ma sì, ha capito bene: non che gli scolari debbano imparare com’è fatta una bicicletta. L’idea è di seguire, tappa dopo tappa, anche solo in tivù, la geografia del Bel Paese”. Nantas Salvalaggio dovrebbe aggiornare la sua storica lettera a un’immaginaria Mariastella Gelmini, e ribattere “Geopolitica” al posto di “Geografia”, materia ormai inconsistente ai tempi del Tom Tom e di Google Earth.

Perché il Giro dell’Italia del 2008 percorre un itinerario che è tutto un programma, insieme d’istruzione e di ri-costruzione di quello che è il Paese reale, vivo, profondo, l’originale della Nazione, per così dire. Mica l’altro, disegnato su carta da giornale o su un libro dei sogni.

Partenza in tre tappe dalla Sicilia del Movimento Per l’Autonomia, festa grande accogliente e spendacciona, sul podio con la prima maglia rosa ecco altissime miss vasa vasa, dal basso intraprese economiche e sociali provano a rialzarsi sui pedali, ne hanno ancora di loro e senza bisogno dell’aiutino di Stato. Transito dall’agrigentino di Angelino Alfano e poi dal catanese di Raffaele Lombardo. A Messina piede a terra e improvviso dietrofront, fino alla Milazzo di nostalgie borboniche: ancora troppo dura la rampa d’accesso al ponte, rimasto in sospeso sullo Stretto.

Alla larga dalla Reggio Calabria-Salerno (meglio nota come Salerno-Reggio Calabria), la carovana sosta a Catanzaro Lungomare, a Belvedere Marittimo, a Contursi Terme. Che fanno molto località turistica, per come possono e per come vogliono. Peschici vuole un risarcimento dai danni d’immagine subiti nel luglio scorso, quando i danneggiati dagli incendi non s’immaginavano tanto: tanto clamore e tanto dolore.

Consolerà Nichi Vendola, almeno per un po’. Passaggi dalle Puglie agli Abruzzi (Vasto, Pescocostanzo) e dagli Abruzzi ai Lazzi, con una o due z.

A Tivoli, “Comune libero dagli Ogm” ma anche a rischio favismo, amministra il vecchio centrosinistra unito anziché il nuovo centrodestra diviso. Lupomanni solitari a Capalbio, toccata dalla Civitavecchia-San Vincenzo. Pesaro-Urbino, Urbania-Cesena, Forlì-Carpi: è l’Italia provincia del Giro e il giro della moltiplicazione delle province, grasse sazie e disparate, terre di mezzo epica etica etnica Pci emiliano, “Miglior buon governo cittadino”. Da Cittadella in poi, niente è stato e sarà più lo stesso.

Massimo Bitonci dev’essere contento di essere arrivato uno, così dicevano-che-dicevano i ciclisti rozzi e ignoranti, Ciao mama! Padroni a casa nostra. Legge e ordinanza, tolleranza zero e molti più soldi sul territorio, difeso con la lingua e con i denti. Se necessario, anche con le ronde (Ronde, Giro nelle Fiandre, altra piccola patria nella grande Europa forcolandia).

Poi Verona, arena per lo spettacolo del dibattito sul razzismo, sulla violenza, sulla diseducazione. Poi Val di Fiemme, Dolomiti, Plan de Corones/Kronplatz, Locarno, Mendrisio, Varese, valli bergamasche, Valtellina e infine Milano, Expo 2015: palestre di roccia per gli scalatori e gli imprenditori in cordata, alta velocità da pianura, un aereo da prendere e un traguardo da tagliare.

Nordest, Lombardia, Svizzera, ancora Lombardia, sempre Lombardia. E ad anticipare l’arrivo del Giro dell’Italia del 2008, esperienza pedagogica maggiolina per una ricognizione sufficiente della geopolitica del Belpaese, voilà il principe azzurro nel suo Castello, da dove già a marzo era bell’e partita la Milano-Sanremo, sette settimane prima della corsa rosa, “Tutto il rosa della vita”; da dove il castellano aveva visto giusto, aveva (quasi) previsto tutto, aveva saputo immaginare e interpretare alla meglio, lo spirito che smuove e agita gli italiani. Il lieto fine, va da sé, è per un finisseur. Anche se il Cavaliere non è più l’uomo solo al comando.