Il portaborse

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Il portaborse

Il portaborse

16 Dicembre 2022

Chissà se il portaborse era pienamente consapevole del gioco che gli ruotava intorno. A lui, al suo capo e alla compagna, l’ex vicepresidente socialista dell’Unione europea. Perché mentre i rotocalchi raccontano la dolce vita del velista di Bruxelles che amava postare foto su Instagram, tra una valigia piena di soldi e la debacle del terzomondismo, il quadro si complica.

Ci sarebbe stata Doha nello schema corruttivo squadernato dalla procura belga in attesa dei processi, ma anche Rabat. Gli emiri interessati allo sportwashing e a favorire le aerolinee qatarine, ma anche i servizi e la diplomazia della monarchia marocchina, convinti, forse, di poter chiudere a loro favore la partita nel Sahara occidentale ricco di risorse e crocevia di interessi geopolitici non secondari.

Il portaborse e la pista del Marocco

In questa seconda pista del gioco, gli europarlamentari coinvolti a più livelli nell’inchiesta avrebbero potuto spingere Bruxelles a scaricare le ambizioni indipendentiste del Polisario. Il popolo Sharawi spalleggiato da Algeri, una partita che si trascina in Nordafrica da almeno un decennio. “Il Marocco potrebbe aver finanziato Panzeri e soci per annacquare le risoluzioni sul Sahara Occidentale e i diritti umani,” scrive su Twitter la socialista Ana Gomes.

Chissà se il portaborse cresciuto all’oratorio e laureato in Scienze Politiche, che adesso vuota il sacco con la procura, era solo una pedina o un agente attivo del gioco. Tra materie prime, rotte migratorie, sicurezza internazionale. Con l’ambasciatore di Rabat in Polonia presunta eminenza grigia del giro di interessi illeciti, seduto al tavolo di lavoro tra Marocco e Ue.

In grado, l’ambasciatore, di influenzare l’allora capo della sottocommissione Ue per i diritti umani, il suo portaborse, e attraverso di loro, con i viaggi di rappresentanza, i regali, gli eventi e convegni, socialisti e popolari europei. Questa l’ipotesi dei giudici. Sessanta eurodeputati coinvolti nel giro secondo la stampa tedesca e greca megafono della procura federale belga.

Sahara occidentale crocevia di interessi 

Con Varsavia, basta cercare un po’ su Internet, impegnata negli ultimi anni a vendere materiali civili e militari agli attori impegnati nel Sahara occidentale. L’occhio delle procure allertato dalle vocine dei servizi si concentra sugli accordi chiusi negli anni scorsi da Bruxelles con Rabat. Sull’export agevolato dei prodotti agricoli Ue, lo sfruttamento delle materie prime, le condizioni dei migrati nei campi profughi del Polisario.

Sugli interessi economici, la Corte di Giustizia europea nel 2021 ha bloccato tutto per violazione del diritto internazionale. Il portaborse parla, il gioco si complica  e bisognerà capire meglio cosa bolle nel calderone del Nordafrica più vicino alla frontiera meridionale della Ue. Interpretare a fondo i report dei servizi marocchini che mettevano in guardia quelli occidentali sulla penetrazione jihadista nei campi del Polisario. Un tempo emblema della lotta per l’autodeterminazione dei berberi.

Ed oggi crocevia tra l’avanzata di Al Qaeda nel Maghreb che minaccia la stabilità di Mauritania, Niger e Mali, con gli interessi dei cartelli della droga latinoamericani in cerca di sponde al loro mercato di morte nell’emisfero occidentale. Vedremo dove porterà l’inchiesta della procura belga. Certo tra Qatar, Marocco e Unione Europea si delinea un quadro che rende più verosimile l’immagine di una Europa complice degli interessi arabo-islamici. Quella del portaborse di Eurabia.