
La Flat Tax vo cercando…

21 Ottobre 2023
Il Consiglio dei Ministri ha approvato la manovra di bilancio per il 2024 che ora è in esame al Senato. Una manovra che è stata definita dallo stesso Governo seria e prudente. Tra le diverse cose buone che il disegno di legge di bilancio contiene ve ne è una che riveste una grande rilevanza politica, anche al di là dei concreti effetti che produce nell’immediato sui destinatari. Il Governo ha infatti deciso una revisione delle aliquote dell’IRPEF con le quali si determina l’ammontare del debito fiscale che ciascun contribuente dovrà versare all’erario. In particolare, il Governo ha annunciato il passaggio dell’imposta sul reddito delle persone fisica da quattro a tre scaglioni rimodulando le corrispondenti aliquote. Nelle intenzioni annunciate dal Governo la misura di un primo intervento di un disegno che dovrebbe condurre entro la fine della legislatura ad un sistema fiscale sui redditi con una sola aliquota, la cosiddetta flat tax. Se così fosse si tratterebbe di una novità di enormi dimensioni, con rilevanti implicazioni anche di carattere culturale.
Per una parte della nostra opinione pubblica e dei corrispondenti mezzi di informazione la flat tax è vista con enorme ostilità, è il simbolo di un sistema fiscale ingiusto. Dal nostro punto di vista al contrario un sistema di flat tax è il più equo ed il più efficiente e se veramente il Governo riuscirà a raggiungere l’obiettivo annunciato si tratterebbe di un progresso importante per il Paese. La flat tax, infatti, costituisce un modello impositivo equo perché moderato. L’attuale curva delle aliquote si caratterizza per una progressività che assume nella sua aliquota massima carattere quasi espropriativo. L’aliquota più elevata, che si applica sopra i 50.000 euro di reddito annuo lordo, raggiunge il 43% a cui si devono aggiungere l’addizionale regionale che, anch’essa in molti casi progressiva al crescere del reddito, raggiunge fino al 3,3% e l’addizionale comunale di poco inferiore all’1%. In sintesi, per i guadagni superiori ai 50.000 euro lordi all’anno (e non si tratta certo di redditi da nababbo) verso quasi la metà di tale fascia di reddito allo Stato.
Si tratta di un’enormità: e come se molti di noi per lo svolgimento del proprio lavoro avessero costituito una società con lo Stato a quasi il 50% del capitale sociale! Ma tale modello fiscale oltre che iniquo è anche estremamente inefficiente. È chiaro che di fronte ad aliquote che arrivano a livelli semi-espropriativi i contribuenti che possono cercheranno di occultare i propri redditi all’erario ed andranno ad ingrossare le fila degli evasori fiscali. Non possiamo pertanto stupirci se più dell’87% dei redditi dichiarati all’erario siano redditi da lavoro dipendente o da pensione ovvero da redditi che, al netto del fenomeno del lavoro nero, non possono essere occultati al fisco. Una delle cause principale dell’evasione fiscale monstre che affligge l’Italia va sicuramente rintracciata nella esasperata progressività che caratterizza le nostre aliquote IRPEF.
Un sistema fiscale con una sola aliquota o comunque con aliquote moderate sarebbe il miglior incentivo all’emersione del sommerso della nostra economia. E questo non solo per gli evidenti effetti psicologici e culturali che tale scelta sicuramente avrebbe sui contribuenti e sulla loro propensione a dichiarare i propri redditi. Ma anche per un aspetto banalmente economico. Mantenere in nero le proprie attività ed evadere ha comunque un costo per chi decide di farlo. Un costo diretto e soprattutto un costo opportunità, perché chi evade deve necessariamente rinunciare a qualche guadagno perché accettarlo lo costringerebbe ad emergere. Ebbene se noi abbattessimo le aliquote marginali questo farebbe sì che per il contribuente in molti casi sarebbe più conveniente accettare l’introito e dichiararlo. Ma contro la prospettiva della flat tax si è subito sollevata la vibrata protesta ideologica della progressività, vero e proprio moloch della fiscalità giustizialista di una certa sinistra. Eppure, la progressività non c’entra nulla. È vero che la nostra Costituzione all’articolo 53 sancisce che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Ma va detto che il precetto costituzionale è molto generico (sistema informato a criteri di progressività) e sarebbe perfettamente compatibile con un modello di flat tax.
Del resto, quanto un sistema fiscale è progressivo? Quando la percentuale del proprio reddito che un contribuente ricco versa all’erario è superiore a quella corrispondente versata da un contribuente meno abbiente. Ed allora con una flat tax al 20% ed una no tax area pari a 10.000 euro un contribuente con un reddito di 20.000 euro annui verserebbe un’imposta di 2.000 euro pari al 10% del suo reddito. Mentre un contribuente con 200.000 di reddito verserebbe un’imposta di 38.000 euro pari al 19% del proprio reddito, con un’aliquota che è quasi il doppio di quella sopportata dal contribuente meno fortunato. Pertanto, un sistema di flat tax se accompagnato, come sarebbe ovvio, da una no tax area sarebbe assolutamente progressivo. Esistono inoltre meccanismi che potrebbero accentuare questa progressività senza snaturare il sistema. Potrebbe ad esempio essere previsto che la no tax area sia digressiva ovvero che si riduca fino ad azzerarsi al crescere del reddito. In questo modo i contribuenti più abbienti comincerebbero a pagare le imposte sin dal primo euro guadagnato.
La seconda obiezione che viene sollevata contro la flat tax è la sua onerosità. Con la flat tax, si dice, salterebbero tutti gli equilibri di bilancio. Ma anche questo non è vero. Tutto dipende da come il sistema fiscale viene disegnato. Ricordo che una ricerca promossa qualche anno fa dalla Fondazione Magna carta verificò che in un sistema fiscale ridisegnato abolendo tutte le cosiddette spese fiscali (ovvero le varie tipologie di detrazione e deduzioni, per spese mediche, mutui …) e aumentando significativamente la no tax area fino a 15.000 euro a seconda dei carichi di famiglia (oggi le detrazioni per lavoro dipendente, autonomo o pensione e per carichi di famiglia sono comunque modeste) l’aliquota unica di equilibrio (ovvero l’aliquota che avrebbe generato lo stesso gettito dell’attuale sistema di aliquote progressive) era di qualche decimo inferiore all’attuale aliquota più bassa pari al 23%.
E del resto abolire le detrazioni per le spese che ciascuno di noi affronta avrebbe anche un significativo valore di equità, considerato che oggi il sistema delle detrazioni per spese è chiaramente regressivo, poiché ne beneficiano sicuramente soprattutto i contribuenti più ricchi. Sarebbe pertanto compito della politica decidere l’ammontare delle risorse da destinare all’operazione, tenendo che l’introduzione della flat tax produrrebbe certamente l’emersione spontanea di consistente base imponibile e quindi produrrebbe un gettito aggiuntivo che potrebbe finanziare l’intera operazione.