Natalità, Confcommercio: Donne al lavoro antidoto contro crisi demografica

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Natalità, Confcommercio: Donne al lavoro antidoto contro crisi demografica

Natalità, Confcommercio: Donne al lavoro antidoto contro crisi demografica

23 Maggio 2023

L’Italia è in piena crisi demografica, la conferma arriva anche da un’indagine dell’Ufficio Studi di Confcommercio presentata oggi ad Arezzo al TDLAB 2023, il meeting nazionale delle donne imprenditrici di Confcommercio. Le donne non fanno figli, a differenza degli altri paesi europei, dove sono più numerose le donne che lavorano. Paesi come Danimarca, Svezia e Islanda hanno un indice di fertilità all’1,7% rispetto all’1,2 dell’Italia e hanno il 77% di tasso partecipazione al lavoro. Spostare il tasso di partecipazione femminile dal nostro 49% al 60% della media europea o al 65% della Germania non garantirebbe di avere mediamente più figli per donna, ma aprirebbe sicuramente una possibilità.

Secondo Confcommercio, un settore “molto fertile” per l’occupazione femminile è il terziario di mercato. Su 100 donne che lavorano a tempo indeterminato 75 sono infatti occupate in questo settore. Il terziario è donna perché su 100 occupati dipendenti nei servizi 51 sono donne, mentre su 100 occupati dipendenti nell’industria e nelle banche solo 27 sono donne, e poi si lavora prevalentemente a tempo indeterminato: su 100 donne dipendenti nel terziario di mercato, oltre 65 hanno un contratto a tempo indeterminato. In generale il tasso di occupazione delle donne in Italia è pari al 43,6% contro una media europea del 54,1%; se il tasso di disoccupazione femminile in Italia (11,1%) venisse portato al valore europeo (7,2%), si avrebbero 433mila donne occupate in più; nel confronto tra le macro aree italiane, il tasso di occupazione delle donne al Sud è pari al 28,9% contro il 52% del Nord.

Secondo Anna Lapini, presidente nazionale del Gruppo Terziario Donna: “abbiamo voluto dedicare il nostro meeting annuale, il TDLAB 2023, ‘Economia e lavoro: progetti ed azioni per le imprese e la società’ a tutte quelle specifiche iniziative che possono creare un cambiamento culturale mirato a raggiungere una più equa parità di genere, attivando i talenti femminili per stimolare la crescita economica e sociale del Paese. Progetti ed iniziative che devono andare di pari passo con l’evoluzione contrattuale e legislativa: nel decreto lavoro abbiamo apprezzato la riduzione del nucleo contributivo, che auspichiamo possa diventare strutturale, e l’incentivazione al welfare aziendale”.

“Ulteriori interventi a favore delle imprese del terziario, rappresenterebbero un importante volano di sviluppo e di crescita dell’occupazione femminile, un’occupazione di qualità: già oggi i tre quarti delle lavoratrici che hanno un contratto a tempo indeterminato sono occupate nel terziario.” Secondo l’indagine, la crescita economica, che poi alimenta anche i processi sociali di inclusione e una vita democratica ragionevolmente soddisfacente, dipende dal lavoro – anzi, proprio da quanti lavorano – e quanti lavorano dipende dalla demografia. Dobbiamo puntare a migliorare i tassi di occupazione e i tassi di partecipazione, cioè accrescere la quota di quanti lavorano tra quelli che vogliono lavorare e accrescere la quota di quelli che vogliono lavorare tra quanti possono farlo: siamo sempre sotto come parametri rispetto all’Europa”.

“Vediamo che succederebbe se si equalizzasse al benchmark il nostro tasso di occupazione femminile: otterremmo quasi 1,9 milioni di occupati, anzi, di occupate in più. Dobbiamo per forza puntare ad accrescere il tasso di partecipazione femminile.Altro problema tutto italiano: la questione meridionale. Anche qui, in luogo di attaccare il tema genericamente concentriamoci sulla partecipazione femminile, da cui, una volta di più, passa la soluzione – è evidente che, certo, Nord e Centro devono avanzare ancora, ma si nota anche che il Sud si trova oltre 22 punti indietro rispetto al benchmark europeo.”