
Il ‘voto utile’ è garanzia di governabilità

26 Marzo 2008
In
questa campagna elettorale si sente spesso parlare di “voto utile”. Non sempre,
però, si ha chiaro il senso e il significato di tale frase. Spesso la si riduce
a uno slogan, coniato dalle formazioni politiche maggiori, volto a colpire in
modo indiscriminato il pluralismo politico. Pertanto, sarà opportuno, magari
riandando indietro nel tempo, formulare qualche osservazione di carattere
generale che aiuti a capire meglio il senso e il significato di questa espressione.
Da
circa un quindicennio la politica italiana si presenta come una guerra
sotterranea, assai intensa, anche se avvertita confusamente dall’opinione
pubblica e non sottolineata abbastanza dai commentatori, tra due diverse
concezioni della democrazia. Da un lato sta l’idea di una democrazia immediata,
nella quale il governo (tendenzialmente un governo di legislatura) viene eletto
al momento delle elezioni politiche generali e si impegna a realizzare un
programma definito nelle sue linee essenziali. Dall’altro sta la concezione di
una democrazia mediata nella quale il voto è solo una delle molte variabili che
contribuiscono alla nascita di un governo. Secondo questa visione dei rapporti
politici, è la sapienza dei politici, non il voto degli elettori, che decide la
durata e gli obiettivi dei governi sulla base di considerazioni del tutto
incomprensibili all’opinione pubblica. Insomma, una concezione che richiede una
piena trasparenza tra scelte elettorali e governo si contrappone a una visione
che ritiene un pregio la opacità delle scelte politiche.
L’importanza
della rivoluzione berlusconiana del 1994 sta appunto in questo: aver imposto
per la prima volta la democrazia immediata come una conquista di civiltà. Tale
conquista ha però faticato a imporsi. Anzitutto per la strenua resistenza della
vecchia classe politica, abituata a pensare la democrazia come una democrazia
dei partiti, nella quale sono le segreterie dei partiti a detenere il vero
potere decisionale. Vanno poi considerati due altri aspetti. In primo luogo,
occorre tener presente che i riti bizantini della politica romana risultavano
rassicuranti per buona parte dei ceti dirigenti (imprenditoria, alta
burocrazia, mondo dell’informazione), abituati da sempre a lucrare sui margini
offerti dalla mediazione politica. Inoltre, ed è stato forse il fattore
determinante, la lotta politica quotidiana imponeva scelte e alleanze che
finivano con il diluire l’importanza della democrazia immediata, obbligando a
ripiegamenti tattici. Per questo i tempi della transizione italiana si sono
allungati e la vita politica è apparsa spesso una rissa confusa, finendo per
somigliare, nei momenti peggiori, al “racconto di un incubo fatto da un
ubriaco”.
Poi,
quasi di colpo, i nodi sono venuti al pettine e quello che sembrava un sogno di
politologi innamorati di astratti modelli si è concretizzato rapidamente Alle
prossime elezioni politiche si confrontano due partiti a vocazione
maggioritaria, che si candidano entrambi alla guida del paese. Per determinare
questa svolta è stata decisiva la fallimentare esperienza del secondo governo
Prodi. La fine del governo Prodi ha segnato in modo irreversibile
l’impossibilità di governare contro Berlusconi e il berlusconismo. La nascita
del Partito democratico e la leadership di Veltroni lo hanno sancito
definitivamente. Non sappiamo quanto le ricette politiche del segretario del Pd
siano credibili. Quello che conta rilevare in questa sede è che il veltronismo
ha rotto con il fondamentalismo antiberlusconiano e ha accettato come naturale
orizzonte della lotta politica quello della democrazia immediata.
Se
guardiamo a questo scenario più ampio, il richiamo al voto utile perde ogni
aspetto di costrizione o di prepotenza dei partiti grandi su quelli piccoli, ma
è un invito al senso di responsabilità degli elettori. Come in tutte le
democrazie mature il voto non è uno sterile esercizio identitario, ma una
scelta responsabile sul governo del paese. Per questo ciascun elettore deve
certo tenere presenti i principi che gli stanno più a cuore, ma deve anche
calcolare l’effetto del suffragio in termini di governabilità.
Insomma,
basta riflettere un po’ e appare chiaro che la polemica sul voto utile non solo è legittima, ma può
aiutare un salto di qualità decisivo. Votare per uno dei partiti minori significa
esprimere un voto non solo inutile ma che può rivelarsi dannoso per il sistema
politico e, soprattutto, per l’Italia.