Investire nella scuola contro lo spopolamento delle aree interne
07 Dicembre 2023
di Ilaria Rizzo
In Italia, le aree geografiche interne – circa un quarto della popolazione nazionale – vivono da anni un processo di spopolamento alimentato da una migrazione costante (di giovani, perlopiù) verso i centri urbani e costieri, dove le possibilità di lavoro e realizzazione si moltiplicano e l’accesso ai servizi è garantito.
Il fenomeno in atto determina un circolo vizioso che spinge i piccoli centri rurali e interni verso un declino quasi inesorabile: la popolazione decresce insieme al tasso di natalità , i servizi vengono meno. In assenza di un numero cospicuo di ragazzi, le scuole non aprono, e allo stesso tempo la mancanza di un servizio di istruzione diversificato genera degli spostamenti che impattano sulla vita delle famiglie, e sul rapporto fra tempo di vita e tempo di lavoro.
La situazione è chiara: la linea di separazione tra poli urbani e piccoli centri dell’entroterra è destinata ad essere sempre più marcata in assenza di una forte strategia di controtendenza. Dunque, se la difficoltà di acceso a servizi essenziali come l’istruzione, la sanità , i trasporti, rappresenta la principale minaccia al rilancio di queste aree, una strada possibile potrebbe essere quella di investire nel sistema educativo come motore del processo inverso.
Le scuole, infatti, per prime rappresentano opportunità di sviluppo (e lavoro) per le fasce più giovani della popolazione e, d’altra parte, costituiscono un servizio fondamentale per le famiglie.
Cosa dicono i dati
Ad oggi i dati confermano – ancora e purtroppo – l’esistenza di un divario territoriale negli standard di apprendimento: le carenze didattiche, tecnologiche e infrastrutturali del sistema educativo nelle aree più fragili e isolate del Paese.
Meno scuole, scuole troppo piccole e con pochi strumenti e servizi didattici disponibili; difficoltà nel trasporto scolastico; carenza di mense e palestre, insegnanti sottoposti a maggiore mobilità soprattutto nel circuito dei piccoli comuni, sono tutte lacune strutturali che si ripercuotono inevitabilmente sui livelli di apprendimento degli studenti, che nelle aree interne risultano più bassi rispetto alla media nazionale.
Il rischio della povertà educativa incentiva fenomeni come l’abbandono, la dispersione scolastica e il divario digitale. Sono questi gli aspetti di crisi sui quali indagare per invertire il trend e dare ai giovani maggiori opportunità di colmare il gap sul fronte formativo, delle competenze e dell’inserimento nel mercato del lavoro. (Fine della prima puntata, continua…)