Il partito dei cattolici: un déjà vu che ha già fallito
25 Febbraio 2008
di Daniela Coli
Pier Ferdinando Casini
ha diritto di avere ambizioni e anche di tentare di resuscitare la Dc, un
partito importante della storia italiana, a cui tutti siamo pronti a
riconoscere i meriti, però di un partito dei cattolici non c’è alcun bisogno –
come sostiene Ernesto Galli della Loggia –, perché la Dc fallì a difendere
alcuni fondamentali principi cattolici. Per esempio, non vi era alcun bisogno
del referendum sull’aborto. La Dc fallì in quel caso politicamente e anche come
“partito dei cattolici”. Infatti, il referendum fu deciso dai leader
democristiani perché convinti che non sarebbe passato e fu invece una catastrofe
ancora più forte del divorzio. Con i referendum sul divorzio e sull’aborto, la
Dc dette una grande arma politica e principalmente alla sinistra che voleva
batterla e secolarizzare i cattolici italiani.
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Quando una forza
politica dà un’arma preziosa agli avversari e la fa diventare un boomerang,
qualcosa non funziona. Quindi, se la Dc si fosse comportata come un partito
politico, aperto a ogni religione, e avesse lasciato alla Chiesa e alla società
civile il compito e il diritto di discutere, l’aborto non sarebbe diventato
quella crociata politica e culturale che diventò per la sinistra. Sarebbe stato
invece compito della Dc sia occuparsi della famiglia e adoperarsi per leggi a
suo sostegno sia non abbandonare l’università alla sinistra, in una specie di
spartizione del potere. Galli della Loggia sottolinea come siano i non credenti
ad avere rivalutato, dopo la fine della Dc, l’importanza della Chiesa. Occorre
però ricordare che se il cattolicesimo fa parte dell’identità italiana, non è
però una religione nazionale, ma ecumenica, diffusa in tutto il mondo, dove
attivamente opera in soccorso dei più deboli, sollecitando la carità, anche di
chi non è credente o crede in altre religioni, per organizzare ospedali,
scuole, orfanotrofi, aiuti per chi non ha cibo, tetto, lavoro. Sarebbe
profondamente errato ridurre il messaggio e l’attività ecumenica di una
religione fondata come il cattolicesimo a partito politico.
E’ anche vero che i
partiti politici sono incapaci di controllare la religione in un paese come
l’Italia, e non poteva, né può certo farlo, un partito dei cattolici.
L’identità di un paese, e anche quella religiosa, deriva da equilibri più
complessi di quelli controllabili da un partito, perché è qualcosa dipendente dagli equilibri e gli
squilibri della grande politica, che sono imprevedibili. La Dc è stato un
partito importante, ma le scelte dei suoi leader erano miopi, finalizzate a
risolvere problemi occasionali e anche temi come quello del divorzio e
dell’aborto furono affrontati con strumenti tutti politici, con una propaganda
banalizzante, senza quella riflessione intellettuale civile che sarebbe stata
necessaria. Il laico Norberto Bobbio, all’epoca, dichiarò inaccettabile
l’aborto e non trovò in campo cattolico una sponda, né chi raccolse il suo il
suo discorso, lo invitò a discutere, a dialogare. Oggi, un ex-comunista come
Ferrara è capace di fare dialogare forze politiche diverse sull’aborto, perché
non lo considera semplicemente la battaglia di un partito, ma un problema
filosofico, culturale, una questione dell’intera società civile, dove laici e
cattolici discutono insieme e poi votano i partiti che ritengono più adatti a
governare la loro città e lo stato. I partiti erano diventati in Italia
Leviatani dove si decideva tutto:
dall’industria alla morale, mentre uno stato liberale non dà la morale e non
può darla, perché altrimenti diventa totalitario. Fa leggi per governare una
società, non per decidere su questioni delicate della vita privata. Si ammira
la Chiesa, proprio perché ha dei propri principi che continua a seguire anche quando è minoritaria.
Stranamente per un
partito che si definiva cattolico, la Dc abbandonò troppi campi decisivi alla
difesa dei principi cristiani e si rivolse ai suoi tradizionali serbatoi
elettorali, senza tentare di conquistarne altri, diversamente dal Pci, che
catechizzava, convertiva, stabiliva dogmi, fissava la morale, dominava la
cultura. La politica è la guerra delle parole e abbandonare l’università e la
cultura, non fare una battaglia contro il degrado della politicizzazione
dell’università, accettare l’egemonia marxista sulla vita intellettuale, è
difficile da comprendere per qualsiasi partito voglia contare e ancora meno per
uno che si definiva cattolico. Quindi, tanti auguri a Casini, ma il partito dei
cattolici aveva un senso nel primo Novecento, quando i cattolici avevano
davvero bisogno di un partito che difendesse la loro causa, il loro diritto a
esistere. Ora, la questione si pone in termini diversi, perché viviamo in uno
stato multireligioso e la Chiesa è ammirata e stimata proprio perché una
secolarizzazione totalitaria ha invaso territori come la morale, che mai
avrebbe dovuto invadere, producendo fanatismo e tentativi di amministrare corpi
e cervelli delle donne e degli uomini nella sfera più intima e privata. In uno
stato dove si legifera su tutto e dove al politico di turno si chiede in tv
opinioni su tutto – dal calcio agli embrioni –, difendere uno spazio dove la
società civile possa riflettere senza calcoli partitici su problemi importanti
quali l’aborto, il partito dei cattolici di Casini è un déjà vu che avremmo
preferito non rivedere.