Kiev, l’imprevedibile Trump e il destino dell’Occidente

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Kiev, l’imprevedibile Trump e il destino dell’Occidente

Kiev, l’imprevedibile Trump e il destino dell’Occidente

15 Febbraio 2025

L’Occidente si ritrova sul banco di prova e il terreno di scontro, ancora una volta, è l’Europa orientale. Dopo anni di sostegno a Kiev, tra discorsi infuocati e divisioni messe sotto il tappeto, è arrivato il momento della verità: Donald Trump, il rottamatore dell’ordine postbellico, ha preso il telefono. Dall’altra parte del filo, Vladimir Putin ha risposto. L’Europa si agita, chiedendo a gran voce un posto al tavolo delle trattative per la “pace” in Ucraina, Pechino resta in agguato, aspettando di vedere quanto sangue è destinato a scorrere prima che qualcuno detti le nuove regole del gioco. Ma il Cremlino è davvero pronto a trattare?

La strategia russa rimane oscura: da un lato, il portavoce Peskov lascia aperta la porta al dialogo, dall’altro, il messaggio è chiarissimo — l’Ucraina dovrà cedere territorio e abbandonare ogni illusione di ingresso nella NATO. Putin però ha messo in chiaro che il vero nodo della guerra non è l’Ucraina, ma la “minaccia” occidentale. Torna il refrain del tradimento della NATO, l’espansione a Est, la violazione delle promesse fatte a un’Unione Sovietica morente. Un disco rotto? Forse. Ma è proprio sulla ripetizione ossessiva che Mosca costruisce la propria strategia di lungo periodo.

E se qualcuno a Kiev sperava in un barlume di pragmatismo, il duo Peskov-Medvedev si è premurato di smontare ogni illusione. Lo scambio di territori proposto da Zelensky? “Ridicolo,” ha tuonato l’ex presidente russo. “Non se ne parla,” ha tagliato corto Peskov. La verità è che Putin non si accontenterà di una tregua di facciata. Vuole l’ultima parola.

“Avremo poche chance di sopravvivere senza il sostegno degli Stati Uniti. Penso che sia molto importante, decisivo”, ha detto Zelensky a margine del vertice di Monaco. Ma il ritorno di Trump per ora è stato un colpo di cannone che ha sconquassato la diplomazia internazionale. Come sempre, l’ex tycoon non ha perso tempo a smontare i dogmi del “vecchio ordine”. Dazi minacciati contro Unione Europea e al Canada, ritiro degli Usa dagli accordi internazionali, la Groenlandia da acquistare e Gaza da turistizzare.

L’Europa non può pendere dagli umori di Washington, ma non ha neanche la forza di muoversi in modo indipendente. Perché se Trump decide di chiudere il rubinetto, l’Occidente potrebbe trovarsi di fronte a uno scenario inimmaginabile: la sconfitta strategica, il ridimensionamento dell’influenza della sua influenza, a vantaggio di Mosca e Pechino. L’UE potrebbe tentare di reagire con nuove alleanze, Canada, Australia, Giappone, magari persino India e Indonesia, ma diciamocelo chiaramente: si può immaginare il West senza l’America? La verità è che Trump ci ha condannati all’imprevedibilità. L’Occidente trattiene il fiato.