Il soldato gay in copertina: com’è cambiato l’esercito di Sua Maestà
01 Agosto 2009
L’estate del 2009 ci ha riservato una notizia straordinaria: la copertina di “Soldier”, la rivista dell’esercito britannico, riporta il primo piano del soldato di Sua Maestà Britannica James Wharton, in alta uniforme e con appuntata sul petto la medaglia guadagnata in Iraq. E fin qui nulla di strano, se non fosse per il fatto che James è un omosessuale dichiarato. Nessuno se l’aspettava. Eppure, i più attenti analisti non avrebbero dovuto farsi sfuggire il fatto che da qualche tempo a questa parte il British Army è molto cambiato, e certamente non in peggio.
Il British Army, infatti, non è più quello del 1857, quando, per reprimere gli episodi di ammutinamento dei soldati nativi in India, riservava loro terribili, esemplari punizioni. Come accadde al 55° reggimento sepoy i cui uomini vennero giustiziati a serie di dieci alla presenza di europei e asiatici schierati in parata, in modo tale che la morte dei colpevoli fosse di esempio a tutti. I dieci malcapitati venivano legati ad altrettanti cannoni con le schiene attaccate alle bocche da fuoco e con mani e piedi assicurati alle ruote. All’ordine di “fuoco”, i cannoni tuonavano contemporaneamente e i corpi di quei poveracci volavano in mille pezzi riempiendo di macabri resti il terreno antistante lo schieramento.
“L’effetto sui nativi è devastante – ci racconta un cronista del “Blackwoods Edinburgh Magazine” – e le loro scure facce letteralmente impallidiscono mentre assistono all’orrido spettacolo. Se uno viene impiccato o fucilato, sa che i suoi parenti si prenderanno cura del suo cadavere. Se si tratta di un indù, verrà cremato e se musulmano verrà seppellito. Ma se uno viene ucciso in quel modo, sarà del tutto impossibile per i suoi parenti recuperare tutti i pezzi del suo corpo. E il solo pensiero che un frammento di cadavere di un uomo appartenente ad una religione diversa possa contaminare il corpo del proprio congiunto, è una cosa tremendamente angosciante”.
Il British Army non è più quello del 1899 quando, durante la guerra anglo-boera in Africa Australe, rinchiudeva 170.000 civili, per lo più vecchi, donne e bambini, in campi di concentramento per negare ai guerriglieri boeri il supporto delle loro famiglie. In quei campi 26.000 prigionieri morirono di stenti, e l’80% dei morti erano bambini. Si dice che, per aumentare le sofferenze di quei malcapitati, Lord Kitchener, il comandante delle truppe britanniche, ordinò di inserire vetro tritato nello zucchero destinato a quei poveracci e ami da pesca nella carne in scatola al fine di accelerarne, ma non troppo, la dipartita. Quello sì, che era un esercito con tutte le migliori qualità richieste ad un grande Paese imperiale: arroganza, brutalità, sopraffazione, violenza, tracotanza.
Eppure il British Army, da sempre proverbialmente austero e brutale, aveva già cominciato ad evidenziare qualche importante segno di cambiamento nel 1982 durante la guerra delle Falklands-Malvinas. In merito, ho raccolto la seguente drammatica testimonianza di un ufficiale argentino, allora capitano e oggi colonnello: “Comandavo un caposaldo di compagnia, gli Inglesi avanzavano e noi gli sparavamo addosso. Ero gravemente ferito ma continuavo a sparare. Ad un certo punto, due inglesi ci assaltano da vicino. Io sparo, ne uccido uno ma l’altro è prontamente su di me. Ero convinto che mi avrebbe ammazzato come un cane, anche per vendicare la morte del suo camerata. E invece quello mi prende il fucile, lo butta di lato, vede che stavo perdendo sangue, mi dice “Amico, per te la guerra è finita”, mi fa un’iniezione e mi scrive in fronte con un pennarello nero una grande “M”, iniziale di morfina, poi ordina a due portaferiti di portarmi via. Qualche ora più tardi, mi sono svegliato su una nave ospedale inglese. Altro che ammazzarmi, quelli mi hanno salvato la vita!”
E ancora in Iraq, nel marzo del 2003, quando la città irachena di Bassora venne conquistata dagli Inglesi. Il reggimento “Black Watch” della 1^ divisione corazzata compiva veloci raids verso il centro della città, poi tornava rapidamente sui suoi passi. Ad un tratto, le telecamere dei velivoli telecomandati mostrarono agli addetti della sala operativa una scena inusuale: soldati britannici che giocavano a calcio coi bambini irakeni nella periferia della città. Un ufficiale americano trasalì a quella vista, ma un inglese lo rassicurò: “Cosa c’è di strano? – disse – Probabilmente voi Americani avreste conquistato Bassora solo col combattimento, forse gli Italiani lo avrebbero fatto solo giocando a calcio. Noi Inglesi sappiamo quando è ora di fare una cosa e quando è ora di fare l’altra”.
Ritornando al fatto menzionato in apertura, è vero che nel Regno Unito il divieto di reclutare gay e lesbiche era già stato abolito da nove anni, ma nessun gay era mai giunto fino alla copertina di “Soldier”. Dove arriverà l’esercito britannico se continuerà su questa strada? Forse ad essere semplicemente un esercito “normale”.