Obama, il neocon che sta rilanciando il ruolo guida degli USA nel mondo
16 Aprile 2011
Alla fine, anche il Washington Times conferma quanto io vado sostenendo da tempo: che il neoconservatorismo non solo ha cambiato la politica estera statunitense, influenzando marcatamente la presidenza di George W. Bush; ma ha esercitato una notevole attrattiva anche su Barack Obama – perlomeno nell’ambito delle relazioni internazionali. Difatti è oramai evidente la propensione della corrente Amministrazione ad avvallare l’uso della forza per sostenere cause valoriali oltreconfine: dalla tutela dei diritti umani, alla promozione della democrazia. Un approccio, è difficile negarlo, decisamente ed innegabilmente neoconservatore.
Durante le primarie Democratiche, Obama dichiarò di essere pronto ad intervenire contro il terrorismo in Pakistan e di voler aumentare l’impegno militare in Afghanistan: le sue parole vennero ignorate, e dopo la sua elezione si parlò di Obama unicamente come del Presidente della concertazione diplomatica e dell’approccio della “mano tesa”. A due mesi dal suo insediamento, Obama aumentò di 30mila uomini il contingente statunitense in Afghanistan ed avvallò l’uso di droni in Pakistan e Yemen per missioni esplorative, nonché per eliminare armamenti e siti di addestramento che si supponeva appartenessero ad Al Qaeda (con, tuttavia, un numero consistente di perdite tra i civili). Il mondo continuò a ignorare i fatti, ed omaggiò Obama con il Premio Nobel per la pace.
Il Presidente ha sempre creduto nell’eccezionalismo statunitense; ha ribadito in più occasioni che gli USA hanno il compito di guidare il mondo verso un futuro migliore; ed afferma oggi la necessità morale di difendere il popolo libico da un dittatore senza scrupoli, in nome dei principi universali di libertà e democrazia. Basterebbe sostituire “libico” con “iracheno” per ottenere un’argomentazione molto simile a quella che Bush impiegò per legittimare la Seconda guerra del Golfo. Tuttavia, il mondo pare dimostrare una maggiore indulgenza verso le missioni intraprese dall’Amministrazione Obama rispetto a quelle del suo predecessore.
Probabilmente non passerà molto tempo prima che Obama trovi una nuova e più diplomatica definizione per il regime change che sta promuovendo in Libia, così come fece quando decise di proseguire la guerra al terrorismo di Bush ribattezzandola però come “Overseas Contingency Operation”. Questo tuttavia non lo metterà al riparo dai suoi eventuali fallimenti. Sin da subito la missione Odyssey Dawn si è dimostrata piuttosto problematica: non ha raccolto molti consensi né sostenitori, e non ha saputo intervenire in modo rapido ed incisivo. In più, appoggia un gruppo di ribelli dei cui scopi reali ha poca conoscenza, e non ha nessun obiettivo per la ricostruzione della Libia dopo il conflitto. Se Obama si è ispirato al neoconservatorismo, di certo non ha guardato all’Iraq per impararne la lezione.