Misurare un conflitto: chi vince e chi perde in Afghanistan

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Misurare un conflitto: chi vince e chi perde in Afghanistan

19 Giugno 2009

In Afghanistan stiamo vincendo, perché abbiamo già speso N miliardi di dollari e stiamo impiegando 60.000 soldati”. Questa è una delle frasi preferite dalla comunità internazionale quando, per bocca dei portavoce dell’ONU o della NATO, cerca di spiegare la situazione in una delle aree più delicate e pericolose al mondo. Ma è davvero così che si misurano le vittorie? Certamente no, perché il denaro impiegato e le truppe schierate sono solo inputs, non outputs e servono a misurare gli sforzi, non certo i risultati. Molto meglio sarebbe evidenziare la percentuale di popolazione afgana che si sente sicura e libera dalla paura dei talebani, dei trafficanti di droga e dei funzionari statali corrotti.

In Afghanistan stiamo vincendo, perché il 25% dei distretti comunali è strettamente sotto controllo governativo”. Anche in questa frase, una delle più diffuse durante i briefings e le conferenze-stampa, l’ottimismo è fuori luogo se si pensa, invece, che il 25% dei distretti comunali è sotto controllo talebano e il rimanente 50% è conteso fra le varie forze in campo.

In Afghanistan stiamo vincendo, perché negli ultimi tre mesi 65 insorti sono stati uccisi nel corso di 38 scontri, tutti vinti dalla Coalizione”. Non per contraddire, per carità, ma il fatto che la Coalizione vinca i singoli scontri è fuor di dubbio, considerata la sproporzione negli armamenti, nella tecnologia disponibile e nell’addestramento militare. Chiediamoci piuttosto chi, in ciascuno scontro, ha sparato per primo; sapremo così chi ha realmente l’iniziativa (e avremo delle sorprese).

In Afghanistan stiamo vincendo, perché negli ultimi sei mesi sulle strade afgane sono esplose 93 bombe artigianali al passaggio delle nostre pattuglie, vale a dire il 10% in meno rispetto ai sei mesi precedenti”. Purtroppo anche in questo caso il dato non dice nulla. Cerchiamo di scoprire, piuttosto, quale è la percentuale di ordigni scoperti e fatti brillare dai nostri soldati: questo sì, che indicherà il nostro livello di efficienza informativa e tecnico-professionale. E cerchiamo anche di individuare la percentuale di ordigni resi innocui dalle forze della Coalizione grazie alle segnalazioni da parte della popolazione locale: questo indicatore ci dirà da quale parte sta la gente.

In Afghanistan stiamo vincendo, perché nell’ultimo mese sono stati eliminati mediante attacchi mirati condotti da velivoli teleguidati 24 combattenti talebani, di cui 4 capi di elevato livello, rifugiatisi in territorio pakistano”. Dati poco o nulla significativi, se tacciono il numero dei civili morti a causa dei cosiddetti “effetti collaterali”, cosa che fa lievitare l’odio antiamericano e antioccidentale.

In Afghanistan e Pakistan stiamo vincendo, perché gli USA forniscono mensilmente 120 milioni di dollari al governo pakistano, sotto forma di Coalition Support Funds, per aiutarlo a combattere la minaccia talebana nelle FATA, ovvero nelle Federally Administered Tribal Areas”. Siamo sicuri che sia sufficiente pagare, senza controllare dove vanno a finire quei soldi? Chiediamoci piuttosto quanti di quei denari finiscono nelle tasche dei funzionari corrotti o vengono spesi per combattere contro l’India anziché contro i fondamentalisti islamici. Oppure chiediamoci quale sia la percentuale di obiettivi talebani o al-qaedisti effettivamente colpiti dalle forze pakistane una volta ricevute le informazioni da parte della Coalizione. Finora questa percentuale è stata molto bassa, dal momento che moltissimi obiettivi, appena segnalati ai pakistani, si volatilizzavano misteriosamente, autorizzandoci ad ipotizzare connivenze pericolose fra Islamabad e i talebani (a proposito: non dimentichiamoci del fatto che negli anni ’90 quest’ultimi furono favoriti, nella loro presa del potere a Kabul, proprio dalle autorità pakistane).

L’evento politico dell’anno, in Afghanistan,è atteso per il prossimo mese di agosto. Cominciamo dunque a pensare fin d’ora ai possibili commenti ufficiali. Se dopo la consultazione elettorale i comunicati ufficiali diranno “Ha vinto Karzai, segno che il popolo afgano, ormai maturo democraticamente, ha preferito la continuità e la stabilità”… allora si tratterà soltanto di parole vuote. Se invece i comunicati ufficiali diranno “Karzai non è stato rieletto, segno che il popolo afgano, ormai democraticamente maturo, ha imparato il principio dell’alternanza”… anche in questo caso si tratterà di aria fritta. Soltanto una consultazione elettorale condotta in maniera regolare e trasparente secondo gli standard internazionali, senza violenze e intimidazioni, significherà che è stato raggiunto il pieno successo. E in quel caso i comunicati ufficiali potranno anche fare a meno di dirci chi avrà vinto, perché sarà un dettaglio di secondaria importanza.