l’Ici è un balzello ingiusto e il federalismo può attendere
20 Maggio 2008
Il Corriere della Sera non perde l’abitudine di impartire lezioni di politica al centro destra. Questa volta nel mirino è finita la decisione, più volte ribadita da Berlusconi, di abolire subito l’Ici.
In un editoriale di Francesco Giavazzi (Federalismo a singhiozzo) ci viene spiegato che si tratta di una misura contraddittoria rispetto alla volontà di istituire il federalismo fiscale, che pure è stata assunto come una delle bandiere della nuova maggioranza. L’Ici, ricorda Giavazzi, è una tassa comunale. In quanto tale essa deve svolgere una funzione eminentemente virtuosa. Mettere a confronto, cioè, la popolarità dei sindaci con i servizi offerti. Un amministratore che la dovesse aumentare senza fornire un corrispettivo adeguato ai cittadini, sarebbe automaticamente punito. Abolendola si colpisce il federalismo nel suo primo germogliare e si perpetua la realtà viziosa di un potere centrale che trasferisce in periferia risorse prelevate dal gettito erariale centrale. In questo modo scompare la trasparenza virtuosa e ricompare lo stato padrone e deresponsabilizzante. Non c’è che dire. Si tratta di un ragionamento perfetto, che sembra preso di peso da un bel manuale sull’argomento: Il governo federale in dieci lezioni.
Giavazzi però, onde evitare un approccio troppo scolastico, e per dare forza empirica al suo ragionamento, lo corrobora con un esempio tratto dalla sua esperienza di vita quotidiana. Il brillante editorialista c’informa che nel comune dove lui vive (una piccola cittadina del Massachusetts) il sindaco ha appena deciso di aumentare la tassa comunale sulle case (l’equivalente dell’Ici) per costruire una nuova scuola comunale. La scelta è stata contestata da alcuni cittadini, per cui adesso tutti gli abitanti della piccola comunità saranno chiamati ad esprimersi con un referendum per decidere: anzitutto se confermare o meno la decisione del sindaco e in seconda battuta per stabilire come eventualmente utilizzare il maggior gettito (costruire la scuola, assumere semmai insegnanti migliori).
Sarebbe facile replicare a Giavazzi con un altro esempio personale, tratto dalla nostra esperienza di vita. Nella città in cui vivo (Napoli) la tassa comunale sulla spazzatura è di oltre 500 euro l’anno, ma comportamenti virtuosi non se ne vedono. Tuttavia, al di là delle facili ironie sulla condizione in cui Giavazzi si trova a vivere, conviene fare qualche considerazione di ordine più generale.
Gli schemi ideali vanno rapportati alle condizioni del paese in cui ci si trova. Il consiglio del Corriere ci viene dal cuore dell’America puritana (quella che affascinò Tocqueville all’epoca del viaggio famoso nel 1831), dove lo spirito civico, l’iniziativa privata, il senso di appartenenza a una comunità hanno da sempre prodotto il federalismo come una proiezione istituzionale adeguata.
L’Italia ha un’altra storia. Non si tratta di fare analisi sociologiche a un tanto al chilo, quanto di ricordare una verità semplice. Nel nostro paese la casa di proprietà è stato il primo obiettivo del lavoratore medio. Tante, tantissime famiglie hanno fatto duri sacrifici per poter acquistare l’appartamento in cui vivere. La tassa comunale sugli immobili è sentita come un balzello oppressivo, una iniqua patrimoniale su un bene di prima necessità.
Diciamo la verità l’abolizione dell’Ici non sarà una misura federalista, ma è una scelta che l’Italia profonda e popolare aspetta come un segno di liberazione. Per questa volta il Massachusetts può attendere.