Non solo Sicilia. Il Sud è grande, ricco e pieno di risorse, tutte da valorizzare
31 Luglio 2009
Il Sud non è solo la Sicilia. E’ una constatazione di per sé banale. Ma è tuttavia necessario ricordarlo con forza. Infatti negli ultimi tempi il dibattito sulla rinnovata “questione meridionale” si è concentrato quasi esclusivamente sul tema delle risorse da assegnare alla Sicilia. La Regione Siciliana – per dimensione, numero di abitanti e peso nella storia italiana – è certamente tra i grandi protagonisti del Mezzogiorno. Però è necessario non dimenticare anche l’altra faccia della medaglia. Cioè tutte le altre Regioni del Sud Italia, altrettanto importanti ma spesse volte un po’ ignorate nell’immaginario collettivo del Paese. E qui il riferimento non può che andare proprio alla Puglia, che è uno dei motori dell’economia meridionale. Si pensi al distretto del tessile-abbigliamento-calzaturiero nella Bat, agli insediamenti produttivi nella provincia di Bari, al settore agricolo e al turismo. In queste settimane di intenso dibattito, purtroppo, ho sentito parlare molto poco della Puglia e, in generale, di tutto ciò che, pur riguardando in modo altrettanto evidente la “questione meridionale”, non fosse riconducibile alle rivendicazioni portate avanti dal governo regionale siciliano.
La mia non vuole essere una polemica, ma solo una riflessione e insieme un contributo al dibattito in corso. Infatti su un piano rivendico fortemente quanto fatto finora dal governo per il Mezzogiorno e ricordo che non ci sono stati solo i tagli ai fondi Fas resi purtroppo necessari dalla necessità di reperire risorse per il sostegno all’occupazione e per lo sviluppo delle infrastrutture nella peggiore fase della crisi economica mondiale (tuttavia tale scelta non elimina il vincolo, voluto proprio da questo governo con la finanziaria dell’anno scorso, dell’85 per cento delle risorse Fas obbligatoriamente destinato alle aree depresse localizzate nel Sud). In marzo sono stati sbloccati 16,6 miliardi per alcune grandi opere. Su un altro piano non bisogna mai dimenticare gli autentici disastri causati sul campo da un’intera generazione di amministratori meridionali di sinistra (Vendola in Puglia, Bassolino in Campania e Loiero in Calabria) che ha fallito miseramente su tutti i fronti oltretutto dando vita a nuove “questioni morali”, come quella sorta sulla gestione della sanità pugliese, che non fanno altro che rovinare ulteriormente l’immagine del Mezzogiorno a livello nazionale ed estero.
Il legittimo apprezzamento per quanto fatto dal governo Berlusconi e i fallimenti della sinistra non mi fanno tuttavia dimenticare che, all’interno dello stesso partito di maggioranza, resta ancora da avviare un lavoro più complessivo, in un certo senso di tipo concettuale sull’idea stessa di come vada affrontata e finalmente risolta l’annosa “questione meridionale”. A tal fine è necessario che, dopo la prima fase di rodaggio in cui ci sono stati interventi per il Sud sì importanti ma allo stesso tempo isolati tra loro e senza un filo conduttore, il Popolo della Libertà compia due grandi operazioni: valorizzare i territori in cui i dirigenti locali operano in silenzio e senza cercare visibilità a tutti costi; dare nuovi segnali di attenzione al tessuto produttivo meridionale evitando il ripetersi di scelte come quella del rinnovo del Cda dell’Istituto per il Commercio con l’Estero che ancora una volta sarà composto solo da imprenditori settentrionali senza alcun collegamento con quel tessuto di piccole-medie imprese meridionali che quotidianamente lavorano in modo duro per portare nelle nostre regioni ricchezza e occupazione o come quella che, nell’”allegato infrastrutture” al decreto legge anti-crisi, assegna l’80 per cento degli interventi previsti per la portualità italiana ai porti di Genova e Trieste senza riconoscere il ruolo di Bari, che pure ne ha tutti i titoli, come snodo italiano del “corridoio 8” e offrendo il segnale che lo sviluppo del Paese passa attraverso due porti entrambi collocati al Nord.
Deve insomma essere il Pdl, inteso come quella “casa comune” in grado di accogliere culture e realtà geografiche diverse tra loro tratteggiata da Berlusconi e Fini nel congresso di Roma, a prendere in mano le redini del Mezzogiorno. I risultati delle recenti elezioni, con il Pdl che ha mantenuto e in alcuni casi perfino aumentato i consensi rispetto alle politiche del 2008 conquistando numerose amministrazioni locali prima roccaforti della sinistra, hanno confermato che il Mezzogiorno crede con forza e convinzione nel Pdl. Per questo partiti del Sud o associazioni di carattere autoreferenziale – che hanno il solo scopo di dare visibilità a politici meridionali insoddisfatti delle loro attuali posizioni – è un’operazione dannosa e inutile per il Mezzogiorno. E per questo, allo stesso tempo, sta al Pdl dimostrare con i fatti concreti di meritare tanta fiducia.
Francesco Amoruso è senatore e Coordinatore regionale del Pdl per la Puglia.