La reazione statunitense all’11 Settembre fu del tutto spropositata
09 Settembre 2011
Negli ultimi tempi ho iniziato a ricevere telefonate da parte di giornalisti impegnati a scrivere pezzi sull’imminente decimo anniversario dell’11 settembre. L’argomento delle conversazioni è stato sempre lo stesso: come siamo cambiati da quel giorno.
Devo dire la verità: nel rispondere alle loro domande e rimuginando l’interrogativo nella mia mente, arrivo sempre alla stessa conclusione: l’11 settembre, a causa della sua tragica ed eroica drammaticità, è un evento dalla facile sopravvalutazione. Infatti, ne abbiamo sopravvalutato il suo significato fin quasi dal primo momento. (Secondo il Presidente George W. Bush, il suo capo di gabinetto, Andrew Card, si piegò in avanti per sussurrargli all’orecchio la notizia dell’attacco dicendogli: “L’America è sotto attacco”. Tale frase, sebbene in relazione all’accaduto fosse corretta, fu espressa con il linguaggio tipico delle guerre tradizionali contro nemici tradizionali e implicava che gli Stati Uniti come nazione erano in qualche modo a rischio in maniera molto più consistente di quanto in realtà fossero in quel caso).
In realtà, il successo di Osama bin Laden risiedeva nell’aver architettato un’azione a basso costo, e relativamente a basso rischio, condotta da un manipolo di teppisti, che ha scatenato una delle più profonde e spropositate reazioni della storia militare. Sono stati spesi trilioni di dollari e sono morte centinaia di migliaia di persone a causa di un vortice emozionale provocato da parte di un’America scossa e chiaramente disorientata. Bin Laden mirava a Wall Street e a Washington, nel tentativo di sferrare un colpo contro i simboli della potenza americana, ma così facendo, ha finito per colpirci anche nel punto in cui più poteva farci del male: proprio nel nostro senso di prospettiva.
Abbiamo parlato dell’11 settembre come se fosse in qualche maniera equivalente a Pearl Harbor, l’inizio della guerra globale contro i nemici intenzionati a (e almeno teoricamente anche in grado di) distruggere lo stile di vita americano – a differenza di al-Qaeda, un gruppo disordinato di estremisti dalla forza limitata. Abbiamo parlato di guerre culturali e di un mondo diviso. Abbiamo riorganizzato interamente le nostre strutture di sicurezza per andare dietro a poche migliaia di cattivi ragazzi. Siamo usciti fuori di testa.
E ora, mentre recuperiamo il buonsenso, ritirandoci dall’Iraq e iniziando a breve a farlo dall’Afghanistan, seppellito bin Laden e la schiera dei suoi scagnozzi, cominciamo a renderci conto dell’accaduto. Almeno in teoria questo è possibile. Nelle prossime settimane, assisteremo a documentari preceduti da mega-speciali giornalistici, a interviste con le vittime e gli eroi, alla macchina della leggenda americana che pompa chiasso storiografico a tutto volume. Non è questo, tra l’altro, che sminuisce i brutali colpi subiti dieci anni fa o le profonde esperienze umane associate a essi e alle loro conseguenze. Piuttosto va detto che, ancora una volta, cercheremo di inquadrare l’11 settembre come un grande evento, il segno caratteristico di un’epoca, quando in realtà la sua caratteristica più distintiva è stata quella di essere una distrazione – la Grande Distrazione – che ha distolto lo sguardo dell’America e di molti altri Paesi nel mondo dai problemi più importanti del nostro tempo. Questa distrazione e il prezzo dell’opportunità associato a esso hanno portato al trionfo di bin Laden e al nostro smarrimento – e la nostra vittoria giungerà definitivamente quando torneremo di nuovo alla realtà dei fatti.
Un modo per dimostrare che si può ripristinare la sensibilità storica è quello di chiederci, guardando indietro negli ultimi dieci anni, quali, tra gli sviluppi che si sono verificati, superino l’11 settembre per la loro importanza duratura; di quali eventi dell’ultimo decennio scriveranno gli storici, precedenti o successivi all’attacco, ai suoi mandanti o alle reazioni immediate. Suppongo ce ne siano in abbondanza. Qui ne riporto solo dieci, quelle che sono in grado di ricordare.
10. La reazione americana all’11 settembre […]
9. La Primavera araba […]
8. Il riequilibrio dell’Asia […]
7. La stagnazione degli Usa e delle altre economie dei Paesi sviluppati […]
6. L’invenzione dei social media […]
5. La diffusione dei telefoni cellulari e dei palmari […]
4. Il crac del 2008 […]
3. La crisi dell’area euro e il crac del 2011-2012 […]
2. Il fallimento in tema di riscaldamento globale […]
1. L’ascesa della Cina e degli altri BRIC (Brasile, Russia, India, oltre alla Cina ndt) […]
Tutto questo equivale a dire che l’11 settembre non è stato un evento importante? Certo che no. È stato un giorno significativo nella vita dell’America, un punto di svolta nella presa di coscienza dei nostri punti deboli e della natura delle minacce e del potere reale nel mondo. Ci ha spinto a mettere in discussione molte delle nostre supposizioni sulla natura del nostro paese, delle nostre alleanze, della nostra capacità militare e della nostra visione del mondo. Questo fatto, con le sue conseguenze, ha comportato un terribile costo umano, riguardo alle vittime dell’attacco, alle famiglie dei nostri soldati e alle tante vittime, insieme alle loro famiglie, delle guerre che abbiamo condotto successivamente in Medio Oriente. Tutto ciò ha cambiato l’America, ci ha insegnato i nostri limiti e ci ha costretto a porci delle domande. Ne siamo usciti sminuiti, siamo stati innalzati dai nobili esempi dei singoli individui americani e alla fine abbiamo imparato molto. L’insegnamento primario, tuttavia, deve essere che noi, come nazione, abbiamo bisogno di fare appello alla disciplina quando ci si pongono le grandi sfide nazionali, in modo da inquadrare gli eventi nel più ampio contesto del tempo e dei nostri interessi principali. Non possiamo permettere che singoli eventi isolati deformino la nostra visione di ciò che ci circonda, come i buchi neri della storia che aggrovigliano il tessuto del tempo e degli eventi a loro prossimi. Nel grande rito della consegna dell’11 settembre alla storia, è importante comprendere tanto ciò che è accaduto quanto ciò che non si è verifato; perché questo evento è stato importante e perché è stato solo una tra le tante storie – ben più grandi – dell’ultimo decennio.
Tratto dal sito di Foreign Policy
Traduzione di Stefano Fiori