L’eredità di Biden dal ritiro in Afghanistan allo scambio di prigionieri con Putin

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L’eredità di Biden dal ritiro in Afghanistan allo scambio di prigionieri con Putin

L’eredità di Biden dal ritiro in Afghanistan allo scambio di prigionieri con Putin

02 Agosto 2024

Ma è davvero un trionfo diplomatico lo scambio di prigionieri avvenuto tra la Russia e i Paesi occidentali? Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha detto che “dalla Guerra Fredda a oggi, non si era mai visto uno scambio di tale portata”. Il regime di Putin ha rilasciato 16 persone, compresi giornalisti e prigionieri politici russi, tutti più o meno accusati ingiustamente in processi farsa messi in piedi da Mosca e che hanno assaporato per anni il comfort delle galere russe. In cambio, Mosca ha ricevuto 10 prigionieri, condannati per una serie di crimini che come vedremo non vanno assolutamente sottovalutati.

Lo scambio di prigionieri americani

Nei giorni scorsi, sono tornati alla base di Andrews, negli Usa, Evan Gershkovich del Wall Street Journal, l’ex marine Paul Whelan e la giornalista russo-americana Alsu Kurmasheva, accolti dal presidente Joe Biden e dalla vice presidente Kamala Harris. Il volo, partito dalla Turchia, ha visto i servizi segreti turchi annunciare a fanfare spiegate la più importante operazione di scambio di prigionieri degli ultimi tempi. Biden ha sottolineato che l’accordo non sarebbe stato possibile senza “l’amicizia” degli alleati degli Usa, Germania, Polonia, Slovenia, Norvegia e Turchia, lasciando intendere che l’isolazionismo trumpiano non avrebbe mai permesso di ottenere un risultato simile. Si apprende che gli Usa lavoravano anche per liberare Alexei Navalny, ex nemico pubblico numero uno del Cremlino, che però – vale la pena ricordarlo – è morto in “circostanze misteriose” in una prigione siberiana.

Le storie che si intrecciano in questa operazione diplomatica da romanzo di spionaggio sono raccontate con grande dettaglio dal WSJ: gli sforzi della madre del giornalista Gershkovich, Ella, capace di mobilitare i potenti della terra, incluso il cancelliere tedesco Scholz, per arrivare allo “storico” risultato. Quella dei due ragazzi, minorenni, figli delle spie russe arrestate in Slovenia, che tornano a casa. O ancora la liberazione dell’artista russa Alexandra Skotchilenko, arrestata nella madrepatria per aver sostituito le etichette dei prezzi nei supermercati con messaggi di protesta contro la guerra in Ucraina. L’ultimo grande scambio di prigionieri tra Mosca e l’Occidente risale al 2022, quando la cestista americana Brittney Griner fu liberata in cambio del trafficante d’armi russo Viktor Bout.

Cosa ci guadagna Putin

Le interpretazioni degli analisti sull’accordo si sprecano: Putin che, accettando lo scambio, dimostra di voler dialogare con l’Occidente, dopo la restituzione di prigionieri militari russi da parte di Kiev del giugno scorso. Lo “zar” che manda un segnale ai democratici americani, mostrando di non credere fino in fondo alla annunciata vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni presidenziali. “Piccoli passi in direzione di una soluzione del conflitto fortemente voluta da Biden anche per dare un senso compiuto agli ultimi suoi mesi alla Casa Bianca”, scrive Paolo Mieli sul Corriere. In realtà, a voler essere ottimisti, sembra un pareggio. Putin, del resto, non avrebbe mai autorizzato un accordo che potesse essere considerato un successo per l’America o l’Occidente.

Chi sono i russi che sono stati liberati? Uno è il sicario dell’FSB Vadim Krasikov, che stava scontando una condanna all’ergastolo in Germania per l’omicidio di un cittadino georgiano avvenuto nel 2019. Secondo ABC News, la liberazione di Krasikov è stata una delle parti più difficili del “complesso negoziato” tra Mosca e le cancellerie occidentali. Alla fine, la Germania si è convinta a rilasciare il killer russo. Da anni, Putin aveva messo Krasikov al centro di qualsiasi accordo di scambio di prigionieri. Jake Sullivan ha detto ai giornalisti che la liberazione di Krasikov “ha richiesto un ampio impegno diplomatico con i nostri omologhi tedeschi, a partire dal vertice con il presidente stesso, che ha lavorato direttamente su questo problema con il cancelliere Schultz.” La Russia riceverà altri prigionieri detenuti negli Stati Uniti, dalla Slovenia, dalla Polonia e dalla Norvegia.

Dall’Afghanistan allo scambio di prigionieri con Mosca

Vadim Konoshchenok, sospettato di avere legami con l’FSB russo, è stato processato in un tribunale statunitense dopo essere stato estradato dall’Estonia nel luglio 2023 per aver gestito una rete di riciclaggio di denaro che ha aiutato il governo russo a eludere le sanzioni internazionali e per aver aiutato la Russia a ottenere materiale elettronico sensibile e munizioni per sostenere lo sforzo bellico russo in Ucraina.  Vladislav Klyushin è stato condannato a nove anni di prigione da un tribunale federale di Boston a settembre 2023 per attività cybercriminali sul mercato azionario per decine di milioni di dollari, rubando informazioni riservate da centinaia di aziende americane.

Anche Roman Seleznev è un cybercriminale, condannato a 14 anni nel novembre 2017 per aver gestito un’enorme organizzazione criminale che ha rubato le identità dei cittadini americani e le ha utilizzate per organizzare una serie di frodi con carte di credito, frodi bancarie e altri crimini per decine di milioni di dollari. La distruzione della organizzazione criminale messa in piedi da Seleznev ha richiesto sforzi congiunti dell’FBI, della intelligence e di altre agenzie della sicurezza americana.

Insomma, lo scambio di prigionieri ha comportato da una parte il rientro a Mosca di pericolosi agenti operativi russi, dall’altro quello nei Paesi occidentali di persone innocenti e prese in ostaggio dal regime. Putin, il boss del Cremlino che continua a portare avanti una guerra imperialista alle porte dell’Europa, ha avuto un’altra conferma sul fatto che l’Occidente rimanderà i suoi sgherri a casa, se Mosca ha qualcuno da scambiare. La coppia Biden-Harris, che aveva aperto la presidenza americana con il disastroso ritiro dall’Afghanistan, la chiude con uno scambio che ci rende meno sicuri di fronte ai regimi e alle autocrazie.