Ma quella del prestito ad Alitalia in fondo non era una scelta facile
23 Aprile 2008
Il caso Alitalia tiene ancora
banco e si prospetta una nuova fase nella storia della compagnia di bandiera.
Dopo la recente dipartita di Air France-Klm, che ha ufficialmente ritirato
l’offerta di acquisto presentata lo scorso 14 marzo, il Consiglio dei Ministri,
riunito d’urgenza, ha optato per una scelta difficile e non scontata.
Il Viminale (e non il Tesoro) ha firmato un finanziamento
straordinario di 300 milioni di euro per rimpinguare le casse ormai a secco di
Alitalia. Per evitare provvedimenti dall’Ue, si è motivata l’operazione con
ragioni di ordine pubblico, per salvaguardare il sostentamento del traffico
aereo italiano, dato che la Commissione Europea impedisce di fornire aiuti di
stato alle imprese in difficoltà finanziarie. L’ultimo prestito-ponte nei
confronti di Alitalia avvenne nel 2001 e, secondo le regole comunitarie, non
potevano esserne erogati altri fino al 2011. Ma con la dipartita di Air France,
i tempi per trovare un nuovo acquirente si sono accorciati in modo notevole,
anche tenendo conto della scarsa liquidità di cassa, circa 160 mln di euro, che
possono vantare i bilanci della società della Magliana.
Il maxi prestito sarà ricavato dal bilancio del Ministero
dello Sviluppo Economico, erogato a tassi di mercato ed avrà un termine entro
cui dovrà necessariamente essere rimborsati dalla nuova Alitalia, entro il 31
dicembre 2008. Entro 60 giorni il decreto approvato dovrà essere convertito in
legge dal prossimo esecutivo, formato dal premier in pectore Silvio Berlusconi.
L’iniezione di liquidità punta ad essere il veicolo per traghettare il futuro
governo nel pieno della trattativa con i nuovi competitors, da concludere nel
più breve tempo possibile per evitare l’applicazione della Legge Marzano, che
prevede il commissariamento della società.
In realtà, le condizioni per
avallare questa norma ed evitare il fallimento, sono presenti e probabilmente
non sarebbe nemmeno la peggiore delle ipotesi. Sono due le prerogative per la
Marzano ed entrambe sono soddisfatte dall’attuale assetto societario di
Alitalia: debiti per oltre un miliardo di euro e più di mille lavoratori
dipendenti da almeno un anno. Questa procedura, introdotta nel 2004,
permetterebbe di salvare l’impresa dal fallimento nominando un commissario atto
a ristrutturarla, con la facoltà di vendere beni o settori produttivi ai sensi
dell’articolo 5 della suddetta legge. Il risanamento non sarebbe in mano agli
stessi amministratori che hanno demolito dall’interno uno dei vanti
dell’aviazione civile europea e mondiale. Potrebbero essere applicati, quindi,
i modelli organizzativi e di gestione aziendale che meglio aumentano la
competitività e l’eliminazione degli sprechi industriali, come il KaiZen od il
Six Sigma, noti per essere stati introdotti nel recente riammodernamento di
Fiat Group.
L’arrampicata di Alitalia per
uscire dal baratro in cui è entrata non è ancora terminata e deve far
riflettere questo finanziamento deciso per portar avanti una storia gestita nel
peggiore dei modi. Probabile che, intorno al tavolo delle trattative, ci siano
nuovamente le nove sigle sindacali che hanno fatto fuggire a gambe levate
Jean-Cyril Spinetta, numero uno di Air France. Ci si dimentica però del
mercato, che sta già pagando lo scotto della crisi dei subprime, e non può
subire altri colpi pesanti, come quelli che sta inferendo il caso Alitalia. Lo
stesso titolo in Borsa è stato vittima, negli ultimi tre mesi, di rally
speculativi e conseguenti vendite selvagge, terminate con le naturali
sospensioni delle contrattazioni. Basti pensare che negli ultimi due anni la
quotazione a Piazza Affari ha perso oltre il 67%, passando da poco più di due
euro (2,062 €) ad i 27 centesimi registrati lo scorso 18 aprile. Un mercato,
quello dell’aviazione civile, che sta attendendo con impazienza di sapere di
che morte deve morire la compagnia aerea italiana. Si, perché si sta solo
allungando tutta la manfrina, a colpi di scaricabarile fra maggioranza ed
opposizione, senza pensare alle reali necessità industriali, con la conseguenza
che la fiducia degli investitori nei confronti di un risanamento societario è
ormai svanita. La realtà è che si deve prendere una decisione impopolare, senza
gravare sulle spalle dei contribuenti ancora per molto. Dopo 20 anni di
inefficienze ed oltre 15 miliardi di debito, è lecito immaginare che nemmeno
stavolta si riuscirà a trovare un accordo fra le parti.
Lasciare l’impresa in mano ai
processi di mercato, per una volta tanto? Suggestivo a scriversi, impossibile
da attuare, per colpa dei troppi interessi particolari in gioco. Un gioco però,
che si sta rivelando al massacro per la società. Difficile che un semplice
aumento del cash-flow possa risolvere tutti i problemi di Alitalia. Nel
caso non si trovasse una soluzione adeguata per tutti entro la fine di luglio,
forse è bene cominciare a leggere le procedure indicate dalla Legge Marzano.