
Non è colpa di Draghi se i partiti a tutto pensano meno che alle riforme

20 Aprile 2022
Quando il Presidente Mattarella convocò Draghi al Colle per incaricarlo di cercare una maggioranza di governo tutti si erano un po’ illusi. Si parlava della fine del populismo, dello statalismo più deteriore e dell’immobilismo, già si cantavano le lodi dell’europeismo, del riformismo e dell’innovazione. L’autorevolezza dell’ex Presidente della BCE era una garanzia nel viaggio verso un’Italia più moderna. Ma pochi avevano fatto i conti con la realtà. Non basta pronunciare una formula magica per realizzare ciò in cui Draghi crede e che ha promesso agli italiani.
L’occasione per cambiare
La pandemia ha messo alle strette il nostro Paese, strangolato dai suoi limiti strutturali mai sanati da una politica orientata al mantenimento del consenso anziché sulla tutela della cosa pubblica. L’enorme quantità di fondi in arrivo grazie al Next Generation Eu, vincolati al raggiungimento di obiettivi specifici e alla realizzazione di riforme vitali, era e resta un altro incentivo per cambiare passo. Questo scenario, pur unito alla spinta riformista di Draghi, però non sembra realizzarsi come dovrebbe e forse non basterà a cambiare l’Italia.
Draghi frenato dalla maggioranza
La verità è che Draghi è ostaggio di buona parte della sua stessa maggioranza, frammentata e litigiosa. Da un lato c’è il Movimento 5 Stelle sempre più spaccato tra realisti e ortodossi della decrescita felice, in piena crisi di identità su tutto se non sulla volontà di creare nuovo deficit. Dall’altro c’è una destra che si sovrappone al movimento nella convinzione che l’espansione della spesa pubblica sia un farmaco universale, per non dire dell’ambiguità geopolitica dopo la invasione russa della Ucraina.
In mezzo c’è il PD che ancora non si capisce bene da che parte vuole stare, se intende soddisfare la sua vocazione tassa e spendi o contribuire davvero al processo delle riforme strutturali, e infine Forza Italia anch’essa in cerca di una identità, tra il restare schiacciata sempre più sulle posizioni sovraniste e il ricordo della mai compiuta rivoluzione liberale. Infine la sinistra-sinistra che continua a premere per le restrizioni anti Covid più dure possibile.
Era prevedibile che un governo di larghe intese fosse frenato dalla propria natura, per essere buoni, pluralista? Sì. Ma è anche vero che questo parlamento in particolare è incardinato su posizioni ideologiche troppo spesso così lontane dalla visione di Draghi. E allora c’è ancora tempo per spendere, presto e bene, i fondi del Pnrr senza restare ostaggio del partito unico del No, del debito e delle tasse? Considerata la situazione questo governo ha già fatto tanto. Vedremo se sarà capace di fare anche di più, gli italiani, le famiglie e le imprese, non possono che augurarselo. Anche se potrebbe non essere abbastanza per risollevare il Paese. Ma una cosa è certa: non si può gettare la croce addosso a Draghi se quelle riforme strutturali alla fine non riusciremo a farle.