Lo spettro del populismo su Davos

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Lo spettro del populismo su Davos

Lo spettro del populismo su Davos

21 Gennaio 2024

Consumi in ripresa, mercati del lavoro meno ingessati, riduzione della inflazione… Prova a gettare acqua sul fuoco la presidente della Bce, Christine Lagarde, chiudendo il World Economic Forum nella “suggestiva cornice” elvetica di Davos. Ma l’incertezza dell’élite economica resta intatta guardando alla situazione geopolitica globale. Lo spettro è sempre lo stesso: il 2024 sarà un altro anno di populismi?

Quest’anno oltre 60 Paesi nel mondo andranno al voto, Usa, Ue, India… Donald Trump riempie gli stadi promettendo nuove tariffe protezioniste per rifare l’America great again, in Europa i sovranisti avanzano nei sondaggi, il primo ministro Modi vuole ribattezzare l’India Bharat per coltivare il voto indù, tra estremismi etnici e religiosi. I manager a Davos sembrano rassegnati: vorrebbero leader globali più moderati ma il mercato politico continua a sfornare leader carismatici polarizzanti.

Il presidente argentino Javier Milei sceglie un volo commerciale per arrivare al vertice, rinunciando al jet privato perché così, spiega, i contribuenti risparmieranno 400mila dollari. Poi fa un duro discorso in difesa dell’Occidente.

Le conseguenze del populismo, della disinformazione moltiplicata dalla AI, degli eventi climatici estremi, tengono banco tra i protagonisti del vertice ma di soluzioni alternative neanche l’ombra. Così tra una colazione di lavoro e un giro sulle piste da scii innevate, ci si consola col Texas che diventa più sostenibile sfruttando eolico e solare. I costi delle rinnovabili scendono, la trasformazione green è ormai un processo irreversibile…

Sarà, nel frattempo gli investimenti sugli idrocarburi continuano a crescere insieme alle emissioni. L’impressione complessiva è che nel salotto buono della finanza globale non vi siano idee capaci di placare il risentimento globale generato dalle diseguaglianze, mentre la ‘guerra infinita’ continua.

I big del settore bancario americano invitano a non prendersela troppo per una eventuale nuova vittoria del Don. L’America pensa che Trump dopotutto se la caverà. I capi delle grandi aziende, i politici, i rappresentanti delle ONG, i giornalisti e gli intellettuali provenienti dal resto del mondo ascoltano un po’ preoccupati.