La prima cosa da fare contro Gheddafi: (ri)bombardare la Libia
26 Febbraio 2011
Dal momento che i nostri leader non sanno proprio cosa fare in Libia, vediamo di suggerire loro qualche idea. La regola di base è facile: non fate nulla che possa peggiorare le cose. E potete pure dimenticarvi di “accordi negoziati”quando il lago di sangue ha raggiunto le proporzioni per cui oggi soffoca la Libia. Infine, dimenticate anche le Nazioni Unite.
La prima cosa da fare è privare Gheddafi del maggior numero possibile di strumenti di distruzione di massa. Il più ovvio tra questi è l’aeronautica militare libica, una piccola e ormai superata collezione di velivoli, molti dei quali starebbero bene in un museo. Più esplicitamente: qualche F-1 francese, qualche vecchio Sukhoi, qualche vecchio MIG e un po’ di elicotteri d’assalto.
Distruggeteli. È facile. La nostra aeronautica militare riuscirebbe probabilmente a spazzarli via in meno di mezz’ora. Se vogliamo fare i “buoni alleati” possiamo invitare altri paesi NATO a unirsi a noi. Sembra che gli inglesi siano disponibili (come è giusto che sia, dopo la disgustosa liberazione dell’attentatore di Lockerbie) e sono pronto a scommettere qualsiasi cosa che anche i francesi e gli italiani, entrambi con alle spalle decenni di complicità con Gheddafi, saranno ben felici di partecipare. E i francesi, se la memoria non m’inganna, hanno la Legione Straniera proprio da quelle parti.
Ciò non “risolverà” il problema, ma potrà lenire la sofferenza della gente e attenuare la terribile immagine che abbiamo dato di noi, specialmente negli anni di Obama: ci limitiamo a parlare o a negoziare sanzioni che agiscono lentamente, non ci diamo all’azione decisiva (che fa così tanto Bush).
La distruzione dell’aeronautica militare libica è quello che si chiama un buon inizio, ma sarebbe bello fare anche qualcosa in più. C’era una volta la Cia, che in posti del genere provvedeva a coltivare militari ambiziosi (il più delle volte colonnelli) proprio per emergenze come questa. Noi davamo l’ordine e loro facevano un colpo di stato.
Non sono informato sulle capacità del servizio clandestino, ma dubito che abbiano qualche colonnello su uno scaffale pronto a mettersi in marcia. È ovvio che mi piacerebbe molto sbagliarmi e faccio il tifo per loro, nell’improbabile caso in cui il presidente dovesse premere quel bottone. Se non ce la fa la Cia, magari i nostri dell’esercito hanno qualcuno.
Sì, sono consapevole che ciò vuol dire intromettersi negli “affari interni” di un’altra nazione e che un attacco contro l’aeronautica militare libica potrebbe essere visto, in qualche studio legale, come un’azione di guerra. Ma se facessimo quelle cose salveremmo tante vite innocenti e aumenteremmo le nostre chance di essere più efficaci in futuro.
E, tra parentesi, è così che avremmo dovuto fare in Sudan anni fa. Avremmo salvato tanta gente e accelerato tutto il processo.
Infine, il presidente dovrebbe emanare un ordine esecutivo che richiedesse la rimozione di tutti quegli adesivi da paraurti con la scritta “la guerra non ha mai risolto nulla”. Tranne – come dicono i Marines – col fascismo, col nazismo, col comunismo e la tirannia.
© Faster, Please!
Traduzione Andrea Di Nino