L’estate degli ucraini a 500 chilometri da Mosca
18 Agosto 2024
L’offensiva degli ucraini verso Kursk e Belgorod ha colto un po’ tutti di sorpresa, compreso il Cremlino. Adesso le truppe di Kiev sono a 500 chilometri da Mosca, la capitale russa. Non male per un Paese che, secondo i piani originali di Putin, avrebbe dovuto arrendersi in pochi giorni dopo l’invasione. Lo zar, che aveva promesso una rapida vittoria, sembra aver perso la voce di fronte alla prima invasione straniera in Russia dal 1941.
Preparata in segreto, l’offensiva è stata lanciata senza nemmeno disturbare troppo gli alleati occidentali, impegnati a cercare nuove scuse per non dare a Kiev tutte le armi necessarie a vincere la guerra (la Germania fa sapere che non ne darà altre). Ora, dopo due settimane di avanzata, migliaia di soldati di Kiev appartenenti alle truppe regolari hanno conquistato quasi 1.200 chilometri quadrati di territorio in quella che è stata l’offensiva più massiccia nei confini di Mosca dalla Seconda guerra mondiale.
Le truppe di Zelensky avrebbero preso il controllo di 82 località , compresa Sudzha, la cittadina dove si trova l’impianto che dalla Siberia porta il gas fino in Europa. La centrale nucleare di Kurchatov, fra le più potenti dell’intero paese, non è troppo distante. I russi, invece, per ora hanno evacuato 200.000 persone, e i social media sono inondati di foto di prigionieri di guerra russi, spesso giovani militari. È una situazione che ricorda la marcia estiva del cuoco e mercenario Evgeniy Prigozhin, che trovò strada spianata a causa dell’inefficienza organizzativa delle forze di sicurezza russe. Il colpo di stato venne fermato soltanto da un accordo con lo zar, che poi si vendicò facendo saltare in aria l’aereo su cui viaggiava il suo ex cuoco.
Così, mentre la Russia, che già faticava a difendere il confine lungo 600 miglia con l’Ucraina, ora si trova a dover coprire oltre 1.800 miglia, Kiev crea una utile zona cuscinetto intorno ai suoi territori più popolosi. A Mosca ci si chiede però perché le forze russe non stanno accorrendo per ridispiegarsi dal sud dell’Ucraina e dal Donbas, nei territori occupati. Gli analisti spiegano che lo zar vorrebbe prima raggiungere gli obiettivi della guerra lanciata nel 2022, annettendosi tutta l’area di Donetsk, per poi spostare le truppe del Donbass verso Kursk e ricacciare indietro gli uomini di Kiev. Ma in trenta mesi nel Donbas i russi hanno avanzato solo una ventina di chilometri, e nel Donetsk si combatte dal 2014 con progressi al fronte lentissimi.
Il popolo russo e l’élite del Cremlino iniziano a realizzare che la “operazione speciale” è diventata un pantano da cui non riescono a uscire, anzi ora il timore è vedere gli avversari che si avvicinano alla capitale russa. Ci si chiede se a Mosca non stiano iniziando a ripensare tutta la faccenda: da qui le indiscrezioni sul negoziato sotterraneo che né Putin né Zelensky hanno mai reso pubblico, con la mediazione del Qatar, un tentativo per aprire un canale di comunicazione, e poi forse una tregua. Ma secondo il Washington Post, l’invasione di Kursk ha spinto Mosca a ritirare la propria delegazione. Ora Kiev ha mostrato i muscoli: le armi occidentali possono fare la differenza, insieme all’impreparazione del nemico. C’è ancora spazio per un negoziato?