Obama ed il declino americano: una scelta ideologica

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Obama ed il declino americano: una scelta ideologica

23 Aprile 2011

Recentemente, Alia Nardini ha sostenuto sulle colonne dell’Occidentale di vedere un neocon in Obama. Purtroppo, non vi è cosa più lontana dalla realtà. Non solo Barack Obama non è un neocon, ma anzi egli è il primo presidente nella storia degli Stati Uniti a non credere nell’eccezionalismo Americano.

La scelta di sostenere il popolo Libico non è arrivata a prescindere, in maniera rapida e sulla base di una Freedom Agenda. Al contrario, come Obama ha spiegato nel suo discorso riguardante l’intervento in Nord Africa, gli Usa hanno agito perché a chiederlo sono state l’ONU e la Lega Araba. In altre parole, senza un consenso internazionale, i civili libici non avrebbero mai ricevuto supporto aereo dagli USA obamiani. Inoltre, è utile notare che il ruolo americano non è più di guida dell’Occidente, tanto che la Francia ha potuto creare (almeno inizialmente) confusione e scompiglio tra gli alleati con le sue manie di protagonismo bellico.

Né possiamo scordare che nell’estate del 2009, mentre Mahmoud Ahmadinejad sparava sulla folla di manifestanti a Teheran, lo Studio Ovale, invece di cogliere l’occasione per assestare un colpo al dittatore che nega l’Olocausto e costruisce ordigni atomici da usare contro Israele, restava in imbarazzante silenzio. Evidente prova del fatto che per Obama i morti sono inaccettabili solo se l’ONU e la Lega Araba ne restano ufficialmente turbati.

Ma torniamo alla questione dell’eccezionalismo. In un articolo sul Weekly Standard di due anni fa, Charles Krauthammer già denunciava la nuova sinistra obamiana e la sua “convinzione che l’America sia intrinsecamente fallace, così profondamente e congenitamente peccatrice da non meritare il possesso di alcun potere superiore” a quello dei suoi nemici. Del resto, Obama stesso, ad una conferenza stampa della NATO nell’aprile 2009, aveva dichiarato che per lui l’America è eccezionale “come la Gran Bretagna lo è per i britannici e la Grecia per i greci.” Ovviamente, il che significa banalizzare il ruolo degli USa, sia a livello simbolico sia a livello diplomatico.

Popoli come il nostro e Paesi come la Corea del Sud, che sono liberi e democratici grazie al sangue versato da ragazzi americani in nome della libertà dovrebbero sobbalzare di fronte all’ideologia ultra-soft e post-moderna di Obama, perché le conseguenze di tale filosofia debole sono il disimpegno statunitense dalla lotta al terrorismo ed il declino dell’influenza occidentale in molte aree del globo. Non a caso, parlando dell’affrettato ritiro delle truppe americane dall’Iraq voluto da Obama, Frederick e Kimberly Kagan hanno rilevato la completa mancanza di una strategia economica che protegga questo paese dalla penetrazione di interessi Iraniani e che ne garantisca la fondamentale alleanza con gli Stati Uniti e con le democrazie occidentali.

Il fatto che Obama ritenga l’eccezionalismo americano una favola per bambini ha conseguenze negative anche in politica interna. Il Presidente si ostina a rincorrere il modello dello stato assistenzialista europeo e sta sistematicamente smantellando lo spirito di iniziativa privata tipico del tessuto sociale americano. Il dispendioso (ed inutile) Stimulus Bill, la lista infinita di agenzie governative, l’aumento delle tasse, e la diminuzione dell’estrazione di greggio dalle riserve nazionali ne sono una triste prova.

Obama non vuole che gli Usa svettino né in politica estera né nell’ambito dell’economia globale. Il suo statalismo marxista é stato più volte smascherato dal giornalista conservatore Glenn Beck, che ha trovato ogni sorta di socialista e terzomondista nello staff della Casa Bianca. Ed a volte l’internazionalismo estremo di Obama, che è ciò che di più lontano si possa immaginare dall’essere neocon, emerge accidentalmente dalle parole di alcuni dei suoi collaboratori più stretti. Steven Chu, attuale Segretario all’Energia, ha incredibilmente (ma davvero significativamente) dichiarato che “in qualche modo bisogna riuscire a far salire drasticamente i prezzi della benzina così da portarci sui livelli dell’Europa”.

Non sorprende, dunque, che di recente (e senza sollevare interesse mediatico) il deputato Repubblicano, John Fleming, abbia smascherato in una seduta della Commissione alla Risorse Naturali del Congresso come l’amministrazione sta gonfiando i dati della produzione nazionale di greggio.

Questi e molti altri esempi provano che con Obama il declino è una scelta fatta in nome dell’internazionalismo più estremo. Sia l’idea di eccezionalismo americano sia il neoconservatorismo devono attendere il 2012 per risorgere.