Navigator o naufragator? Cosa cambia con il governo Meloni

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600


Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Navigator o naufragator? Cosa cambia con il governo Meloni

Navigator o naufragator? Cosa cambia con il governo Meloni

03 Novembre 2022

Dopo due giorni di incertezza, è arrivata la conferma: il governo non prorogherà il contratto dei navigator. All’inizio della scorsa legislatura erano stati presentati come coloro che avrebbero collegato disoccupati e posti di lavoro vacanti grazie ai Centri per l’impiego. Non è andata proprio così. Proprio per niente.

Il declino dei navigator

Nel 2019 i navigator erano 2.978, nel 2020 erano scesi a 2.686 e a luglio di quest’anno ne erano rimasti solo 1.870. Le 1.108 dimissioni pervenute in soli due anni solo una delle manifestazioni di inefficienza della componente delle politiche attive del reddito di cittadinanza. Considerando la selezione, la formazione, l’equipaggiamento e la gestione amministrativa di queste figure professionali, sono costati circa 150 milioni di euro solo nel primo anno. Solo i costi sostenuti per selezionarli sono stati definiti “ingenti” dalla Corte dei Conti: 808.601 euro.

La ministra Calderone e i navigator

Il 31 ottobre è scaduto il contratto dei navigator. Una proroga non è tecnicamente possibile, fanno sapere dal ministero del Lavoro. “Sul tema e nell’ambito delle attività di coordinamento, è stata invece avviata una mera attività ricognitiva tra le Regioni. Eventuali ulteriori utilizzi degli ex navigator richiederebbero l’approvazione di una apposita norma, non allo studio del Ministero”

 

Navigator, poco lavoro e zero accountability

Secondo uno studio di un anno fa della CGIA di Mestre, 152 mila disoccupati hanno trovato un posto di lavoro grazie al sostegno dei navigator. Secondo questa stima, ogni posto di lavoro “creato” con il reddito di cittadinanza è costato allo Stato almeno 52 mila euro. È più del doppio della spesa annuale di un imprenditore privato per un operaio a tempo indeterminato full time che, mediamente, costa circa 25 mila euro.

Un anno fa, in realtà, la Corte dei conti annunciava che circa 352mila percettori del reddito hanno trovato lavoro. Secondo la magistratura contabile, tuttavia, non è possibile estrapolare il dato che permetta di capire come lo hanno trovato. “Nel nostro Paese esistono eterogenei assetti organizzativi, con approcci, metodologie e sistemi informativi diversificati e sovente non dialoganti tra di loro”, aveva spiegato. In sintesi, questa informazione non è disponibile nei dati raccolti dalle Regioni, da cui dipendono i Centri dipendono, né all’Anpal, ovvero Agenzia nazionale per le politiche attive.

Analizzando questi dati, pur non completamente sovrapponibili, emerge che, fino a settembre 2021, solo il 43% dei posti di lavoro ottenuti dai percettori del reddito di cittadinanza sarebbe arrivato grazie ai navigator. Considerato il numero di queste figure professionali è diminuito e che il sistema di reclutamento non è cambiato, è realistico pensare che questa quota non sia cresciuta. Parliamo, quindi, di risultati modesti.

De Masi e la sinistra non si arrendono

Se c’è un tratto che ha unito PD, M5S e cespugli di sinistra durante la precedente legislatura, è proprio l’assistenzialismo. Sul reddito di cittadinanza c’è un accordo quasi completo. L’opposizione, fatta eccezione per il Terzo polo, farà battaglia su questo tema. Il sociologo Domenico De Masi, che ben rappresenta il punto di vista della “vera sinistra”, ha rilasciato un’intervista in merito su La Notizia.

Ha denunciato che eliminare i navigator sarebbe un problema. “Hanno creato 370mila posti di lavoro”. Abbiamo visto dai numeri che non è così. “È un regalo alle Agenzie private per il lavoro”. I centri pubblici per l’impiego però nel nostro paese non brillano di efficienza, qualcuno dice andrebbero riformati, altri hanno proposto di chiuderli. Ma ehi, non facciamo regali alle Apl. Sarebbe stato sufficiente, in realtà, integrare anche le agenzie private nel sistema di collocamento. Ovviamente, nessuno vuole sentir parlare di legare l’entità del sussidio al potere d’acquisto. Significherebbe cambiare la platea dei beneficiari e diminuire la fetta di sussidi al Meridione.

Altro che neoliberismo

Il reddito di cittadinanza è tutto fuorché uno strumento perfetto. Sarebbe da abolire. Tutt’al più da sostituire con strumenti di sostegno al reddito e politiche attive del lavoro degni di un Paese Occidentale. Conte e De Masi scagliano accuse di “neoliberismo di matrice tecnocratica”. Magari fosse così. Se il governo Meloni riformerà la misura bandiera del M5S, come la scelta sui navigator sembra anticipare, sarà già un bel passo avanti.