La riforma dell’ONU è necessaria ma contro Mugabe&Co non basterà
07 Marzo 2009
di Anna Bono
La riforma del Consiglio di sicurezza è in agenda a partire dal 4 marzo al Palazzo di Vetro. Al di là delle divergenze sui criteri da adottare per realizzarla, tutti sono d’accordo sul fatto che la composizione del Consiglio debba essere comunque corretta in modo da rispecchiare l’attuale assetto mondiale e dare più voce alle realtà geopolitiche finora meno rappresentate. L’idea generale, inoltre, è che le Nazioni Unite svolgeranno meglio la loro missione se applicheranno più compiutamente i principi democratici: il che sembra ovvio. Ma in realtà la questione non è così semplice.
Già adesso, in sede di Assemblea Generale, il voto di tutti i 192 stati membri ha lo stesso valore. Questo significa però che il voto della Cina, ad esempio, con i suoi 1,3 miliardi di abitanti, conta quanto quello di Tuvalu, che ne ha meno di 12.000. Il risultato è che a una maggioranza in Assemblea Generale può corrispondere una minoranza effettiva.
È successo con la moratoria della pena di morte. Come si ricorderà, il 19 dicembre 2007 la risoluzione relativa alla moratoria passò con il voto favorevole di 104 paesi. L’evento venne salutato con commozione come un momento storico per l’umanità: per la prima volta più di metà del pianeta aveva detto ‘no’ alla pena capitale. Ma i 54 stati che invece votarono contro la moratoria equivalevano a oltre quattro miliardi di persone. Inoltre i cittadini dei 29 stati astenutisi e dei cinque assenti ammontavano a più di 300 milioni. In sostanza, ad approvare la moratoria fu meno di un terzo della popolazione mondiale.
Se poi è della volontà popolare che si tratta, allora si deve considerare che di tale volontà spesso nulla sappiamo e nessuno si cura. In effetti molti ambasciatori alle Nazioni Unite rappresentano non uno stato, bensì dei leader che governano senza il consenso popolare o avendo manipolato le istituzioni democratiche per ottenerlo e che esercitano il potere così acquisito in modo autoritario, senza rispondere delle loro decisioni a nessuno. Muhammar Gheddafi guida la Libia dal 1969 e non ha mai indetto elezioni; Robert Mugabe è al potere dal 1980 come primo ministro e poi in qualità di capo di stato, carica che ha conservato con la forza anche dopo la sconfitta elettorale dello scorso 29 marzo; Isaias Afewerki dal 1993 è il primo e unico presidente dell’Eritrea, mai andata alle urne dopo l’indipendenza. Per restare in Africa, Mauritania e Guinea Conakry al momento sono rette da dittature in seguito a un colpo di stato attuato rispettivamente nei mesi di agosto e dicembre del 2008. Nel caso della Guinea, un golpe militare ha sospeso la costituzione subito dopo la morte di Lansana Conté, a sua volta giunto ai vertici dello stato grazie a un colpo di stato nel 1984. Questi e numerosi altri leader non condividono i valori democratici e non hanno per missione libertà, giustizia e pace.
Ma non bisogna nemmeno illudersi che se all’ONU si esprimessero realmente gli interessi e i valori ora ignorati di miliardi di persone l’ideale democratico e i diritti umani sarebbero meglio tutelati. Se la democrazia non è il sistema di governo di tante nazioni aderenti alle Nazioni Unite è perché la maggioranza dei loro abitanti non la vogliono o neanche sanno che cosa sia. Né è per decreto di un governo maligno che i somali infibulano il 90% delle loro bambine e che in India si perpetua il sistema indù delle caste contro il quale si batte la componente libertaria e democratica di quel paese. Altre istituzioni ancora – il matrimonio imposto e infantile, il ripudio, l’omicidio d’onore, il prezzo della sposa, la dote… – sono praticate spontaneamente, in convinta e deliberata violazione dei principi della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, da centinaia di milioni di persone che resistono ai più energici tentativi di impedirle, incuranti del fatto che limitino le libertà individuali e che infliggano sofferenza a chi le subisce.
Sarà migliore il mondo quando all’ONU, come è giusto che sia, la loro voce si farà più forte?