Lasciate che McCain strilli un po’ meno e sorrida di più
14 Ottobre 2008
Per John McCain è venuto il momento di dare una svolta alla sua campagna elettorale. Il candidato repubblicano oramai non ha più niente da perdere. La sua propaganda è stata completamente sopraffatta da quella di Obama. La squadra del democratico è ben organizzata, ben irrorata da risorse economiche e, soprattutto, in sincronia con il suo candidato.
Sul fronte opposto, la campagna elettorale di McCain – che fino all’altro ieri si poteva definire solamente problematica – ora è molto vicina alla completa disfunzionalità – una combinazione di incoerenza strategica e incompetenza operativa che si sta rivelando tossica. Se la corsa verso Capitol Hill dovesse continuare così, McCain sarebbe spacciato.
Intendiamoci: potrebbe esserlo comunque; Bush è molto impopolare, i media sono ostili. La crisi finanziaria ha reso le cose ancora più difficili. Forse la situazione è già senza speranza, ma se è davvero così allora non c’è niente che McCain e i suoi possano fare per cambiare la situazione.
Questo tipo di proclami sull’inevitabilità degli eventi, però, mi convincono fino a un certo punto. Per prima cosa McCain non è Bush, e poi, i giornali non sono onnipotenti. Anche la stessa crisi economica, a ben vedere, potrebbe rappresentare un’opportunità di dimostrare la propria attitudine al comando.
Ora come ora, la campagna elettorale riguarda qualcosa di estremamente importante. La nostra prosperità futura e la nostra sicurezza nazionale. Eppure la propaganda di McCain sembra essersi ristretta. McCain dovrebbe avere il coraggio di buttare a mare quanto fatto fin’ora e ricominciare tutto da capo. Smettere di dare risposte rapide e finirla di inviare e-mail frenetiche, mandare in panchina i surrogati di soluzioni che propone e smetterla di inventarsi nuovi spot televisivi ogni minuto. Lasciar perdere tutte le pubblicità, infatti, sarebbe una buona idea visto che non stanno avendo nessun effetto positivo. Si potrebbe utilizzare questi soldi per organizzare comizi pubblici e per mandare in prima serata degli appelli di circa mezz’ora.
E poi, lasciate che McCain ritorni al suo vecchio ruolo che sapeva fare bene: essere un candidato sorridente, aperto al dialogo e trasparente. Anche la Palin dovrebbe adeguarsi. Stiamo parlando di due politici carismatici e competenti. McCain e la Palin sono dei guerrieri e dei bravi venditori di sé stessi. Lasciateli liberi.
Fate in modo che i media possano accedere liberamente nei loro aerei e nei loro pullman. Fate invece uscire gli aiutanti e mandateli in giro per gli Stati a lavorare insieme ai coordinatori per fare in modo che gli elettori partecipino ai sondaggi. Mantenete soltanto uno staff ridotto ai minimi termini, che sia in grado di organizzare le conferenze stampa che McCain e la Palin dovrebbero rilasciare in ogni posto in cui arrivano, fategli tenere discorsi pubblici, mandateli la domenica in tv, fateli parlare per radio, invitate anche Obama e Biden a intervenire in qualcuno di questi posti. Argomentando il fatto che più apparizioni in comune potrebbero ridare civiltà e sostanza alla corsa presidenziale.
La speranza per McCain e la Palin è che i due godono ancora di un certo livello di apprezzamento fra gli elettori. Gli americani, infatti, non si sono in nessun modo rivolti contro di loro.
La notizia cattiva, ovviamente, è che il livello di popolarità di Obama, ora come ora, è più alto rispetto a quello di McCain. Infatti, il democratico è più avanti adesso che un mese fa. Il che ci dà la dimensione del fallimento degli attacchi mediatici che McCain ha inflitto a Obama durante la campagna elettorale.
Lasciate stare gli assalti. Non che siano illegittimi, credo invece che molti di questi attacchi siano ragionevoli: per esempio la relazione tra Obama e il reverendo Jeremiah Wright è una questione legittima. Solo che McCain l’ha portata fuori dal ring e ha continuato a menare lo stesso. Ci sono altre ragioni: il morale collettivo, l’inettitudine del suo staff o il dissidio interiore tra l’esitazione e la durezza di McCain, che riflette la sua poca dimestichezza con il ruolo di attaccante, gli altri assalti contro Obama non stanno funzionando. E non c’è ragione alcuna di credere che a un certo punto, invece, cominceranno a funzionare.
Ci sono ancora abbastanza perplessità intorno alla figura di Obama da fare in modo che McCain vinca. Ma il repubblicano deve ritagliarsi il suo ruolo e farlo come un serio ma sorridente candidato adatto a un periodo che richiede un leader responsabile e al passo coi tempi.
McCain la dovrebbe smettere di svelare ogni due giorni proposte a effetto per far vedere che sa come combattere la crisi finanziaria. invece dovrebbe dire la verità: siamo in acque pericolose, nessuno sa davvero cosa fare, né tantomeno quello che succederà quando il nuovo presidente s’insedierà alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio 2009. Quello che possiamo fare, però, è fidarci di qualcuno che nel corso della sua carriera abbia dimostrato di possedere il giudizio e la forte leadership necessari per traghettare il paese fuori dalla crisi.
McCain dovrebbe tentare di portare avanti il suo solido conservatorismo centrista. Potrebbe spiegare che i nostri nemici non se ne andranno in vacanza solo perché il mercato sta attraversando un momento di crisi e il fatto che lui è più che pronto a ricoprire l’incarico di Comandante in capo dell’esercito Usa non è di marginale importanza. Potrebbe ricordare agli elettori che, anche nel corso di una recessione economica, il presidente è chiamato a nominare i giudici federali. E che i giudici che sceglierebbe lui di certo non si limiterebbero a legiferare da dietro un bancone.
Potrebbe anche far notare che ci sarà un Congresso Democratico a controbattere il prossimo leader e potrebbe suggerire alla gente che tutti noi preferiremmo avere un presidente che chieda il parere di quest’organo istituzionale ove necessario e che ci lavori insieme quando possibile, invece di avere un presidente democratico privo di esperienza da associare a un Congresso fin troppo navigato. Cosa che ci ricaccerebbe indietro al liberalismo anni ’70, incontrollato e senza vincoli di sorta.
Durante il prossimo dibattito che ci sarà a Hofstra, mercoledì notte, McCain potrebbe recitare una sorta di mea culpa riguardo al modo in cui la corsa alla presidenza sembra essersi trasformata in una gara a chi strilla più forte. Poi potrebbe assicurare agli elettori che le ultime tre settimane di campagna elettorale saranno degne del contesto storico in cui stiamo vivendo.
Non solo gli piacerebbe, ma in questo modo, forse, potrebbe anche vincere.
© The New York Times
Traduzione Andrea Holzer