La politica ascolti le imprese, quattro mesi buttati dopo
11 Ottobre 2022
La politica, le imprese e il nuovo parlamento. Ora le matricole prendono posto nelle camere dimezzate. Quattro mesi dopo lo sgambetto a Draghi, la rincorsa elettorale e mentre impazza il toto-ministri. Tempo prezioso è stato sprecato in un momento storico imprevedibile e complesso. Perché il Covid è stato tragico ma almeno c’era la speranza dei vaccini. Il vaccino contro il caro energia, l’inflazione, la guerra alle porte, ancora non si vede all’orizzonte.
Da Torino le voci dell’impresa
Il 2023 rischia di essere un anno amaro per l’economia con le previsioni di crescita che oscillano dallo zero allo zero virgola. Nel 2024 le cose potrebbero migliorare, ma nessuno ha la sfera di cristallo. Così da Torino gli imprenditori tornano a farsi sentire. Il governo che sta arrivando avrà la forza di continuare il pressing in Europa sullo scudo energetico? Perché se no bisogna capire, subito, dove trovare qualche decina di miliardi di aiuti straordinari. Magari evitando che si arrivi a qualche sanatoria in salsa grillina per chi le bollette non le paga più. Insomma, aiuti sì ma non è che la nuova moda può diventare lo Stato che paga la bolletta.
Non c’è solo il caro energia
La riforma fiscale bisogna farla ma le tasse si appiattiscono se l’economia cresce. Né si può pensare di mandare in pensione sessantenni che la mattina vanno a fare jogging al parco. Dobbiamo impegnarci a lavorare e produrre tutti di più. Che poi non c’è solo il caro energia. C’è pure la crisi delle forniture, le materie prime che scarseggiano, i profili da assumere che mancano, una burocrazia così tetragona che neanche ti viene voglia di litigarci. Insomma, le matricole in parlamento prendono posto ma le cose resteranno come prima? Grandi cambiamenti all’orizzonte non se ne vedono.
Spazzare via la retorica anticapitalistaÂ
Veniamo fuori da anni bui per le imprese. Con chi siede in parlamento che apostrofa(va?) le aziende come “prenditori”, riducendo le imprese a una specie di delinquenti da strada che sfruttano il lavoro e delocalizzano. Tutta una cultura e sottocultura politica ostile al capitalismo ha bloccato invece di liberare le energie produttive del nostro Paese. Quindi ora si prenda posto nelle camere, si trovi chi le dirigerà , si scelga il ministro di turno. Ma lo si faccia il più presto possibile e pensando a chi può veramente salvarla, la Patria. Ovverosia chi crea ricchezza, sviluppo e quindi è in grado di distribuirla. Gli imprenditori.
Le occasioni della deglobalizzazione
La politica pensi a come attirare investimenti nel Belpaese. A come facilitare la vita alle imprese che scelgono di investire qui da noi, invece di complicargliela. A come semplificare e garantire la certezza delle regole. A come favorire il trasferimento tecnologico investendo sulla ricerca e creando condizioni territoriali adeguate per chi mette quattrini sull’Italia. Guardando al quadro più grande, se ci si riesce.
Gli Usa stanno facendo reshoring di posti di lavoro dalla Cina a livelli record. La logistica si riadatta ai tempi della “deglobalizzazione”. In Italia abbiamo una grande vocazione manifatturiera, sfruttiamola insieme all’export. Non restiamo alla finestra, inseriamoci nei flussi che cambiano per trarne valore. Le imprese sono il motore economico del nostro Paese. La politica tende a non considerarle tali. Un Paese non si risolleva così.